SEPOLCRO
Per il sepolcro dal punto di vista architettonico, v. tomba. Per il resto, v. morte; sepoltura. Qui ci occuperemo solo del diritto.
Diritto romano. - Il sepolcro è l'unica res religiosa nel concetto della giurisprudenza romana, e con la res sacra e la res sancta costituisce la categoria delle res extra commercium divini iuris. Mentre la res sacra è proprietà degli dei superi, il sepolcro è proprietà degli dei inferi (manes). Perché un locus purus diventi locus religiosus, cioè sepulchrum, occorre innanzitutto il fatto del seppellimento del cadavere (per ciò fonti giuridiche, letterarie, epigrafiche, distinguono tra sepulchrum e monumentum); occorre poi il diritto sul luogo. Può seppellire nel proprio fondo soltanto il proprietario: non il titolare della proprietà nuda senza il consenso dell'usufruttuario, e viceversa; non il proprietario d'una cosa data a pegno, senza il consenso del creditore pignoratizio; non il condomino, senza il consenso degli altri condomini. Il diritto giustinianeo, per altro, in quest'ultimo caso ammette che un condomino possa essere seppellito nel fondo comune senza il consenso degli altri (testo interpolato: Dig., XI, 7, de religiosis, 41). Fuori delle condizioni enunciate non vi è iustum sepulchrum, e la persona, il cui consenso è richiesto per rendere religioso il luogo, ha o lo ius prohibendi o un interdetto per la rimozione, o un'actio in factum.
Una fondamentale distinzione i Romani fanno tra sepulchra familiaria e sepulchra hereditaria: i primi sono quelli destinati ai membri della familia, i secondi quelli destinati agli eredi o acquistati iure hereditario. La distinzione, per quanto antica, non è originaria: sorse, quando erede poté essere una persona estranea alla familia. Nel diritto giustinianeo la distinzione si intorbida, perché si ammette il diritto dell'erede, anche estraneo, sia agli uni sia agli altri. L'incommerciabilità del sepolcro importa che esso non può essere alienato neppure insieme col fondo (locus purus): s'intende escluso dalla alienazione, anche se non ne è espressamente eccettuato. Nel diritto giustinianeo, tuttavia, con una decisione empirica si ritiene valida la vendita di un sepolcro se questo costituisce una piccola parte (modicus locus) del fondo venduto: la motivazione è che il locus religiosus emptioni maioris partis accessit.
È da distinguere dal sepulchrum lo ius sepulchri: quest'ultimo è diritto assai ampio nel diritto classico e nell'età pagana, in quanto non importa soltanto il diritto di essere seppellito e di seppellire, ma anche il diritto di vigilare e visitare il sepolcro, di celebrare cerimonie rituali (parentalia o feralia, rosaria, ecc.) con offerte agli dei mani. In questo senso e in questa ampiezza lo ius sepulchri è incommerciabile, come il sepulchrum. Ma, nel diritto giustinianeo e nella religione cristiana, staccatosi il sepulchrum dai manes, lo ius sepulchri del titolare vivente si riduce allo ius mortuum inferendî e, come tale, è commerciabile: cioè può essere legato, donato, acquistato per prescrizione e nell'eredità è concepito come elemento patrimoniale.
Punto oscuro è quello concernente le multe sepolcrali, comminate dal fondatore ai violatori del sepolcro e dello ius sepulchri, a favore dell'erario, del fisco, del municipio o di speciali collegi, che vengono così interessati ad agire contro chi guasti o alieni i sepolcri. Esse ci sono tramandate in numerose epigrafi; corroborano la sanzione dell'actio violati sepulchri, sono l'unica sanzione per le parti del monumento non ancora adibite a sepoltura. Sul fondamento giuridico di tali multe la discussione non è ancora spenta: chi (T. Mommsen) le dice autorizzate da una lex publica a noi sconosciuta; chi (P. Bonfante) le richiama a giudizî religiosi: il che spiegherebbe la loro totale scomparsa nel diritto giustinianeo.
Bibl.: P. Bonfante, Corso di diritto romano, La proprietà, sez. 1ª, Roma 1926, pp. 20-41; E. Albertario, Sepulchra familiaria e sepulchra hereditaria, in Filangieri, 1910; id., Sul contenuto del ius sepulchri, in Rend. Istituto lombardo, 1910; id., Appunti sul condominio di sepolcro, in Filangieri, 1910; G. Giorgi, Le multe sepolcrali in diritto romano, Bologna 1910.
Diritto canonico. - Il diritto canonico considera il sepolcro (luogo di sepoltura) come cosa sacra, sottratto quindi al commercio, sempre però che sia intervenuto il rito della benedizione a norma delle leggi liturgiche. (Per i primi cimiteri cristiani, v. catacomba; cimitero). Ha diritto alla sepoltura ecclesiastica (nel cimitero pubblico o parrocchiale) il fedele che non ne sia privato per qualcuna delle cause indicate nel can. 1240 (v. sepoltura: Sepoltura ecclesiastica). Ciascuno può eleggere il luogo di sepoltura che vuole: anche i minorenni puberi ai quali la legge canonica in materia spirituale riconosce piena capacità: scelta la chiesa per il funerale, è scelto anche il luogo di sepoltura nel cimitero della chiesa funerante (ubi funus ibi tumulus). Anche la moglie, che di massima segue la sepoltura del marito, o dell'ultimo marito, può avere una sepoltura elettiva.
Il diritto canonico riproduce la nomenclatura romana dei sepolcri privati, distinguendo il sepolcro gentilizio (sepulchrum maiorum) o familiare, dall'ereditario e da quello misto. Un sepolcro privato (peculiare sepulchrum) può anche esser costruito in un'area apposita extra commune coemeterium (can. 1208, n. 3) purché benedetta. È ammessa anche la vendita del sepolcro purché vi sia il consenso dell'autorità che ha competenza ad autorizzarne l'erezione (can. 1209 par. 1). Sono abolite le disposizioni che in passato a titolo di pena ammettevano disonorate sepolture (sepultura asinina): ma può taluno, morendo in disgrazia della Chiesa, perdere il diritto di esser seppellito nel loculo acquistato o su cui aveva diritto.
Diritto moderno. - Scomparsa nel diritto italiano la religiosità dei luoghi di sepoltura, il sepolcro (tomba gentilizia, monumento funerario, cappella, ecc.) è di proprietà privata e quindi astrattamente commerciabile. Vi hanno limitazioni a tale libera commerciabilità, derivanti: 1. da leggi di ordine pubblico concernenti la polizia mortuaria, per cui è impedito di far servire il sepolcro a un uso contraddicente la sua naturale destinazione: l'inumazione, 2. dall'esistenza di uno ius sepulchri (che consiste nel diritto di esser seppellito o di far seppellire altri in una tomba altrui), diritto che può spettare agli appartenenti a una data famiglia o stirpe gentilizia. Lo ius sepulchri, pur essendo elemento del patrimonio, è influenzato da elementi così strettamente personali e spirituali da renderlo inappropriabile da parte di estranei: ciò spiega come la persona dell'erede serva come mezzo di mera designazione del destinatario: lo ius sepulchri non fa parte, cioè, del compendio ereditario e come tale non passa de iure agli eredi; ciò spiega, altresì, come il divieto del fidecommesso non colpisca l'esistenza di sepolcri gentilizî e familiari. Solo quando questo vincolo di destinazione familiare o gentilizia manchi, il sepocro è alienabile, anche per quota e usucapibile.
Questione diversa dalla usucapione del sepolcro è quella se sia prescrittibile la concessione di aree nei cimiteri per sepolcri privati, quale che sia la natura di tale concessione: certo è che, in quanto cade su bene demaniale, è un diritto che si sottrae alla prescrizione.
Bibl.: C. Fadda, Sul diritto di sepolcro, in Foro it., 1888, 420; 1889, 1241; in Giur. it., 1900, 2, 730; Appendici a F. Glück, Commentario alle Pandette (trad. it.), XI, p. 827 segg.; E. Friedberg-Ruffini, Trattato di dir. eccles., Torino 1893, p. 385 segg.; N. Stolfi, Dir. civ., Torino 1931, I, ii, p. 608 segg.; G. Cavigioli, Man. di dir. can., Torino 1932, p. 464 segg.