sentire [indic. imperf. I e III singol. anche sentia; pass. rem. I e III singol. anche sentio; pass. rem. III plur. anche sentier]
Verbo di notevole frequenza, con circa 230 presenze complessive distribuite fra tutte le opere, compreso il Fiore; non è mai attestato nel Detto.
Nel suo valore fondamentale è usato assolutamente e indica il possesso, nel soggetto, della capacità di avvertire un qualsiasi stato di coscienza indotto in lui dal mondo esterno mediante i sensi. È perciò il verbo tecnico usato nei passi dottrinari del Convivio nei quali è affrontato il tema delle facoltà dell'anima e della loro partizione in anima vegetativa, sensitiva e intellettiva, diversamente originate ma consustanziali e naturalmente ordinate l'una all'altra; l'infinito, usato con valore di sostantivo, è anzi frequentemente assunto a indicare la potenza sensitiva: III II 11 lo Filosofo... dice che l'anima principalmente hae tre potenze, cioè vivere, sentire e ragionare: e dice anche muovere; ma questa si può col sentire fare una, però che ogni anima che sente, o con tutti i sensi o con alcuno solo, si muove; sì che muovere è una potenza congiunta col sentire, e 12 (anche al § 13, secondo l'edizione Simonelli); XV 4, IV VII 11 (3 volte).
Con lo stesso valore compare tre volte nella dissertazione di Stazio intorno alla generazione umana e all'origine e natura del corpo aereo delle anime: Pg XXV 55 Anima fatta la virtute attiva / qual d'una pianta... / tanto ovra poi, che già si move e sente, / come spungo marino, e 75. Al v. 102 invece ciascun sentire indica i diversi apparati sensoriali che l'anima organa, " organizza ", " forma " dalla materia aerea. Fuori di passi dottrinari, Rime LXVII 55 'l mio sentire, " la mia facoltà sensitiva ".
Più raramente, seguito da un complemento oggetto, indica l'atto di ricevere una o più impressioni sensoriali ed è complessivamente riferito a tutti e cinque i sensi. Così, con riferimento alla distinzione aristotelica fra sensibili propri che impressionano un senso particolare, e sensibili comuni che sono invece compresi con più sensi, in Cv III IX 6 alla luce e al colore, che sono propriamente visibili, viene contrapposta altra cosa visibile, ma non propriamente [quali la figura, la grandezza, il numero, il movimento e lo star fermo], però che [anche] altro senso sente quello, sì che non si può dire che sia propriamente visibile, né propriamente tangibile. Il verbo ha pari latitudine di valore in IV XXV 5 lo stupore è uno stordimento d'animo per grandi e maravigliose cose vedere o udire o per alcuno modo sentire: che, in quanto paiono grandi, fanno reverente a sé quelli che le sente. E vadano qui anche VIII 9 costoro, che così giudicano, non giudicano se non per quello che sentono [cioè " percepiscono mediante i sensi "] di queste cose che la fortuna può dare e torre; Pd XXII 117 quand'io senti' di prima l'aere tosco, quando io, nascendo, " percepii " con il primo respiro l'aria della Toscana.
Più comunemente si riferisce all'uno o all'altro dei sensi, persino alla vista (il che nell'uso odierno non avviene mai): Cv III VIII 12 Ahi mirabile riso de la mia donna... che mai non si sentia se non de l'occhio!; Pg XXVII 69 'l sol corcar, per l'ombra che si spense [" vedendo sparire l'ombra del corpo mio ", Scartazzini-Vandelli], / sentimmo dietro e io e li miei saggi. Riferito al gusto, ricorre solo in locuzioni metaforiche: Rime XCI 19 Entrano i raggi di questi occhi belli / ne' miei innamorati, / e portan dolce ovunque io sento amaro; Pg XVI 91 l'anima... / di picciol bene in pria sente sapore; XXV 132 Elice... di Venere avea sentito il tòsco, " aveva gustato " il veleno dell'amore; XXIX 30 [se Eva non avesse peccato], avrei quelle ineffabili delizie / sentite prima e più lunga fïata, " avrei gustato " sin dalla nascita le indicibili delizie del Paradiso terrestre.
Quando compare con riferimento a impressioni sensoriali identificabili mediante il tatto, s. indica sensazioni assai diverse fra loro. Le più comuni sono quelle riconducibili al fatto di essere afferrato, ferito o percosso: Cirïatto... / li fé sentir come l'una [delle zanne] sdruscia (If XXII 57); Caifas, crocifisso in terra e calpestato dagl'ipocriti, è mestier che senta / qualunque passa, come pesa, pria (XXIII 119); cessar le sue [di Caco] opere biece / sotto la mazza d'Ercule, che forse / gliene diè cento, e non sentì le diece (XXV 33); XXVIII 13, XXXI 132, e 133 Virgilio... prender si sentio. Compare in una locuzione metaforica in Pd XXVI 49 Ma dì ancora se tu senti altre corde / tirarti verso lui, se, oltre le ragioni filosofiche e l'autorità scritturale, tu senti altri stimoli " che ti tirino ad amare Iddio come la corda tira chi è legato " (Buti).
In altri casi s. indica le sensazioni prodotte sulla cute dall'acqua, dal calore, dalla luce, dal fuoco, dal fumo o dal vento: Rime CIV 23 il nudo braccio... / sente l'oraggio [la pioggia delle lagrime] che cade dal volto (e vada qui anche Pg XII 42 Gelboè / ... poi non sentì pioggia né rugiada, che però sembra da intendersi che quel monte della Palestina " non risentì più gli effetti " della pioggia; per il travisamento, senza dubbio volontario, del testo biblico, v. Scartazzini-Vandelli, e II Reg. 1, 21); If XXXIII 103 mi parea sentire alquanto vento (con l'eco di sentimento del v. 101); Pg XVI 6 quel fummo ch'ivi ci coperse / ... [era] a sentir di così aspro velo; Pd XIX 20 un sol calor di molte brage / si fa sentir; Fiore CXXVI 8 farò lor sentir le gran calure, li farò condannare al rogo; in una locuzione metaforica in XVII 9 Bellaccoglienza sentì 'l caldo / di quel brandon [la torcia. di Venere], che così l'avvampava, e CXLV 7.
In tre esempi, alla sensazione tattile provocata dal palpitare dell'aria mossa si unisce strettamente la percezione di un suono: Pg VIII 106 Sentendo fender l'aere a le verdi ali, / fuggì 'l serpente; XIII 25 verso noi volar furon sentiti, / non però visti, spiriti parlando / a la mensa d'amor cortesi inviti (commenta il Mattalia: " poiché l'atto dell'udire è già indicato da parlando - chi parla è udito - sentiti, seguito da non però visti, indicherà percezione sensibile del trascorrere di spiriti nell'aria, dal fremito o rumore di questa "); XVII 67 senti' mi presso quasi un muover d'ala / e ventarmi nel viso. Anche più complessa è l'impressione sensoriale espressa da s. in XX 127 quand'io senti', come cosa che cada, / tremar lo monte. E vada qui anche XXI 70 però sentisti il tremoto e li pii / spiriti per lo monte render lode / a quel Segnor, dove, per zeugma, il verbo vale contemporaneamente " avvertisti " (il terremoto) e " udisti " (gli spiriti).
Gli esempi più numerosi si hanno quando s. ricorre con riferimento al senso dell'udito, e quindi con un valore assai vicino a quello di " udire " o di " ascoltare ". Alla fine sensibilità dantesca non sfugge però la sottile distinzione semantica implicita nei tre verbi; come appare evidente dagli esempi seguenti, ‛ udire ' indica soltanto l'atto di percepire e apprendere attraverso l'organo dell'udito, ‛ ascoltare ' mette in evidenza l'attenzione posta dall'ascoltatore, mentre s. suggerisce l'idea di un moto dell'animo, contiene un'allusione di ordine affettivo: a commento di Cv III Amor che ne la mente 6 (l'anima ch'ascolta e che lo sente), D. spiega (in III 15, dove il verso è ripreso): dico l'anima ch'ascolta e che lo sente: ‛ ascoltare ', quanto a le parole, e ‛ sentire ', quanto a la dolcezza del suono; Pg XIX 45 io udi' " Venite; qui si varca " / parlare in modo soave e benigno, / qual non si sente in questa mortal marca.
Questa sfumatura semantica non è naturalmente sempre evidente. Nella maggior parte delle occorrenze qui di seguito citate, s. è quindi usato come sinonimo di " udire ", o, se usato assolutamente, di " ascoltare ": Rime LVI 12 io sarò là dove sia / Fioretta mia [a sentire]; LXI 13. Regge un complemento oggetto: If XVII 122 senti' pianti; Pg XVI 16 Io sentia voci; XXV 105 le lagrime e ' sospiri / che per lo monte aver sentiti puoi (si noti lo zeugma); Pd VI 72 sentia la pompeana tuba; Fiore CCVI 9 Quando... sentiron quel baratto; per indicare una percezione interiore che solo per traslato può essere riferita all'udito: Vn XLI 7 io sento lo suo nome spesso nel mio pensero; XIV 12 13 sì ch'io non senta... / li guai de li scacciati tormentosi, " non ascolti " i dolorosi lamenti degli spiriti del viso scacciati dagli occhi (la metafora è dovuta alla personificazione degli stati d'animo propria dello Stil nuovo); Rime dubbie XXVIII 12. Seguito da un infinito: Cv III Amor che ne la mente 68 qual donna sente sua bieltate / biasmar (ripreso due volte in VIII 21 e una in XV 13); If XIII 22 io sentia d'ogne parte trarre guai; XXXI 12, XXXIII 46 io senti' chiavar l'uscio di sotto / a l'orribile torre; Pg XXXII 37, Pd XXVIII 94 Io sentiva osannar di coro in coro. Con una proposizione oggettiva: Vn VIII 5 3 Amor sente a Pietà donne chiamare (ripreso al § 7), e XXI 3 10; If XIII 113 colui... venire / sente 'l porco e la caccia a la sua posta (con lo stesso valore, ma ellitticamente: XXIII 24 i' ho pavento / d'i Malebranche. Noi li avem già dietro; / io li 'magino sì, che già li sento); XVII 118, XXX 133, XXXIII 38 pianger senti' fra 'l sonno i miei figliuoli / ... e dimandar del pane; Pg X 4 Poi fummo dentro al soglio de la porta / ... sonando la senti' esser richiusa (finemente Casini-Barbi: " sentii [l'angelo] rinchiudere la porta, e me ne accorsi dal suono perché non mi volsi a guardare "); XIV 128 quell'anime care / ci sentivano andar; XIX 74, XX 17 l'ombre, ch'i' sentia / pietosamente piangere e lagnarsi; in senso estensivo: Rime dubbie XII 1 Io sento pianger l'anima nel core. Con altra costruzione: Vn XV 4 3 i' sento Amore / che dice; If XVIII 103 sentimmo gente che si nicchia. In formule introduttive di un discorso diretto: Pd X 82 E dentro a l'un senti' cominciar: " Quando / lo raggio de la grazia... ", e XI 16.
Con costrutto pronominale, in Vn XXVI 6 5 Ella si va, sentendosi laudare, " sentendo di essere lodata "; e vadano qui anche V 2 mi sentio dicere appresso di me; VII 4 10 io mi sentia dir dietro. Si aggiunga la costruzione ‛ farsi s. ', nel significato di " fare in modo che altri ci odano ", " porgere loro l'occasione di ascoltarci ": If V 26 Or incomincian le dolenti note / a farmisi sentire; IX 126 quelle genti / ... si fan sentir coi sospiri dolenti; Pg XIII 99 io mi feci ancor più là sentire (si discute se alzando la voce o, il che sembra più probabile, spostandomi in avanti). Analogamente, ' far s. ' vale " far sì che altri ascolti, oda ", o anche " si accorga " di qualche cosa: Cv III Amor che ne la mente 47 Li atti soavi... / vanno chiamando Amor ciascuno a prova / in quella voce che lo fa sentire (ripreso in XIII 5 e parafrasato al § 3), " con una voce di tale potenza ed efficacia che Amore non può non sentirla " (Barbi-Pernicone); IV V 18 quando li Franceschi... prendeano di furto Campidoglio di notte... solamente la voce d'una oca fé ciò sentire, dette modo ai Romani di " accorgersi " di ciò; altro esempio in Rime LXVIII 49.
L'infinito compare con valore passivo, in Pg XIX 21 io son dolce serena, / che ' marinari in mezzo mar dismago; / tanto son di piacere a sentir piena, " ad essere ascoltata "; e anche nel passo di XVI 6, citato.
Estensivamente, dall'accezione di " udire " si sviluppa quella di " venire a sapere "; di cosa che viene alle orecchie, o che comunque si apprende, anche non dalla viva voce (e quindi senza un diretto riferimento all'atto auditivo): Fiore CLXXIII 11 Allor si 'l bascierai istrettamente, / pregandol che la cosa sia sagreta, / sì che nol senta mai nessuna gente; e così CCIV 1, CCVI 2, con costrutto ellittico: Come costor m'andavar tormentando, / en l'oste al Die d'amor sì fu sentita, " la notizia fu sentita nell'esercito del dio d'amore " (Petronio); Rime dubbie V 43. Anche " aver notizia ", " aver sentore di qualche cosa ": Pg XVI 138 " O tuo parlar m'inganna, o e l mi tenta ", / rispuose a me; " ché, parlandomi tosco, / par che del buon Gherardo nulla senta... ". E quindi, " sapere ": Vn III 9 Pensando io a ciò che m'era apparuto, propuosi di farlo sentire a molti... famosi trovatori.
Ricorre nel discusso sonetto sulla Garisenda: Rime LI 9 [i miei occhi] ciò che sentire / doveano... senza veduta, / non conobber vedendo. La definizione semantica del verbo dipende dall'interpretazione che si dà di tutto il sonetto: se, come sembra probabile, il poeta scherzosamente rimprovera i suoi occhi di non aver né riconosciuto né veduto una gentildonna che gli passava vicino, sentire varrà " accorgersi "; se invece il v. 5 (gli occhi miei... / non conobber quella) contiene un'allusione alla torre degli Asinelli, a sentire si dovrà attribuire il significato di " sapere " (v. Barbi-Maggini, ad l., e 190-192; Contini 31).
Molto frequentemente s. assume l'accezione di " avvertire ", " acquistare coscienza di qualche cosa ", e implica il riferimento a una registrazione soggettiva di una sensazione fisica, di una mutazione nello stato dell'organismo o delle condizioni di salute.
In rari casi la sensazione avvertita è indicata dal sostantivo retto dal verbo: Rime LXXIII 11 La tosse, 'l freddo e l'altra mala voglia / ... l'addovien... / per difetto ch'ella sente al nido, sono procurate a Nella per la privazione che ella, vittima dell'insufficienza maritale di Forese Donati, " avverte " nel talamo; s. caldo, If XV 9; s. fatica (Pg XII 125), freddo e caldo, Pd XI 46; sentì di morte il gelo, XIII 15. Alla domanda di D. se, dopo il giudizio universale e la resurrezione dei corpi, le anime dei dannati subiranno una pena fisica maggiore, minore o pari a quella sopportata attualmente, Virgilio risponde: Ritorna a tua scïenza, / che vuol, quanto la cosa è più perfetta, / più senta il bene, e così la doglienza (If VI 108); quale che sia la fonte aristotelica cui D. allude (forse Phis. XI 101 o Eth. Nic. XI 80), il ragionamento (la ricostituita integrità di anima e corpo comporta perfezione, e perciò insieme congiunti sia l'anima che il corpo fruiscono di più la beatitudine e soffrono di più le pene infernali) impone di dare a doglienza il significato di " sofferenza fisica " e suggerisce quindi di porre a questo punto l'esempio.
Molto più frequentemente il verbo è seguito da una proposizione infinitiva o oggettiva; in questo caso è spesso accompagnato dalla particella pronominale: Rime LXVII 5 sento... / raccoglier l'aire del sezza' sospiro / entro 'n quel cor che i belli occhi feriro; Vn XXIII 2 sentendome dolere quasi intollerabilmente (si allude a una sofferenza fisica provocata da una dolorosa infermitade, § 1); XXXV 3 io senti' ... cominciare li miei occhi a volere piangere; 7 9 sentendo / che si movean le lagrime dal core; Cv IV XXVIII 17 sentendosi a debile stato venuti; If XXIII 19 mi sentia tutti arricciar li peli / de la paura; Pg XV 10, XVII 74, XXVII 123; If XVII 110 [Icaro] le reni / sentì spennar per la scaldata cera. In un caso è riflessivo e seguito da una locuzione avverbiale: XVII 102 [Gerione] tutto si sentì a gioco, " a suo agio ", " libero nei movimenti ".
In un esempio " sentirsi ", usato assolutamente, vale " riacquistare coscienza ", " destarsi ": Vn XXIII 18 10 altre donne... appressarsi per farmi sentire; che l'accezione del verbo sia quella ora indicata e non l'altra di " riacquistare i sensi " dopo uno svenimento, per altro assai comune nella lingua del tempo, è dimostrato dal confronto con la prosa (§ 12 si trassero verso me per isvegliarmi); e si confronti Pd XXIII 49 Io era come quei che si risente / di visione oblita.
Più frequentemente, la sensazione avvertita appartiene alla sfera della realtà psichica, ai moti dell'animo, ai fatti interiori della coscienza, al sentimento. Usato assolutamente, il verbo indica anzi l'attitudine a risentire gli affetti, i sentimenti, le emozioni: l'oggetto dell'ossessiva passione amorosa che ha ispirato le canzoni petrose è dura petra / che parla e sente come fosse donna (Rime CI 6); quando invece segue un complemento indeterminato, s. allude al sentimento o al complesso dei sentimenti provati in atto: CXVI 6 'l duol che si snoda / portin le mie parole com'io 'l sento (si noti l'esplicita affermazione del " rapporto fra il sentimento che cova nell'animo e l'espressione poetica ", Barbi-Pernicone); e così al v. 9; Rime dubbie III 9 19, XXVI 11.
Nella maggior parte degli esempi la sensazione psichica, il moto dell'animo o il sentimento sono espressi mediante un sostantivo: Vn IX 2 l'angoscia che lo cuore sentia; Rime XCI 16 io sento amore (e così in Vn XIX 5 6; invece, in If XII 42 i' pensai che l'universo / sentisse amor, l'accenno alla dottrina cosmologica empedoclea impone d'interpretare " risentisse l'effetto " dell'azione dell'amore); Cv II VII 1 quello che dentro io sentia de la battaglia (di pensieri diversi; cfr. anche Vn XXXVII 3); Fiore LXXXV 13 non possa io ben sentire, " possa io essere ben infelice (ben sentire: provar gioia " [Petronio]; ma ben potrebb'essere anche un avverbio); Pd XI 56 sentir... / alcun conforto; XVIII 58, Pg XV 33 fieti diletto / quanto natura a sentir ti dispuose; Pd I 84 un disio / mai non sentito (così Rime XCI 40 e XC 54); Cv IV II 9 sentendo in me turbata disposizione; Vn XXVII 4 7 sente... / tanta dolcezza (e così Cv I I 10; ma II XII 7 cominciai tanto a sentire de la sua dolcezza, " a risentire i dolci effetti " dello studio della filosofia; ha la medesima accezione in Pd III 38 di vita etterna la dolcezza senti); Vn XXXI 14 51 per dolor ch'i' sento (così Rime LXVIII 17; Fiore CLI 2 e CXXIV 13); Rime dubbie XVIII 13 ch'i' senta gioia per alcun sentore / ch'io sie [vostro] servente (" si noti la replicazione di sentire e sentore ", Contini); Rime LVIII 14 sentiron pena (così LXVIII 40); Cv III XV 2 si sente quel piacere altissimo di beatitudine; Rime L 7 né dentro i' sento tanto di valore, " avverto una tale energia nell'anima " (ma XCI 5 'l suo [di Amore] valor si pur avanza, / e 'l mio sento mancare, " mi accorgo " che viene meno); Pg XXI 68 pur mo sentii / libera volontà di miglior soglia.
Altre volte il verbo è inserito in contesti più articolati e ampi; in questo caso si accompagna spesso con la particella pronominale: Cv II II 8 quel che dentro spiritualmente si sentiva intra' diversi pensieri; XII 8 sentendomi levare dal pensiero del primo amore a la virtù di questo; Vn XIV 4 mi parve sentire uno mirabile tremore... nel mio petto; XXIV 1 io mi sentio cominciare un tremuoto nel cuore, 10 e 7 1 Io mi senti' svegliar dentro a lo core / un spirito amoroso che dormia (anticipato al § 6); Pd XV 82 mi sento in questa / disagguaglianza, " avverto in me " la disparità fra il sentimento e la capacità di esprimerlo; XXXIII 93 più di largo, / dicendo questo, mi sento ch'i' godo.
Fisica o psichica che sia, la sensazione avvertita può essere espressa anche mediante l'uso riflessivo del verbo seguito da un complemento predicativo: If XXII 90 si sentono stanche; XXIV 59 mostrandomi fornito / meglio di lena ch'i' non mi sentia, e XXVIII 117; Pg XXI 59 alcuna anima monda / sentesi; XXIV 33, Pd XVII 23, Fiore II 1.
Indica specialmente disposizione, in Fiore CLXXXVII 4 ben saggiamente deggian operare / ... secondo ch'egli allor si sentiranno, secondo che " si sentiranno disposti " a fare.
In Pd XVII 126 Coscïenza fusca / ... pur sentirà la tua parola brusca, s'interpreterà " troverà aspra " la tua parola, se brusca sarà considerato come complemento predicativo; se invece lo s'intenderà come attributo di tua parola, il senso sarà leggermente diverso: " si risentirà della tua parola, crudamente veritiera ".
Oltre che indicare la coscienza di un'impressione sensoriale o di un moto dell'animo, s. può anche alludere direttamente alle conseguenze, agli effetti esercitati sul soggetto dalla realtà, fisica o psichica, con la quale è venuto a contatto e che è stata da lui percepita. In questo caso, il valore fondamentale del verbo è " risentire ", " subire l'effetto " di qualche cosa.
La possibilità per il verbo di assumere quest'accezione è implicita nel valore con il quale esso ricorre in Pg XVIII 52 Ogne forma sustanzïal... / specifica vertute ha in sé colletta, / la qual sanza operar non è sentita, / né si dimostra mai che per effetto: la facoltà di comprendere e di volere, che l'anima dell'uomo ha in sé congiunta quale sua virtù specifica, " non è avvertita " dall'essere in cui è se non quando opera, passando dalla potenza all'atto, e non si mostra altrimenti che nei suoi effetti. Analogamente, l'accezione di " avvertire " è la prevalente in Rime LXXX 24 è fera donna in sua bieltate / questa che sente Amor negli occhi sui. Ma proprio da questo tema di Amore che abita negli occhi di madonna, si sviluppa l'altro dei prodigiosi effetti del suo sguardo (LXV 11 [i miei] occhi... sentier prima questo gran valore, prima di ogni altra parte del corpo " provarono " la potenza dello sguardo di lei), finché, sempre nell'ambito della lirica d'amore, s. è assunto per indicare l'effetto che la presenza di Amore esercita sull'animo dell'amante: XC 69 tua potenzia [il poeta si rivolge ad Amore] fia sentita / da questa bella donna; XCI 1 Io sento sì d'Amor la gran possanza; Rime dubbie III 3 3 la morte m'è dura, / e di sentir lui meno ho più paura, " ma anche più grande è la paura di provare l'assenza di Amore " (Contini); fino a quando questi temi della sua letteratura giovanile non vengono ripresi da D. nella Commedia con un fervore ricco e intenso che ne accresce a dismisura il significato paradigmatico: Pg XXX 39 lo spirito mio... / sanza de li occhi aver più conoscenza, / per occulta virtù che da lei mosse, / d'antico amor sentì la gran potenza; e, con un'ulteriore trasposizione dal piano autobiografico a quello dell'esperienza dell'assoluto e dell'eterno: Pd VI 11 Cesare fui e son lustinïano, / che, per voler del primo amor ch'i' sento, / d'entro le leggi trassi il troppo e 'l vano; IV 36 tutti [i beati] fanno bello il primo giro, / e differentemente han dolce vita / per sentir più e men l'etterno spiro.
S. può indicare inoltre la coscienza soggettiva dell'ideale presenza di madonna nella memoria del poeta, come nel sonetto a due cominciamenti redatto nel primo anniversario della morte di Beatrice: Vn XXXIV 9 5 Amor, che ne la mente la sentia, / s'era svegliato nel destrutto core. Ma può anche esprimere l'effetto esercitato dalla presenza e potenza di lei sull'animo di D.: Cv II Voi che 'ntendendo 43 quella bella donna che tu senti [" la cui potenza agisce in te ", Barbi-Pernicone], / ha trasmutata tanto la tua vita, / che n'hai paura.
E vada qui anche III Amor che ne la mente 86 mi par fero / quantunqu' io veggio là ' v ' ella mi senta, tutto ciò che io vedo dove ella mi può sentire, " dov'è presente ", mi appare pauroso. È questa l'interpretazione suggerita da X 2, dove là ' v ' ella mi senta è parafrasato sinteticamente ne la sua presenza; a diversa spiegazione sembra condurre lo stesso testo dantesco al § 4 non sanza cagione dico: là 'v'ella mi senta, e non là dov'io la senta; ma in ciò voglio dare a intendere la grande virtù che li suoi occhi aveano sopra me, che Busnelli-Vandelli interpretano: " Dante dice che... gli par fiero tutto ciò che vede là dove la sua donna sente lui, cioè negli occhi di lei, che lo guardano, e quindi ne hanno la sensazione "; e per i problemi posti all'esegesi dal testo della canzone, v. anche Barbi-Pernicone. Per quanto il senso del passo non sia del tutto perspicuo, sembra opportuno attribuire a s. il significato di " risentire gli effetti ", in VII 11 dico quello che di lei colei sentirà, dicendo quello che fa lo suo parlare, e che fanno li suoi reggimenti, introdotto a commentare secondo il senso letterale Amor che ne la mente 39-40 qual donna gentil questo non crede, / vada con lei e miri li atti sui.
Il valore di " sentire le conseguenze, gli effetti di qualche cosa ", " risentirne ", risulta chiarissimo nell'accenno alla leggenda delle Pieridi mutate in gazze dopo aver sfidato al canto le Muse: Pg I 11 quel suono / di cui le Piche misere sentiro / lo colpo tal, che disperar perdono; con lo stesso significato lo usa Stazio, quando confessa a Virgilio che, se non si fosse pentito a tempo, sarebbe stato condannato all'Inferno, tra i prodighi, a voltolar pesi e ad affrontare le zuffe miserabili con gli avari: voltando sentirei le giostre grame (XXII 42).
Per il passo di XXI 41 Cosa non è che sanza / ordine senta la religïone / de la montagna, il Del Lungo, ripreso dal Sapegno, propone l'interpretazione " nel religioso assetto [della montagna del Purgatorio] non v'ha cosa alcuna che si faccia sentire senza un prestabilito ordine "; anche a prescindere dai problemi posti dal valore di religione (v.), sembra più puntuale la spiegazione del Chimenz (" non è cosa che... il santo monte possa provare fuori dello stabilito "), che attribuisce a senta più il valore di " risenta " che non quello di " avverta ". Così, in Cv IV XIII 11 Quanta paura è quella di colui che appo sé sente ricchezza... non pur di perdere l'avere ma la persona per l'avere!, la locuzione appo sé sente ricchezza è sì sinonimo di " è ricco ", ma contiene implicita la sfumatura che di questa ricchezza il possessore avverte gli effetti psicologicamente dolorosi: quelli appunto indicati nel resto del periodo.
La non evidentissima perspicuità degli esempi finora addotti dipende anche dal fatto che, di norma, in D. e nella lingua del tempo, quando vale " risentire di qualche cosa ", s. è seguito da un partitivo; di questa tipica accompagnatura si hanno esempi in Rime LXXX 16 quel segnor gentile / che m'ha fatto sentir de li suoi dardi; Cv III Amor che ne la mente 26 Amor fa sentir de la sua pace (altri due esempi in XIII 7, di cui uno in integrazione); If XXVI 8 tu sentirai... / di quel che Prato, non ch'altri, t 'agogna; Pd VI 66 Farsalia percosse, / sì ch'al Nil caldo si sentì del duolo. E così in Rime dubbie XIX 8 se ciò diven d'Amor nol so pensare / o d'altra cosa che d'amor non sente (che però il Contini interpreta: " non partecipa d'Amore, non ha con lui somiglianza di natura ").
In pochi casi vale " pensare ", " intendere ", " essere di un'opinione "; con questo significato continua l'accezione fondamentale del latino sentire e ricorre quindi soltanto in passi dottrinari come termine dotto: Cv II III 3 del numero de li cieli e del sito diversamente è sentito da molti; III XI 14 sì come pare sentire Aristotile; Pd XXIV 67 Dirittamente senti, " rettamente intendi ", " la tua sentenza è conforme al vero "; e così in Cv II III 10, IV 2 e 3, V 15 (due volte), XV 11, III XIV 5, IV Le dolci rime 78 (ripreso in XV 10 e 18), VIII 3, Pd IV 51.
Quindi, in un esempio d'infinito usato sostantivamente: il tuo sentir (Pd XI 24), " il tuo intelletto ". Vale " capire ", " comprendere ", in Cv II XI 5 la bontade di questa canzone è malagevole a sentire per le diverse persone che in essa s'inducono a parlare; con il significato di " conoscere ", " rendersi conto ": Vn XII 7 per questo [dalla lirica Ballata, i' voi] sentirà ella la tua volontade, la quale sentendo, conoscerà le parole de li ingannati: " essa [Beatrice]... conoscerà qual è l'animo tuo, e farà il debito caso delle parole di coloro che restarono presi all'inganno " (D'Ancona) della tua finzione d'amore per la seconda donna dello schermo. Con l'infinito sostantivato: Rime dubbie XXIV 11 io non saccio... / a qual [delle due donne]... deggia dar lo core: / così m'hanno levato lo sentire!; mi hanno tolto il " giudizio ", la " comprensione " (Contini).
Nel giudizio su persone e cose, equivale a " giudicare ", " ritenere ", ma implica una valutazione soggettiva, sia pure con un grado minore o maggiore di avvicinamento alla realtà secondo i casi: If IV 21 L'angoscia de le genti / che son qua giù, nel viso mi dipigne / quella pietà che tu per tema senti; Pd XVII 4 tal era io, e tal era sentito / ... da Beatrice; Fiore XXX 7 [Gelosia] mise lo Schifo in sul portal primiere, / perch'ella il sentia aspro cavaliere.
Resta del tutto isolato l'uso intransitivo con il significato di " avere il sapore di ": Pg XXX 81 d'amaro / sente il sapor de la pietade acerba (per la lezione, v. Petrocchi, ad locum).
In due passi del Fiore ricorre il participio ‛ sentito ' con funzione aggettivale e valore di " accorto ": CLXXX 1 Si de' la donna, s'ell'è ben sentita, / quando ricever dovrà quell'amante, / mostralli di paura gran sembiante; e così in CLXII 11.
Appartiene all'uso dantesco il ricorso alla replicazione del verbo in accezioni diverse: Cv III XIII 3 Dico adunque che la gente che s'innamora ‛ qui ', cioè in questa vita, la sente nel suo pensiero [cioè " avverte in sé " la presenza della sapienza], non sempre, ma quando Amore fa de la sua pace sentire; Pg XXIV 38 El mormorava; e non so che " Gentucca " / sentiv'io là, ov'el sentia la piaga / de la giustizia che si li pilucca, " udivo " il nome di Gentucca risuonare nella bocca di Bonagiunta, nella bocca dove egli maggiormente " pativa " la piaga della fame e della sete. Ancor più ricco è il contesto stilistico dei vv. 148-151: giunto di fronte all'angelo della temperanza, dice D., mi senti' un vento dar per mezza / la fronte, e ben senti' over la piuma, / che fé sentir d'ambrosïa l'orezza. / E senti' dir: " Beati cui alluma / tanto di grazia... "; " il verbo ‛ sentire ' è qui ripetuto quattro volte in quattro sensi diversi: sentii un vento (col tatto del viso); sentii mover la piuma (‛ compresi ' che l'angelo doveva aver mosso l'ala); fé sentir d'ambrosia l'orezza (fece ‛ odorare ' d'ambrosia il venticello); sentii dir (‛ udii ' dire) " (Porena).