FERRUZZI, Serafino
Nacque a Ravenna il 13 marzo 1908 da Aldo e Ida Bertoni, piccoli agricoltori che traevano il loro sostentamento dalla coltura dei campi e da una modesta attività artigianale (produzione di cesti di giunco). Frequentò l'istituto agrario di Imola e vi conseguì il diploma di perito nel 1927. Assunto come aiuto fattore nell'azienda agricola dei marchesi Cavalli e divenutone in seguito fattore, vi restò fino al 1932, anno in cui assunse la rappresentanza per la Romagna dei fertilizzanti chimici e degli antiparassitari prodotti dalla Soc. Montecatini. Da quel momento l'attività commerciale divenne il suo interesse predominante; la Borsa merci di Bologna cominciò ad annoverarlo fra i suoi più assidui operatori. Contemporaneamente si iscrisse alla facoltà di agraria dell'ateneo bolognese e, conciliando il lavoro con lo studio, si laureò nel 1942. Richiamato come sottufficiale dell'esercito, venne assegnato a una unità di stanza a Bologna: poté così continuare a lavorare e a frequentare il mercato granario del capoluogo emiliano.
Intanto gli eventi bellici provocarono profondi sconvolgimenti nella vita delle campagne, che si andavano rapidamente spopolando. Nel 1941, in un momento così poco favorevole al commercio dei prodotti Montecatini, insieme con due amici (L. Manetti e S. Benini), il F. aprì, vicino al porto di Ravenna, un magazzino per la raccolta e la lavorazione della canapa (Gruppo produttori canapa): il semilavorato veniva venduto alla Montecatini. Nel 1944 il magazzino fu incendiato dai partigiani per impedirne la caduta in mano tedesca. A questo primo tentativo di inserimento nel settore industriale altri ne seguirono. Nel 1945 gli si presentò l'opportunità di aggiudicarsi a condizioni oltremodo favorevoli un vasto appezzamento boschivo sull'Appennino tosco-romagnolo. L'occasione venne tempestivamente sfruttata dal F. e dai suoi due soci, che negli anni successivi si avvantaggiarono della forte domanda di legname da parte delle imprese di costruzioni.
In questo periodo il F. ripristinò anche una vecchia fornace di proprietà del suocero A. Fusconi, da tempo inattiva, e la trasformò in fabbrica di calce. Al buon esito di tali iniziative si accompagnò la ripresa del lavoro nel campo della commercializzazione dei prodotti Montecatini.
Il primo vero salto di qualità risale tuttavia al 1948, quando il F., che vantava ormai una vasta conoscenza del mercato, costituì, insieme col Benini e col Manetti, la Ferruzzi Benini & C. s.n.c. per il commercio delle materie prime agricole. In quegli anni la domanda di cereali - soprattutto di grano e di orzo - era in piena espansione sia in Italia sia nel resto d'Europa, anche a causa dell'accresciuto impiego di granaglie per uso zootecnico. Come prima operazione la società acquistò una partita di 5.000 quintali di frumento sardo; ma, con l'allargarsi del mercato, cominciò a importare cereali (in particolare mais) anche dall'URSS, dalla Romania e da altri paesi dell'Est europeo. Nel 1949 sorse sul porto di Ravenna il primo magazzino per il carico e lo scarico delle merci.
L'attività dell'azienda si estese rapidamente, i profitti crebbero in proporzione, la banche si mostrarono ben disposte a erogare il credito necessario a nuovi e più ambiziosi investimenti. La Ferruzzi, Benini & C. acquistò nel frattempo terreni agricoli per circa 300 ettari nelle vicinanze di Ravenna. I risultati fin lì conseguiti incoraggiarono il F. - che godeva peraltro della fiducia pressoché incondizionata dei suoi soci - a rivolgere una costante attenzione al mercato internazionale. Fu così che cominciò a frequentare i mercati europei e a interessarsi, oltre che della qualità e quantità delle merci, dei problemi di stoccaggio e di trasporto.
Nel 1956, in seguito a un viaggio in Argentina e negli Stati Uniti - le prime due aree di approvvigionamento di granaglie per l'Europa -, il F. colse appieno l'importanza delle infrastrutture portuali per il carico e lo scarico delle merci, dei silos per lo stoccaggio, dei mezzi di trasporto per la distribuzione. Di qui la proposta, avanzata ai soci, di costruire nuovi silos costieri e di potenziare gli organici. Essa incontrò il favore del Manetti, ma non quello del Benini, che venne liquidato: la ragione sociale mutò quindi in Ferruzzi & C. s.n.c. per il commercio delle materie prime agricole (1956).
L'anno dopo venne avviata, accanto al vecchio magazzino, la costruzione del primo silos portuale di Ravenna; altri ne sarebbero sorti ad Ancona, a La Spezia, a Vado Ligure, a Bari, a Napoli, a Palermo, a Catania e presso altre installazioni portuali. La quasi totalità dei silos interni - riforniti regolarmente attraverso una rete di raccordi ferroviari e oltre 150 vagoni di proprietà Ferruzzi - fu invece localizzata in area padana, dove si trovavano i maggiori mangimifici e allevamenti.
Fra gli anni Cinquanta e Sessanta la società ravennate disponeva di una cospicua rete di magazzinaggio e di smistamento e acquistava granaglie da vari paesi. Per accelerare i tempi di consegna delle merci, il F. decise di noleggiare le navi con cui effettuare direttamente il carico nei porti statunitensi e argentini. Nella seconda metà degli anni Cinquanta erano entrati in funzione mercantili molto veloci, in grado di stivare carichi fino a 20.000 tonnellate. Il loro pescaggio non consentiva però l'ingresso nel porto di Ravenna: per potervi attraccare dovevano prima alleggerirsi di una parte del carico in altri porti.
Il F. acquistò allora una vecchia imbarcazione fluviale, un tempo adibita al trasporto del carbone lungo il Tamigi, e la trasformò in un mezzo per lo sbarco e l'imbarco dei cereali a Ravenna. Con questo sistema - in seguito largamente imitato - l'alleggerimento, detto alleggio, avveniva in mare aperto. Il "Candiano", così venne ribattezzata questa nave appoggio, naufragò nel 1966; ma ormai volgevano al termine i lavori per il nuovo porto di Ravenna - di cui lo stesso F. si era reso promotore - che avrebbe consentito l'attracco a navi di oltre 50.000 tonnellate.
L'alleggio consentì di ottenere profitti molto elevati rispetto alla concorrenza, e per un certo periodo il F. fu l'unico a goderne. La Ferruzzi - che a differenza dei suoi concorrenti si era affrancata dai noli marittimi - era un interlocutore privilegiato delle multinazionali statunitensi Cargill, Continental grain e Bunge & Born, da cui acquistò ingenti quantità di cereali. Queste compagnie, pur dotate di uffici di rappresentanza in Italia, mancavano però di strutture distributive nella penisola. L'unica organizzazione operante nel settore era la Ferruzzi: ciò favorì l'incremento commerciale della società.
I successi conseguiti in questo campo indussero il F. ad allargare la propria area di intervento all'industria, e in particolare al settore edilizio, uno dei principali beneficiari del miracolo economico. Nacque così la Cementi Ravenna, che, costituita nel 1955, raggiunse l'assetto definitivo due anni dopo (62% Ferruzzi, 38% soci terzi), riproponendo, seppure in termini incomparabilmente più vasti, la vecchia, fortunata idea del legname da costruzione. Sul calcestruzzo - ancora poco conosciuto in Italia, ma destinato a un vasto impiego negli anni a venire - il F. fu invece anticipato da altri e all'inizio dovette limitarsi a una sia pur cospicua partecipazione societaria.
Nel gennaio 1964, attraverso la Cementi Ravenna, si garantì il 50% della Calcestruzzi e l'ingresso di un suo rappresentante nel consiglio di amministrazione. La nuova società si sviluppò rapidamente: aprì filiali in varie regioni della penisola, acquisì cave, si dotò di un cospicuo parco betoniere. Con il graduale acquisto delle quote dei soci in uscita, nel giugno 1966 il F. diventò azionista di maggioranza (65%) della Calcestruzzi. Nel 1971 nacque inoltre, a San Paolo del Brasile, la Concrebras (100% Ferruzzi), azienda per la produzione e il commercio del calcestruzzo.
Quasi in parallelo all'ingresso nel settore cementizio, il F. si inserì nel campo agroindustriale con la costituzione della Soia Ravenna (1959): l'obiettivo era la lavorazione del seme di soia per ricavarne farine per uso zootecnico e oli di semi per uso alimentare. Nel 1966 la società rilevò dal gruppo Corcos l'Olearia Tirrena (stabilimento ad Aprilia); nel 1967-1968 acquisì il controllo delle Riserie Italiane (stabilimenti a Porto Marghera), mutando la propria ragione sociale in Italiana olii e risi.
Così il F. conquistò una posizione di preminenza nazionale nel settore degli oli di semi e delle farine per alimentazione animale. Nel 1974, inoltre, costituì una joint-venture con il governo iugoslavo: obiettivo dell'accordo la costruzione a Zara di uno stabilimento per la lavorazione dei semi oleosi (soprattutto soia). Venne così scongiurata fino al 1980 - anno in cui il rapporto con gli Iugoslavi venne sciolto - la minaccia di una concorrenza straniera troppo vicina.
Agli inizi degli anni Sessanta, dunque, il Gruppo Ferruzzi, primo importatore italiano di soia, era attivo in diversi settori e manifestava una decisa volontà di espansione. Particolarmente sentita era l'esigenza di una maggiore autonomia nei confronti delle multinazionali statunitensi, già emersa anni prima con il ricorso all'imbarco diretto delle merci nel porto di partenza. Il F. sviluppò il rifornimento all'origine e strinse accordi di collaborazione con i piccoli produttori, in particolare con le cooperative di produzione argentine, che vennero così ad assicurargli il rifornimento in momenti difficili. Nel 1962 la Ferruzzi costituì inoltre a Buenos Aires la Compagnia emiliana de esportacion s.a., destinata a diventare una importante società commerciale per la gestione dei flussi di merci dal Sudamerica a Ravenna e agli altri porti di sbarco italiani.
Per eliminare l'incidenza del costo dei noli, il F. si trasformò anche in armatore. Già agli inizi degli anni Cinquanta aveva acquistato dal governo statunitense alcune navi di tipo Liberty. Nel 1964 nacque la società di navigazione Fermar spa, che acquistò dalla Fincantieri quattro bulk carriers; queste motonavi da carico secco, della portata lorda di t 27.000, entrarono in esercizio l'anno successivo.
Nel 1967 se ne aggiunsero altre due (47.000), costruite dai Cantieri navali del Tirreno (Ancona); ancora due, gemelle delle precedenti, nel 1970; quattro (t54.000) nel biennio 1973-1974 (Italcantieri). Quattro nuove bulk carriers (t50.000), ordinate nel 1979 alla Italcantieri, entrarono in esercizio dopo la scomparsa del Ferruzzi. Le navi del Gruppo costituivano ormai la più importante flotta privata di bandiera italiana nel settore del carico secco.
Potenziata la struttura argentina agli inizi degli anni Sessanta, il F. era pronto a costituire una società negli Stati Uniti: nacque così, nel 1964, la Mississippi river grain elevator. Mentre gli impianti di stoccaggio e i punti d'imbarco delle merci delle compagnie statunitensi erano concentrati a nord di New Orleans, il F. costruì un punto di imbarco 100 km a valle della città, a Mirtle Grove, presso la foce del Mississippi: le navi potevano così anticipare di 24 ore le operazioni di carico rispetto ai tempi dettati dalle installazioni della concorrenza.
Dopo due anni il silos di Mirtle Grove era già in funzione; un inedito elevatore fisso, ideato dallo stesso F., consentiva di sbarcare in 24 ore circa 14-16 chiatte da 1.000 tonnellate rispetto alle 4-6 chiatte consentite dagli elevatori tradizionali. Venivano così ridotti anche i tempi di sosta delle navi oceaniche, poiché le operazioni di imbarco si svolgevano pressoché in contemporanea allo sbarco delle chiatte.
Le multinazionali reagirono alle iniziative della Ferruzzi. Ciò malgrado, la Mississippi river grain elevator lavorava a pieno ritmo e a prezzi altamente concorrenziali; venne anche creata una flotta fluviale (società Ferriver), che garantì al F. la piena autonomia in suolo nordamericano. Agli inizi degli anni Settanta contava 6 rimorchiatori-spintori e 170 chiatte da 1.000 tonnellate. Nel 1964 il F. - che dai primi anni Sessanta si recava negli Stati Uniti ogni estate per controllare di persona lo stato dei raccolti - costituì infine la Artfer, società commerciale che acquistava direttamente dagli agricoltori americani grosse partite di cereali e di soia destinate all'Europa. La Ferruzzi, divenuta uno dei principali operatori presso la Borsa di Chicago, si proiettò definitivamente sul proscenio internazionale.
Le operazioni appena citate trovavano i loro strumenti di finanziamento nel credito bancario, che il F. da sempre privilegiava; gli utili, secondo un'altra costante della sua politica, erano investiti nell'acquisto di beni fondiari.
Ai possedimenti di Raspona a Porto Fuori (Ravenna) si aggiunsero altre acquisizioni in Italia (Immobiliare Dante a Ferrara, Alba a Venezia e Ivica a Rovigo) e all'estero. La prateria di Citrus Land - 20.000 ettari a ridosso degli elevatori e dei silos sul Mississippi - venne trasformata in moderna azienda zootecnica; al 1970 data l'acquisto di una vasta area paludosa (ha 18.000) nel North Carolina, sollecitamente bonificata e trasformata in fattoria produttiva (mais e soia). Questa azienda (Open grounds farm) avrebbe collaborato con la Duke University negli studi sull'uso razionale di fertilizzanti e pesticidi all'insegna della tutela ambientale. Tre aziende (in totale ha 27.000, coltivati a mais, frumento e orzo) il F. acquistò in Argentina; trasformò le tradizionali attività a pascolo permanente in coltivazioni erbacee, dando particolare rilievo alla coltura della soia, prodotto che nel volgere di pochi anni avrebbe visto l'Argentina assurgere al ruolo di grande esportatore mondiale.
Le acquisizioni del F. nell'America australe non si fermano qui. Un enorme territorio (ha 330.000) nel Mato Grosso del Nord venne parzialmente adibito a coltura specializzata (caffè, cacao, guarana, agrumeti). Verso la metà degli anni Settanta l'acquisto di altre proprietà in Uruguay (ha 80.000) e in Paraguay (una di ha 300.000 e l'altra di ha 60.000) portarono a circa 1.000.000 di ettari l'entità di questo immenso patrimonio fondiario.
Tra il 1970 e il 1975 il tonnellaggio delle merci trattate annualmente dal Gruppo oscillava intorno ai 4-6 milioni, con punte anche superiori. Memorabile il contratto di acquisto di 15 milioni di tonnellate di orzo che - in un'epoca di forti rincari delle materie prime - il F. riuscì a stipulare con il Canadian wheat board: per alcuni anni il Gruppo detenne il monopolio commerciale per l'Italia di quel prodotto.
Il 1974 vide l'acquisizione della brasiliana Santa Rita s.a. (ex Gruppo Segni), il più importante complesso cementiero di San Paolo, e soprattutto l'ingresso del F. (13%, aumentato al 27% nel 1979) nella Unicem, appartenente al Gruppo Fiat, seconda società cementizia nazionale dopo l'Italcementi. Nel 1976 l'alleanza con la Fiat si consolidò con l'acquisto (a metà fra Calcestruzzi e Unicem) della Redimix, importante azienda britannica produttrice di calcestruzzo, che assunse il nome di Unical e trasferì la sede legale a Ravenna.
Nell'estate del 1978 il F., colpito da grave malattia, fu costretto a un periodo di inattività. Nel gennaio del 1979 ritornò all'opera con la consueta energia, determinato a risolvere una serie di questioni strategiche, in primo luogo quella del riassetto societario di un gruppo cresciuto con straordinaria rapidità. Si stava inoltre delineando la tendenza - che i fatti dimostrarono poi irreversibile - alla riduzione del commercio cerealicolo con l'America, dovuta ai progressi dell'agricoltura europea. Il F. intuì la necessità di diversificare la propria attività e intensificò i rapporti con il mondo della finanza. Il momento era propizio: tutti i grandi gruppi finanziari (Fiat, Pirelli, Monti, Orlando, Bonomi, ecc.) scontavano ancora, con gravi problemi di liquidità, gli effetti della crisi petrolifera e, a fronte di una più o meno pesante situazione debitoria, dovevano vendere parte delle loro proprietà. Malgrado ingenti esposizioni con le banche, il F. disponeva invece di una liquidità enorme: la felice contingenza gli consentì quindi di diversificare e di riconvertire gli investimenti. Si avvicinò allora al settore saccarifero, dominato a livello nazionale dai Monti, dai Maraldi, dai Montesi. Il F. puntò su Monti e sull'Eridania, primo produttore italiano. L'accordo, siglato nel 1979, contemplava l'acquisto del pacchetto di maggioranza dell'Agricola finanziaria, che controllava a sua volta l'Eridania, e della genovese Silos, società di servizi per la gestione dei magazzini portuali.
Così il F. acquisì in un sol colpo tre società quotate in Borsa e salì alla ribalta dell'alta finanza italiana, ponendo le premesse per il decollo di quello che negli anni Ottanta divenne uno dei più grandi gruppi agroindustriali mondiali.
Sempre nel 1979 effettuò altri investimenti nel settore agricolo, acquistando dallo stesso Monti l'azienda Le Gallare (Ferrara) (2.000 ha) e dalla Snia Viscosa la Torvis (Udine) (4.200 ha) e divenendo così il più importante proprietario fondiario privato italiano.
Nel contempo il F. preparava l'ingresso nel settore assicurativo (Assicurazioni generali). Ma il 10 dicembre 1979 il suo aereo personale, in manovra di atterraggio, precipitò su una casa di abitazione nei pressi dell'aeroporto di Ravenna. L'incidente, che oltre a lui e al pilota dell'apparecchio mieté altre due vittime, sollevò, probabilmente a torto, qualche sospetto. Era stato nominato cavaliere del lavoro il 2 giugno 1961.
Alla morte del F. il capitale della famiglia e del Gruppo venne valutato complessivamente intorno agli 800 miliardi di lire (prezzi 1979). Chiara era la determinazione dell'asse ereditario: fin dal 1976 tutte le proprietà dell'imprenditore romagnolo erano state intestate ai quattro figli Ida (n. 1935), Franca (n. 1938), Arturo (n. 1940) e Alessandra (n. 1954), nati dal matrimonio da lui contratto nel 1934 con Elisa Fusconi; ad Arturo spettò il 31%, a ciascuna delle figlie il 23%.
Fonti e Bibl.: Notizie e precisazioni utili alla redazione della presente nota biografica sono state fornite dallo stesso Gruppo Ferruzzi, che ha provveduto a dissipare più di un dubbio sorto dalla consultazione della non ricca bibliografia esistente. A tutt'oggi manca inoltre, sul F. e sulla sua attività imprenditoriale, un'opera di ricerca propriamente storica. L'unico lavoro non giornalistico è quello di G. C. Bianco, Il Gruppo Ferruzzi, Roma 1988, pp. 11-88. Per gli altri contributi pubblicati rimandiamo a: D. Morgan, Merchants of grain, New York 1979, pp. 209 s., 235 s., 251, 313; C. Peruzzi, Il caso Ferruzzi, Milano 1987, pp. 7-89; E. Biagi, Dinastie: Gli Agnelli, i Rizzoli, i Ferruzzi-Gardini, i Lauro, Milano 1988, pp. 165-178, 200 s.; C. Pizzinelli, Gardini. Il "Contadino" alla conquista della Borsa, Roma 1988, pp. 22-44; S. Cingolani, Le grandi famiglie del capitalismo italiano, Bari 1990, pp. 203-208; G. Turati-D. Rattazzi, Raul Gardini, Milano 1990, pp. 24-40; R. Gardini, Amodo mio, a cura di C. Peruzzi, Milano 1991, pp. 53-89.
Fra i documenti d'archivio, alcune notizie abbiamo desunto dal fascicolo S. F., Roma, Arch. stor. della Federazione nazionale dei Cavalieri del Lavoro.