SENSAZIONE
In generale, sensazione significa ogni modificazione di contenuto avvertito da una consapevolezza come prodotto da uno stimolo, interno o esterno, ma comunque indipendente dalla volontà del soggetto stesso di quella consapevolezza. Caratteristica della sensazione, a differenza di ogni altra forma conoscitiva, dall'immaginazione al pensiero, è con ciò la dipendenza da alcunché, che comunque appare come realisticamente dato, e che fornisce così alla sensazione stessa l'aspetto di prima e diretta fonte di conoscenza di tutto ciò che all'immediato mondo della consapevolezza soggettiva riesce superiore o estraneo. La sensazione risulta naturalmente distinta a seconda del singolo senso che la produce: ed è ciò appunto che si dice la "qualità" della sensazione, mentre la sua "quantità" è rappresentata dall'intensità corrispondente al grado dello stimolo che la provoca, e il "tono" dal carattere affettivo che essa presenta, cioè dal suo essere avvertita come piacevole o dolorosa.
L'interpretazione filosofica della natura della sensazione costituisce uno dei temi principali dell'intera storia della gnoseologia: si potrebbe anzi dire il tema principale, in quanto, per il carattere d'immediatezza realistica, e cioè di connessione con la realtà palesantesi estranea alla consapevolezza, che si è sopra ricordato come tipico della sensazione stessa, è soprattutto dall'interpretazione della sua natura che dipende la concezione del rapporto conoscitivo tra la conoscenza e la realtà. Il realismo gnoseologico dei Greci si manifesta infatti, anzitutto, in un'interpretazione schiettamente materialistica della sensazione, considerata semplice fenomeno fisico in cui l'organo corporeo di senso subisce passivamente l'influsso della realtà esterna. Così, p. es., Empedocle concepisce la sensazione come determinata dall'influsso di particelle costitutive della realtà, effluenti da essa, sulle particelle di simile natura esistenti nell'organismo umano (secondo la teoria gnoseologica primitiva onde il simile si conosce col simile); e Democrito, seguito poi da Epicuro e quindi da Lucrezio, pensa che dalle cose si distacchino aerei simulacri, che tramrsando lo spazio raggiungono gli organi di senso e comunicano loro l'aspetto delle cose da cui provengono. Un primo avvertimento del carattere di soggettività che distingue irriducibilmente il processo sensitivo da ogni altro fenomeno puramente fisico si ha con Protagora, e col concetto (attribuitogli, almeno, dalla dossografia più tarda, che però risente, con molta probabilità, del ripensamento platonico del protagorismo) della sensazione come sempre vera, perché volta per volta costituita da un'irripetibile sintesi di uno stato soggettivo del senziente con una condizione oggettiva del sentito. Ma l'instabilità che così appare costitutiva della conoscenza sensibile, fa sì che essa venga pienamente svalutata dalla gnoseologia di Platone, tutta orientata verso l'ideale eleatico per cui non c'è conoscenza vera se non dell'eterno e dell'immutabile, e perciò considerante come scienza vera solo quella delle eleatiche realtà intelligibili e come scienza apparente quelle delle eraclitee realtà sensibili. Aristotele, con la sua tendenza verso l'immanentismo e il realismo, rivaluta nuovamente nella sua gnoseologia la conoscenza dei sensi, che è poi quella che immediatamente attesta l'individua realtà sostanziale, per lui veramente costitutiva dell'universo: ma la sopravalutazione della conoscenza razionale, dianoetica e noetica, che in lui tuttavia permane, fa sì che anche per la sua teoria della conoscenza il sapere sensibile resti relegato in una sfera inferiore. E questa situazione si perpetua sostanzialmente in tutto il pensiero medievale e neoscolastico, la cui gnoseologia dipende o da Platone o da Aristotele. D'altra parte lo scetticismo, che aveva concluso idealmente la gnoseologia classica, aveva sentito nell'inevitabile elemento soggettivistico della sensazione, già rilevato dalla sofistica protagorea, solo la negazione della possibilità di raggiungere quell'oggettività che per tutto il pensiero antico era imprescindibile caratteristica del vero.
S'intende quindi come la gnoseologia moderna (esclusa naturalmente quella neoscolastica), che s'inizia capovolgendo la posizione dell'antico scetticismo e mostrando come la soggettività intrinseca al conoscere non sia soltanto principio di negazione della possibilità del sapere, ma anzi fondamento di un nuovo regno Conoscitivo, debba condurre a una rivalutazione della disprezzata Conoscenza sensibile. Vero è che per Cartesio, il quale di tale capovolgimento gnoseologico è l'autore più illustre, la conoscenza sensibile delle cose esterne resta ancora un confusus cogitandi modus rispetto alla chiarezza e alla distinzione delle innate nozioni razionali: e questa condanna della sensazione come conoscenza confusa si perpetua, attraverso Spinoza, ancora in Leibniz, che pure insiste sulla necessità di concepire anche la conoscenza razionale come sviluppo organico della oscura conoscenza sensibile. Ma l'ideale compagno di Cartesio, Campanella, affiancando, sia pure con diversità di valore, il sensus abditus, corrispondente al cogito cartesiano, al sensus additus attestante la realtà esterna, rivendica implicitamente il carattere sensibile di questa conoscenza che forma l'oggetto della nuova gnoseologia. E questa rivalutazione trionfa nell'empirismo inglese, dalla lockiana riduzione associazionistica di ogni conoscenza razionale alla fonte della conoscenza sensibile alla berkeleyana risoluzione di ogni essere della presunta realtà esterna nel suo esser percepito nella sensazione. Così il sentire, già considerato come appendice negativa e deformatrice della realtà, finisce per occupare totalmente il posto della realtà stessa. D'altronde per superare lo scetticismo di Hume, dissolutore di ogni sostanzialità tanto materiale quanto spirituale, la critica kantiana, rivendicante le facoltà trascendentali che la ragione mette in atto nella conoscenza, non può poi concepire quest'ultima se non come sintesi di categorie intellettuali e di materiale della sensazione, concretamente attuantesi nella stessa esperienza sensibile. L'idealismo del primo Ottocento, negando il presupposto kantiano della cosa in sé e quindi dell'immediato contenuto sensibile fornente la materia prima di ogni elaborazione conoscitiva, giunge in certo senso a una nuova svalutazione del sapere sensibile, considerato come semplice grado dialettico del processo che conduce all'assoluta conoscenza razionale. Ma l'idealismo moderno (e in genere tutta la gnoseologia contemporanea degna del nome, cioè non legata a presupposti di trascendenza ideale o materiale), superato il razionalismo oggettivo e quindi ancora relativamente arcaico dell'idealismo dell'Ottocento, tende in generale a una valutazione assoluta dell'immediata concretezza del sentire.