SENIADE (Ξενιάδης, Xeniădes) di Corinto
Pensatore greco, noto soltanto attraverso qualche accenno di Sesto Empirico. Risultando da tali accenni che le sue dottrine erano note a Democrito e che per certi aspetti si accostavano a motivi, più o meno eleatizzanti, dell'età sofistica, S. viene di solito considerato come un sofista di tendenza eleatizzante, vissuto nel sec. V a. C., o tra il V e il IV.
Il principale dei passi di Sesto Empirico relativi a S. è Adv. math., VII, 53 (ed è l'unico citato dal Diels nel capitolo dedicato a S. nei Fragmente der Vorsokratiker, II, 4ª ed., Berlino 1922, p. 235. Gli altri passi di Sesto sono: Adv. math., VII, 48; VIII, 5; Hypot. Pyrrh. II, 18: e cfr. anche ibid., II, 74, giusta il testo greco integrato in base alla versione latina, per cui, v. H. Mutschmann in Rheinisches Museum für Philologie, LXIV, 1909, p. 262). Secondo tale passo S. sostenne "che tutto è falso ed ogni rappresentazione e opinione è erronea, che tutto ciò che si genera si genera dal non ente e tutto ciò che perisce perisce nel non ente". Per Sesto, la posizione di S. è perciò "potenzialmente identica" a quella dello scetticismo senofaneo. Ma giacché Sesto, in generale, o fraintende o forza tutti i pensatori più antichi nell'intento di farne dei precursori dello scetticismo, e in questo stesso caso è quasi completamente una sua invenzione lo scetticismo senofaneo citato a confronto, così non è da attribuire alcun valore a tale suo ravvicinamento (la deformazione di Sesto è del resto evidente anche nella terminologia, per cui egli parla di Senofane e di S. come di negatori del "criterio della verità". Più fededegni, per la loro stessa incoerenza, sembrano invece i motivi dottrinali che egli riferisce. Che tutto sia falso, fallace essendo ogni ϕαντασία e ogni δόξα, potrebb'essere tanto un rovesciamento scettico del relativismo protagoreo quanto un riecheggiamento antiprotagoreo della svalutazione eleatica d'ogni conoscenza empirica (e che l'accusa di fallacia si riferisce propriamente al mondo della ϕαντασία, cioè a quello della δόξα eleatica, sembra risultare da tutti i passi di Sesto). Ma che sussista una genesi dal non ente e una dissoluzione nel non ente, è tesi diametralmente opposta a quella dell'eleatismo, tanto parmenideo quanto melissiano: e anzi tale che secondo ogni verosimiglianza non può spiegarsi se non come negazione polemica della concezione eleatica. Giacché, d'altronde, non solo la negazione dell'antitesi eleatica essere-non essere nella sua arcaicità indifferenziata ma anche la svalutazione (almeno relativa) della conoscenza sensibile compare in Democrito, e di quest'ultimo Sesto dice che menzionò S., così può darsi che la posizione di S. abbia precorso, almeno per taluni aspetti negativi, quella democritea.