SERAFINO dell'Aquila
Così solitamente viene chiamato Serafino de' Ciminelli, poeta cortigiano del Quattrocento, nato ad Aquila degli Abruzzi nel 1466, morto a Roma il 10 agosto 1500. Fu dapprima paggio del conte di Potenza, a Napoli; passato poi a Roma, dove voleva tentar la fortuna nelle corti, fu per qualche tempo al servizio del cardinale Ascanio Sforza, che seguì a Milano nel 1490. Dallo Sforza passò al servizio di Ferrandino d'Aragona, governatore degli Abruzzi; poi, all'epoca dell'invasione del regno, trasferitosi nell'Italia settentrionale, visse alle corti di Urbino, di Milano, di Mantova, nella quale specialmente colse clamorosi allori con le sue arti di musico, d'improvvisatore, di poeta. Verso il 1500 si ridusse di nuovo a Roma, alla corte del Valentino.
Pochi uomini godettero al loro tempo di una fama così grande e universale come l'Aquilano. Aveva appreso fin da giovane l'arte dei suoni, mentre la natura gli aveva largito una docile e pronta vena poetica; le due arti mise soprattutto al servizio dell'improvvisazione, e, accompagnandosi con tutti quei lenocinî e apparati esteriori che il genere richiedeva, egli poté cogliere in pubblico i più spettacolosi successi, in radunanze di letterati, di cortigiani, di principi. Per quelle radunanze e per quei successi la sua arte era veramente la più adatta: fondata tutta sul giuoco delle immagini più spettacolose, sui concetti più lambiccati, sugli artifici più sottili, par che non si proponesse altro fine che quello di sbalordire con la novità e con la stravaganza. Al disotto di questa scorza, poco di vera poesia si può trovar nell'Aquilano; avverti ora lo sforzo, ora la sciatteria, mentre il sentimento vero è quasi sempre assente. Richiamano ancor oggi la nostra attenzione, nella vasta produzione di S. (che comprende strambotti, egloghe, rappresentazioni sceniche cui egli partecipò anche in qualità di attore), oltre a qualche sonetto isolato, solo alcune barzellette o frottole, che conservano un piglio spontaneo e non privo di certa scorrevole semplicità.
L'edizione più moderna delle rime è quella curata da M. Menghini (Bologna 1894, pubblicato solo il I volume).
Bibl.: O. D'Angelo, Illustri abruzzesi, II: S. C., Aquila 1900; A. Ronda, Un poeta di corte della seconda metà del sec. XV, Aquila 1923; A. Caprioli Pirani, Varia fortuna di S. C., Roma 1928; V. Rossi, in Il Quattrocento, Milano 1933, pp. 543-547, 562-63.