CAPPONI, Serafino (al secolo Annibale)
Nacque a Porretta, nel Bolognese, nel 1536 circa (la data è incerta perché, in seguito alle turbolenze dei Porrettani fuorusciti, sotto il papato di Sisto V, furono bruciati gli archivi parrocchiali).
La famiglia era originaria di Firenze. Il padre Girolamo, letterato e autore di componimenti poetici particolarmente in latino, esercitò per alcuni anni la commissaria del luogo sotto la giurisdizione dei conti Ranuzzi, incarico tenuto già lungamente dal padre Sante. La madre, Eleonora Bartolini, nativa di Bagni della Porretta, era donna nota per la sua religiosità. Dal loro matrimonio nacquero tre figli, che entrarono tutti nella vita ecclesiastica: il C., primogenito, battezzato Annibale; il secondo, Marc'Antonio, che si fece domenicano col nome di fra' Cherubino, nel convento. di S. Domenico a Bologna; la terza, Laura, che entrò col nome di suor Virginia nel convento delle monache della SS. Concezione.
Cresciuto in un ambiente così devoto, il giovane C. maturò ben presto la sua vocazione religiosa, e dopo i primi studi compiuti alla scuola paterna, a sedici anni prese l'abito domenicano, il 25 ott. 1552, nella chiesa di S. Domenico di Bologna, dove pronunciò i voti l'anno successivo. Carattere serio, obbediente e studioso, costante nell'applicazione, imparò presto a conoscere le Scritture, divenendo uno dei migliori letterati dello Studio, tanto che fu scelto per insegnare ai suoi compagni. In ciò lo aiutava il suo temperamento gioviale e allegro, che pur osservando scrupolosamente i doveri imposti dall'abito, non disdegnava la compagnia e la conversazione.
Già da allora lo tormentava un dubbio che lo assillerà per trentanni, cioè che la sua ordinazione non fosse stata effettiva; così la sua devozione fu, se possibile, ancor più attenta e sofferta. Fu infatti tentato più volte di dedicarsi completamente al servizio di Dio, abbandonando gli studi; poi però cedette alle insistenze dei superiori e preferì seguire le orme di s. Tommaso d'Aquino. Conseguito il titolo di lettore, fu mandato nel convento di S. Caterina a Finale Ligure, ad insegnare filosofia e metafisica, poi in Romagna, nel convento di S. Maria di Modigliana. S'ammalò in quel tempo di febbri, contemporaneamente a suo fratello, che ne morì. Passò quindi ad insegnare filosofia a Faenza, poi teologia morale a Reggio Emilia; fu nominato in seguito lettore di metafisica nello Studio generale del convento di Bologna, dove tenne lezioni particolarmente su Aristotele, e dove s'acquistò un vasto seguito di scolari, mostrandosi sottile e profondo ragionatore. Nel 1573 si recò nella nuova Congregazione di Abruzzo e vi rimase per sette anni, tra il convento di Rieti e quello dell'Aquila, come lettore di filosofia, teologia e Sacra Scrittura. Iniziò anche la sua attività di predicatore, richiesta dall'Ordine, che lo avrebbe portato in diverse città d'Italia, recandosi a Napoli nella chiesa di S. Pietro Martire. Tornato nel suo convento a Bologna, poiché la sua salute risentiva del clima di questa città, fu mandato come reggente ed ispettore dell'Ordine a Ferrara, nel convento di S. Domenico, dove già era stato lettore di morale. Nel frattempo aveva già composto diverse opere, che avrebbe voluto pubblicare; si fece pertanto mandare nel convento di S. Domenico a Venezia nel 1580. Vi si trattenne per ventisei anni facendo vita claustrale ed attendendo sia alla pubblicazione delle sue opere che alla predicazione.
Il suo autore preferito era s. Tommaso, la cui Summa egli conosceva a fondo già quand'era novizio; né volle mai aggiornarsi sugli scrittori del suo tempo a meno che trattassero di eresie. Affermava di leggere il commento di Caetano per la scuola, ma che per sé gli bastava s. Tommaso, ogni articolo del quale era una confutazione di qualche eresia.
Nel 1606, in seguito alla controversia giurisdizionale tra Venezia e la S. Sede, il C. dovè tornare a Bologna poco prima che Venezia fosse colpita dall'interdetto papale. Qui abitò in un vicariato del convento di S. Domenico, detto di S. Vincenzo di Ronzano, dove il clima era più salubre per lui. Invitato dai padri della certosa bolognese, fu presso di loro per due anni in qualità di lettore di teologia, tornando solo raramente al suo convento. A causa dell'età e della malferma salute, i suoi superiori non gli permisero di proseguire questo faticoso incarico; pertanto fu riaccompagnato al suo convento, con il compito di spiegare la Sacra Scrittura in chiesa, cosa che continuò a fare fino alla morte. La sua umiltà lo spingeva a rifiutare ogni titolo onorifico e ogni carica, dal baccellierato alla reggenza dello Studio di Bologna, dal magistero della provincia alla reggenza del suo convento, fino alla dignità cardinalizia, offertagli dal cardinale Alessandrino, intimo collaboratore del papa; rifiutò pure l'invito di questo cardinale a recarsi a Roma, dove era giunta la fama delle sue opere contro le eresie. Morì, a settantasette anni, il 2 genn. 1614; la sua salma fu sepolta subito, per evitare che la folla, accorsa allo spargersi della voce della sua morte, lo spogliasse nella devota ricerca di qualcosa di suo.
La fama di santità, che già l'aveva accompagnato in vita per la sua povertà assoluta, per le sue mortificazioni ed astinenze, per la modestia claustrale della sua esistenza sia a Venezia che a Bologna, divenne ancora più grande in seguito ad una serie di presunti prodigi, di apparizioni e di guarigioni, indagati dall'arcivescovo Alessandro Ludovici. Col permesso della Curia, il corpo fu poi di notte traslato nella cappella di S. Tommaso della chiesa di S. Domenico, dove rimase definitivamente. Non fu riconosciuto beato dalla Chiesa, anche se tale lo consideravano già alcuni suoi contemporanei.
Poiché il C. fu un predicatore ma si dedicò anche all'insegnamento, le sue numerose opere possono suddividersi in dottrinali, tutte volte a confutare le eresie, e in esegetiche, in cui si cerca e si spiega il senso letterale e spirituale delle Scritture. Il suo scritto teologico più notevole, appartenente al primo gruppo è: Elucidationes formales in Summam Theologicam s. Thomae de Aquino, Venetiis 1588, in cinque volumi. Di quest'opera un'altra edizione veneziana del 1612, in sei volumi, s'intitola Summae totius theologiae divi Thomae de Aquino Angelici et S. Ecclesiae doctoris cum elucidationibus formalibus.Nel primo tomo v'è l'introduzione De Altitudine doctrinae thomisticae proloquium omni veritate innixum e la prefazione Regulae ad lectorem sul metodo del commentatore.
Ad ogni articolo sono premessi quei passi delle Scritture o dei più famosi teologi che gli paiono più adatti; poi vengono riportate le obiezioni e le risposte; infine in un'appendice si chiarisce quali eresie siano confutate da quei passi, con l'aggiunta dei canoni dei concili e di passi autorevoli dei Padri della Chiesa. Ad essi vengono aggiunti i commenti del cardinale Caetano, e, nei volumi successivi, opuscoli di Cristoforo Iavelli, Guglielmo Tocco, Bartolomeo di Spina, oltre a diverse lettere del Caetano a vari pontefici.Con il Compendium Theologicae veritatis b. Alberti Magni cum scholiis utilissimis, Venetiis 1588 e 1590, in sette libri, il C. commenta un'opera da lui creduta di Alberto Magno, stampata a Venezia nel 1485, ma in realtà di Ugone Ripelin. La vita di Cristo attraverso l'illustrazione della messa è l'argomento dell'opuscolo, suddiviso in venti capitoli, Sacerdos in aeternum. Dechiaratione della sacra messa, cerimonie, vestimenti, et altre cose sue mirabile, divota, et utilissima, in Venetia 1587, con commenti del R. P. D. Pio da Bologna e fra' Girolamo Canterio da Napoli. La dedica alla madre, datata 1574, ha fatto supporre una precedente edizione dell'opera in quell'anno. Il commento al Pentateuco, Veritates aureae super totam legem veterem, Venetiis 1590, è un'altra opera contro le eresie dall'intento parenetico e moralistico. Un'epitome tomistica è Tota theologia s. Thomae Aquinatis in compendium redacta, Venetiis 1597. Dei commenti ai Vangeli, da pubblicare sotto il titolo Praeclarissima Sacrorum Evangeliorum Commentaria, furono editi solo quello a Matteo (Venezia 1602) e a Giovanni (ibid. 1604), mentre gli altri due non furono stampati, pur avendone avuto la licenza nel 1601.
In questi commenti il C. si adopera a dimostrare che le basi per la confutazione delle eresie (da Dio previste e condannate dalla Chiesa man mano che se ne presentava la occasione) si trovano nelle Scritture, così come nelle Elucidationes formales aveva mostrato che s. Tommaso nella sua Summa non solo confutò le eresie condannate precedentemente dalla Chiesa, ma pure quelle ancora da condannare. In particolare nel commento a Giovanni si occupa delle eresie sui sacramenti e sul primato di Pietro, con l'aiuto, per un più intimo esame dei testi, di passi, disposti sinotticamente, dei Padri e dei dottori della Chiesa, dei concili e dei papi.
L'ultima opera, continuata fino in punto di morte, è Commentarii in Psalterium Davidicum, edita postuma a Bologna nel 1692 (altra edizione ibid. 1636-45).
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