Sequenza
La s. designa genericamente una serie o successione di elementi disposti uno dopo l'altro in un certo ordine. Nel cinema, ove venne utilizzata a partire dagli anni Dieci, indica una serie di inquadrature conseguenti e coincide con un'unità narrativa dotata di una certa autonomia all'interno del film. Gilbert Cohen-Séat, nel suo Essais sur les principes d'une philosophie du cinéma. Notions fondamentales et vocubulaire de filmologie (1946), ne dà la seguente definizione: "serie di inquadrature che costituisce un insieme dal punto di vista di una determinata azione scenica". In particolare il concetto è stato definito e approfondito da due diverse prospettive teoriche, sia in termini di narrazione sia in termini più strettamente semiologici.
In termini narratologici (v. narratologia), una s. narrativa è una successione non di immagini, ma di avvenimenti, e ciò che interessa gli specialisti del racconto è la logica che sorregge lo svolgimento degli eventi. Secondo un modello d'ispirazione strutturalista, la s. si considera sempre più o meno come una combinazione di 'funzioni' all'interno della quale ogni funzione prepara quella che la segue. È quindi un'unità di racconto. La concatenazione delle s. forma l'intreccio. Una s. è perciò una serie orientata di funzioni, un segmento formato di diverse proposizioni che comunica al lettore, o allo spettatore, l'impressione di seguire sul libro, o sullo schermo, un tutto compiuto, una storia o un aneddoto completi.
Nelle sceneggiature cinematografiche, indica comunemente una sorta di grande unità che corrisponde a momenti d'azione facilmente individuabili ('la sequenza dell'omicidio', 'dell'inseguimento', 'la sequenza del ricongiungimento', per es. 'la sequenza dell'attacco aereo' in North by Northwest, 1959, Intrigo internazionale, diretto da Alfred Hitchock).
Christian Metz nella sua 'grande sintagmatica del film narrativo' propone una classificazione dei principali tipi di segmenti che compongono i film di finzione (ossia dei diversi tipi di s.), e distingue la s. dalla scena e dal piano autonomo (per es. il piano-sequenza), definendola un sintagma cronologico comprendente una successione di inquadrature che individuano un episodio compiuto al cui interno sono previste ellissi più o meno nette prive di valore diegetico ('sequenza ordinaria'). Accade a volte che questa discontinuità temporale, costitutiva della s., assume un carattere specifico, determinato dalla successione in ordine cronologico di una serie di brevi quadri. Metz definisce questa tipologia 'sequenza a episodi' rimandando al classico esempio della serie di colazioni in Citizen Kane (1941; Quarto potere) di Orson Welles, che evidenzia il peggioramento progressivo dei rapporti tra i due coniugi. In una s. a episodi, le diverse inquadrature vengono percepite come riassunti simbolici dei diversi stadi di un'evoluzione abbastanza lunga condensata nella s. globale, cosicché ogni immagine assume, per così dire, un certo valore aggiunto. Questa costruzione era abbastanza frequente nel cinema classico americano, ogniqualvolta il narratore evocava un'evoluzione verificatasi in un lasso di tempo piuttosto lungo: in Gentle-man Jim (1942; Il sentiero della gloria) Raoul Walsh rappresenta in questo modo le vittorie sempre più clamorose del pugile Jim Corbett, mescolando alle immagini di pugili sconfitti i primi piani di titoli dei giornali. La struttura della s. a episodi è ripresa da François Truffaut in Domicile conjugal (1970; Non drammatizziamo… è solo questione di corna) per mostrare il crescente disagio di Antoine Doinel durante le sue visite all'amante giapponese, quando il personaggio tenta di mangiare seduto a gambe incrociate. In questo caso, il processo di deterioramento è localizzato nello stesso spazio, l'appartamento della giovane giapponese.
Piano-sequenza, scena, sequenza ordinaria e sequenza a episodi sono quattro tipi sintagmatici che hanno un carattere comune: coprono una sola successione temporale. Questi sintagmi sono dunque lineari, continui (piano-sequenza e scena) o discontinui (s. ordinaria e s. a episodi). La 'sequenza alternata' rompe questa linearità in quanto mostra due o più azioni parallele a distanza. L'esempio tipico e fondatore è la sequenza dell'inseguimento dove si alternano le immagini degli inseguiti e quelle degli inseguitori. Ogni serie di immagini stabilisce una successione temporale e le due serie insieme una relazione di simultaneità: l'alternanza delle inquadrature corrisponde in questo caso alla contemporaneità dei fatti rappresentati, cioè alla coesistenza, nello stesso spazio-tempo, di inseguiti e inseguitori.
Le variazioni della distribuzione in s. permettono di distinguere le forme di sequenzialità che dominano le diverse epoche della storia del cinema. La discontinuità intersequenziale (ossia l'interruzione tra le inquadrature di due s. contigue) è una variabile importante. Nell'epoca classica del cinema, il passaggio da una s. a un'altra era spesso contrassegnato da un segno visivo di interpunzione: una dissolvenza incrociata, oppure una dissolvenza in nero, o altri procedimenti ottici più o meno sofisticati.
Un'altra variabile è costituita dal numero delle s. e dalla loro durata media e tenendo conto di questi due elementi è possibile valutare lo stile di un film. Il film classico comprende infatti dalle venti alle trenta s., ben definite. Sono s. estese, che a volte conferiscono al film una scansione lenta. Il ritmo propriamente detto non procede dal rapido accumulo di s., ma da un'azione sostenuta, rappresentata da un montaggio intrasequenziale (cioè tra inquadrature che compongono una s.) rapido, basato su inquadrature molto brevi.Il cinema moderno (v. modernità) ha interrotto questo equilibrio con l'introduzione di due tendenze opposte: a) l'allungamento a dismisura delle s., come nei film di Michelangelo Antonioni (si pensi alla s. iniziale di L'eclisse, 1962, che rappresenta la separazione dei due amanti dopo una lunga notte di chiarimenti); b) l'accelerazione del ritmo di successione sequenziale, come dimostrano i film d'azione degli ultimi due decenni del 20° sec. e dell'inizio del 21° (i film diretti da Steven Spielberg come Indiana Jones and the temple of doom, 1984, Indiana Jones e il tempio maledetto, oppure le varie avventure di James Bond).
La forma e la funzione della s. sono dunque elementi fondamentali del film che permettono di individuare le evoluzioni stilistiche proprie della storia del cinema.
Ch. Metz, Essais sur la signification au cinéma, Paris 1968 (trad. it. Semiologia del cinema, Milano 1989); G. Rondolino, D. Tomasi, Manuale del film, Torino 1995, in partic. pp. 37-38; J. Aumont, M. Marie, Dictionnaire théorique et critique du cinéma, Paris, 2001, ad vocem.