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SENESCENZA e SENILITÀ

di Giuseppe Levi - Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)
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SENESCENZA e SENILITÀ (XXXI, p. 378)

Giuseppe Levi

Il fenomeno della senescenza viene prospettato in modo differente dai medici e dai biologi. I primi, riferendosi in modo esclusivo ai processi morbosi che intervengono nella specie umana a tarda età, ricercano le "cause" della senescenza in turbe funzionali dell'apparato nervoso, dell'apparato vascolare, degli organi endocrini, ecc. Il biologo considera invece la senescenza come un processo comune a tutti gli organismi pluricellulari, Metazoi e Metafiti, processo intimamente collegato all'accrescimento: nesso che era stato intuito già dai grandi naturalisti dell'antichità e che fu precisato specialmente per merito di Ch. S. Minot. Conviene dunque scindere lo studio del processo di senescenza fisiologica, comune a qualsiasi organismo pluricellulare, dall'analisi dei processi morbosi che sono stati osservati nell'uomo ed in alcuni animali domestici e che erroneamente furono ritenuti come caratteristici dell'età avanzata. Quali relazioni esistano tra senescenza e processi patologici è incerto.

S. Hirsch prospetta la questione nei termini seguenti: è opinione diffusa, ma non è per nulla dimostrato che nella senilità la resistenza dell'organismo ad azioni dannose esteriori sia molto diminuita. Sembra d'altra parte che i vecchi siano particolarmente disposti ad alcuni processi patologici, poiché questi si riscontrano quasi esclusivamente nel periodo di involuzione senile (ad es. l'arterosclerosi). Inoltre sappiamo che l'estensione della malattia spesso dipende dallo stato di senescenza dei tessuti e degli organi (malattie della vecchiaia in senso stretto).

Mentre dunque i dati di fatto positivi sulla senescenza patologica furono incerti e confusi, sul processo di senescenza fisiologica furono acquisite, negli ultimi trent'anni, nozioni importanti e sicure le quali gettano qualche luce sulla natura del processo. Si presenta anzitutto la questione del limite tra accrescimento e senescenza; si ritenne che la senescenza incominci al termine dell'accrescimento corporeo. Però in molti animali (Cefalopodi, Pesci, Rettili) l'accrescimento continua, per quanto molto rallentato, sino alla morte. E non è neppure possibile di considerare come inizio della senescenza il momento in cui la velocità di accrescimento dell'organismo incomincia a declinare; perché, dato che la velocità d'accrescimento in tutti gli organismi è massima nei più precoci periodi dello sviluppo, per decrescere a poco a poco in modo progressivo, quanto più inoltrato è il processo (forma a parabola della curva di accrescimento; v. accrescimento, in questa App.), si perverrebbe alla conclusione, che può apparire paradossale, che l'organismo incomincia ad invecchiare poco dopo la fecondazione dell'uovo. In realtà non è possibile di segnare un limite tra accrescimento e senescenza, i due processi si continuano per gradi insensibili. Seguendo le trasformazioni che si producono nei varî organi e tessuti (cartilagineo, osseo) durante i periodi fetale e postnatale, durante il cosiddetto periodo di stato (nel quale l'aumento di massa si è arrestato) e in quello senile, risulta che tali trasformazioni costituiscono una serie continua, senza limiti tra i varî periodi. La senescenza rappresenta l'ultima tappa del ciclo vitale degli organismi pluricellulari, ciclo il quale s'inizia con la fecondazione dell'uovo e termina con la morte. E per questa stessa ragione il voler rintracciare, come molti hanno tentato di fare, le cause della senescenza, è un errore di principio; "il processo è inerente alle proprietà biologiche essenziali degli organismi, delle quali è opera vana di ricercare le cause. Queste s'identificano colle ragioni profonde del ciclo vitale degli esseri viventi, estranee al dominio della scienza positiva" (G. Levi).

Il problema della senescenza fisiologica è dunque strettamente integrato con quello dell'aumento di massa della sostanza vivente, il quale è una delle prerogative più essenziali di essa; la sua espressione strutturale consiste in prevalenza in una moltiplicazione delle sue cellule. L'accrescimento declina a poco a poco, come si è detto, perché l'intervallo che intercede tra una divisione cellulare e la successiva va diventando sempre più lungo, mentre la durata del processo di divisione è presso a poco costante, e perché un numero sempre crescente di cellule si differenzia (v. istologia, XIX, p. 670). Nelle cellule del cuore del germe di pollo, ad es., l'intervallo tra una divisione cellulare e la successiva (periodo intercenetico) è di 20 ore al 2° giorno d'incubazione, è di 15 giorni qualche tempo dopo che il pulcino è schiuso dall'uovo (O. Olivo e E. Slavich).

Quando la moltiplicazione della cellula si arresta, questa si differenzia, vale a dire acquista i caratteri strutturali proprî della funzione specifica; ma poiché, per l'arresto della divisione cellulare, è venuto a mancare il ringiovanimento del suo protoplasma, la cellula può sopravvivere per un periodo di tempo più o meno lungo, a seconda dei casi, senza andare soggetta sempre a mutamenti microscopicamente apprezzabili, ma è inevitabilmente votata alla morte; i mutamenti più sensibili si producono nelle cellule che esplicano una maggiore somma di lavoro e soltanto ad età inoltrata.

Si è cercato di rintracciare se il decadimento delle proprietà biologiche delle cellule, dipendente dall'arresto della moltiplicazione, è connesso a mutamenti d'ordine fisico-chimico nei colloidi protoplasmatici. Un solo fatto è certo: che l'acqua dei tessuti diminuisce quanto più inoltrato è l'accrescimento; nel feto umano al 30 mese di vita intrauterina la percentuale d'acqua è del 94%, discende al 76,6% nell'adulto. Si è voluto vedere un nesso tra la disimbibizione dei tessuti e un processo d'invecchiamento o isteresi, da tempo noto per le soluzioni colloidali; l'isteresi dipenderebbe da perdita della carica elettrica e sarebbe a sua volta la causa della disidratazione (v. colloidi, X, p. 761 e in questa App.).

Ma il protoplasma cellulare è inevitabilmente votato alla morte, perché esso per le sue proprietà intrinseche è caduco, come ritennero I. Canstatt e Johannes Müller? oppure esistono negli organismi pluricellulari condizioni estranee alle proprietà delle cellule, le quali, coll'inibire la moltiplicazione e perciò il ringiovanimento del protoplasma, determinano la senescenza e la morte. La risposta inequivocabile fu data dai risultati delle ricerche sulle colonie di cellule coltivate in vitro (v. tessuto: Biologia, XXXIII, p. 703).

A. Carrel ha dimostrato che cellule di tessuti dell'organismo, se separate dalla comunità di cui facevano parte ed allevate in condizioni adatte in vitro, possono riprodursi all'infinito con ritmo costante; in tal caso non si verifica quel rallentamento e l'arresto nella velocità di accrescimento come nelle cellule dei tessuti nell'organismo. Le colonie di cellule coltivate in vitro, sono adunque, come le colonie di Protozoi, potenzialmente immortali. Nei tessuti dell'organismo debbono esistere condizioni particolari, per cui è inibita la moltiplicazione delle cellule e perciò il ringiovanimento del protoplasma; è per questo che l'organismo muore e non per decadimento delle proprietà del protoplasma delle sue cellule. A. Carrel ha studiato la velocità d'accrescimento di colonie di cellule in presenza di siero di sangue, proveniente da animali di varia età, ed ha dimostrato che tale velocità è inversamente proporzionale all'età dell'animale dal quale fu prelevato il sangue. Si deduce da queste esperienze che nel sangue circolante debbono essere riversate di continuo sostanze proteiche e lipidiche, inibitrici dell'accrescimento cellulare, e che la quantità di tali sostanze è tanto più grande quanto più avanzata è l'età dell'animale. Sembra però probabile che nell'organismo esistano anche altri fattori (forse le relazioni materiali reciproche tra gli elementi dei varî tessuti), diversi da quelli esistenti nelle colonie di cellule, i quali hanno un'azione inibitrice sull'accrescimento e finiscono col determinarne l'arresto ed in definitiva la senescenza e la morte, le quali ne sono la diretta conseguenza.

Bibl.: P. Bastai e G. C. Dogliotti, Fisiopatologia e patologia generale della vecchiaia, 43° Congr. di Med. int., Roma 1937; A. Carrel, Pure culture of cells, in Journ. exp. Med., 1912; id., Les cultures pures de cellules en physiologie, in Comptes rendus Soc. Biol., 89, Parigi 1923, p. 1017; id. e A. H. Ebeling, The multiplication of fibroblasts in vitro, in Journ. exp. Med., 1921, p. 317; id. id., Age and multiplication of fibroblasts, ibid., 1921, p. 599; E. Fauré-Fremiet, La cinétique du développement, Parigi 1925; G. Levi, Wachstum und Körpergnosse, in Ergebn. Anat. u. Entwickel., 1925, id., Explantation. Besonders die Struktur, ecc., ibid., 1934, pp. 125-707; id., Accrescimento e Senescenza, Firenze 1946; id., A. Pepere e G. Viale, Fisiopatologia della vecchiaia, Milano 1933.

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