senso morale, dottrina del
Teoria svolta dai moralisti inglesi del Settecento, e specialmente da Shaftesbury e da Hutcheson. Secondo questa dottrina, la discriminazione del bene e del male nasce da un innato senso (detto appunto s. m. o anche gusto morale) come capacità quasi istintiva di valutazione morale: è questo s. m. che costituisce una regola infallibile per l’uomo e che comanda ciò che si deve fare e non fare (virtù e vizio). La dottrina del s. m. (assai vicino al senso o gusto del bello), svolta da Shaftesbury, fu ripresa da Hutcheson come fondamento della sua dottrina morale, ove il s. m. è assunto quale facoltà autonoma rispetto a ogni immediato riferimento edonistico: è per mezzo del s. m. che si prova piacere per le azioni buone altrui e nostre, senza alcun riferimento all’acquisizione di vantaggi ulteriori. La dottrina del s. m. è largamente diffusa nei moralisti inglesi del Settecento: in Butler, per es., e in Hume, il quale ritiene essenziale un senso particolare per produrre biasimo o apprezzamento morale, e per cogliere ciò che è utile alla felicità dei più.