sentore
Nel D. canonico ricorre solo in Cv IV VI 9, dove vengono esposti i principi della morale stoica: filosofi molto antichi... credettero ... fine de la vita umana essere... di nulla passione avere sentore; qui il vocabolo indica la " facoltà del sentire " messa in atto, " il sentimento " provato di fronte a determinate circostanze.
In tre esempi del Fiore ricorre il sintagma ‛ far s. ', sempre in locuzioni di valore negativo e in accezioni di volta in volta diverse: XLII 12 Di questo fatto non far più sentore, " non me ne parlare più ", " non farne più parola "; LXIII 7 S'a coderon giocaste... / fa ched ella sia la vincitore: / della tua perdita non far sentore, " non dolertene ", " non accennarvi neppure "; CXXV 4 Que' che vorrà campar del mi' furore / ... grosse lamprede, o ver di gran salmoni / apporti, lucci, sanza far sentore, " senza farlo sapere " ad alcuno. In tutti i casi il valore del sintagma si collega al significato di " avviso ", " indizio ", " notizia " (come in Rime dubbie XVIII 13 Merzé vi chero... / ch'i' senta gioia per alcun sentore), frequente per s. nella lingua del tempo; cfr. M. Villani VII 64 " avendo alcuno sentore, che senza sua saputa l'antico amico del capitano... trattava alcuno accordo col legato... il fece prendere ".