• Istituto
    • Chi Siamo
    • La nostra storia
  • Magazine
    • Agenda
    • Atlante
    • Il Faro
    • Il Chiasmo
    • Diritto
    • Il Tascabile
    • Le Parole Valgono
    • Lingua italiana
    • WebTv
  • Catalogo
    • Le Opere
    • Bottega Treccani
    • Gli Ebook
    • Le Nostre Sedi
  • Scuola e Formazione
    • Portale Treccani Scuola
    • Formazione Digitale
    • Formazione Master
    • Scuola del Tascabile
  • Libri
    • Vai al portale
  • Arte
    • Vai al portale
  • Treccani Cultura
    • Chi Siamo
    • Come Aderire
    • Progetti
    • Iniziative Cultura
    • Eventi Sala Igea
  • ACQUISTA SU EMPORIUM
    • Arte
    • Cartoleria
    • Design & Alto Artigianato
    • Editoria
    • Idee
    • Marchi e Selezioni
  • Accedi
    • Modifica Profilo
    • Treccani X

Senato

di Manlio Pastore Stocchi - Enciclopedia Dantesca (1970)
  • Condividi

Senato

Manlio Pastore Stocchi

Principale e caratteristica istituzione dell'antica Roma; se ne attribuiva la creazione a Romolo, che l'avrebbe formato di cento membri anziani (senes) di censo patrizio (patres), quale consiglio del rex.

In età repubblicana il S., aprendosi via via anche ai plebei (conscripti), aumentò il numero dei componenti ed estese la propria autorità fino a diventare il supremo organo di governo; ma fu irrimediabilmente scosso nel suo prestigio nel corso dei conflitti civili del primo secolo, quando la crisi delle istituzioni e il drammatico affermarsi al potere effettivo di personalità di eccezionale rilievo (cui a tratti il S. tentò di opporsi con generosi ma sfortunati sussulti di dignità) tolsero potere e spazio di azione all'antico consesso. La riforma augustea, mirante a ridare decoro morale all'ordo senatorius, non ne ristabilì tuttavia le antiche prerogative, ché anzi nell'età imperiale il S. venne riducendosi a organismo consultivo marginale esautorato dalla burocrazia di palazzo e talvolta compromesso in impotenti conati di reazione all'inarrestabile evoluzione costituzionale verso il dominatus assoluto. L'appartenenza al S., divenuta da tempo, in pratica, un diritto ereditario, caratterizzò allora il ceto aristocratico e conservatore, cui peraltro non venne mai meno un alto prestigio culturale e morale e che nel crepuscolo dell'Impero e nell'affermarsi del cristianesimo rimase lungamente il custode dell'antica tradizione pagana e del mito della grande Roma.

Ma quali che siano state le vicende costituzionali del S., qui occorre soprattutto ricordare che D. poté documentarsi sull'azione di quest'istituto principalmente attraverso le Deche I e III di Tito Livio e le tarde compilazioni che ne derivarono: vale a dire che egli conobbe il S. nel periodo più glorioso della sua autorità, quando il coraggio e la saggezza dei suoi provvedimenti - che Livio celebra con epico respiro - decisero le sorti di Roma. Può stupire quindi che nella sua ricostruzione-interpretazione della storia romana (incentrata, specie nel libro II della Monarchia, sull'età repubblicana in cui Roma più spesso periclitò e risollevandosi diede testimonianza del favore divino) D., piuttosto che nel S., veda nei singoli personaggi della tradizione storica gli strumenti provvidenziali del progresso dell'Impero, e del S. non faccia ricordo tra i ‛ baiuli ' dell'aquila nel VI del Paradiso. In realtà, per D. il S. si configura come collegium, cioè come una di quelle istituzioni quibus homines ad rem publicam quodammodo religati esse videntur (Mn II V 7): in altre parole come " il migliore e indispensabile tratto d'unione tra la molteplicità dei cittadini e l'unità del governante " (Vinay), con un'interpretazione della costituzione romana secondo gli schemi della dottrina politica aristotelica.

Nel quadro di un esame dedicato ai de intentione populi romani signa indubitabilia tam in collegiis quam in singularibus personis (Mn II V 6) la trattazione dei collegia si limita ad addurre un'auctoritas dal De Officiis ciceroniano (II VIII) ov'è detto fra l'altro che " regum, populorum et nationum portus erat et refugium senatus ", senza aggiungere alcun commento e passando subito a un'ampia rassegna delle personae; dal che appare come a queste ultime, in definitiva, D. attribuisca la responsabilità, il significato e l'esemplarità dell'azione concreta. Le altre menzioni del S. nell'opera dantesca sono abbastanza incidentali.

In Cv IV XXVII 10, a proposito delle virtù proprie alla vecchiaia, si nota che lo collegio de li rettori fu detto Senato perché composto di vecchi, ai quali specialmente appartiene la virtù della giustizia (per questa osservazione, cfr. Cicerone Senect. VI 19 " Quae [scil. consilium, ratio, sententia] nisi essent in senibus, non summum consilium maiores nostri appellassent senatum "). In Mn II XI 6 si nega che Erode fosse vicem Tiberii gerens sub signo aquilae vel sub signo senatus: dov'è poco probabile che D. alluda " alla distinzione delle province in imperiali (" sub signo aquilae ") e senatorie (" sub signo senatus ") " (Vinay), giacché tale distinzione sembrerebbe presupporre da parte di D. la conoscenza di fonti antiche che con tutta verosimiglianza gli rimasero invece ignote, onde, come lo stesso Vinay suggerisce in alternativa, si dovrà piuttosto pensare a un'allusione generica " alle due supreme fonti d'autorità nella tradizione romana: il senato e l'imperatore ".

Una menzione del S. è anche in Mn II V 12, mentre Senatoribus almae Urbis, unitamente a tutti gli altri governanti d'Italia, è diretta l'epistola v. Il S. romano dei tempi di D. e precisamente dopo la costituzione di Niccolò III del 1378 era formato da uno o due membri appartenenti al ceto dirigente romano, di diretta nomina papale, ma divenne ben presto prerogativa delle grandi famiglie cardinalizie che in tal modo si contesero la signoria della città. Si noti infine l'espressione di Ep VI 11 Senatus aeternus, " corte celeste ".

Vedi anche
patrizio Nell’antica Roma, denominazione («figlio di padre libero; nobile») dei membri delle famiglie dei patres (appartenenti all’antica classe dominante), i cui capi sedevano nel Senato. Le gentes patrizie sono, secondo alcuni, antiche organizzazioni di natura politica, anteriori alla civitas; i patrizio sarebbero ... plebe Parte del popolo di Roma antica che non godeva di tutti i diritti cittadini di cui era investito il patriziato. ● La divisione della cittadinanza in patrizi e plebei traeva origine, secondo gli antichi, dall’opera del legislatore, attribuendosi a Romolo la creazione di cento senatori, patres (➔ patrizio). ... Provincia Diritto La provincia è l’ente territoriale intermedio tra Comune e Regione. Ai sensi dell’art. 114 Cost. le Province - così come i Comuni, le Città metropolitane e le Regioni – sono “enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione”(co. 2). A seguito della ... censo Il catasto e anche il complesso dei beni posseduti, il patrimonio individuale o familiare sottoponibile a imposta. A partire dalla fine del 18° sec. si parla di voto censitario (o democrazia censitaria) nel caso in cui i diritti politici sono riconosciuti soltanto ai proprietari di un determinato censo.  ● ...
Tag
  • CRISTIANESIMO
  • STORIA ROMANA
  • ANTICA ROMA
  • CICERONIANO
  • TITO LIVIO
Altri risultati per Senato
  • senato
    Dizionario di Storia (2011)
    (dal lat. senatus, der. di senex «vecchio, anziano») Nella Roma antica, nome del supremo consiglio dello Stato, costituito, almeno in origine, da persone anziane. Il nome è attribuito, per analogia, anche ad altri consessi di anziani del mondo antico, con funzioni affini. Nel Medioevo fu nome di varie ...
  • SENATO
    Enciclopedia Italiana (1936)
    Plinio FRACCARO Pier Silverio LEICHT Francesco ROVELLI . Il Senato Romano. - I tre elementi originarî dello stato romano sono il re, il consiglio degli anziani (senatus) e l'assemblea popolare. Perciò la tradizione fa istituire da Romolo un senato di 100 membri (Liv., I, 8), numero per il quale ...
Vocabolario
senato
senato (ant. sanato) s. m. [dal lat. senatus -us, der. di senex «vecchio, anziano», propr. «consiglio, assemblea degli anziani»]. – 1. a. In Roma antica, il supremo consiglio dello stato, principale responsabile della sua politica estera...
sènio
senio sènio s. m. [dal lat. senium, der. di senex «vecchio»], letter. ant. – Tarda vecchiaia, decrepitezza: la terza [etade] si chiama Senettute; la quarta si chiama Senio (Dante).
  • Istituto
    • Chi Siamo
    • La nostra storia
  • Magazine
    • Agenda
    • Atlante
    • Il Faro
    • Il Chiasmo
    • Diritto
    • Il Tascabile
    • Le Parole Valgono
    • Lingua italiana
    • WebTv
  • Catalogo
    • Le Opere
    • Bottega Treccani
    • Gli Ebook
    • Le Nostre Sedi
  • Scuola e Formazione
    • Portale Treccani Scuola
    • Formazione Digitale
    • Formazione Master
    • Scuola del Tascabile
  • Libri
    • Vai al portale
  • Arte
    • Vai al portale
  • Treccani Cultura
    • Chi Siamo
    • Come Aderire
    • Progetti
    • Iniziative Cultura
    • Eventi Sala Igea
  • ACQUISTA SU EMPORIUM
    • Arte
    • Cartoleria
    • Design & Alto Artigianato
    • Editoria
    • Idee
    • Marchi e Selezioni
  • Accedi
    • Modifica Profilo
    • Treccani X
  • Ricerca
    • Enciclopedia
    • Vocabolario
    • Sinonimi
    • Biografico
    • Indice Alfabetico

Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani S.p.A. © Tutti i diritti riservati

Partita Iva 00892411000

  • facebook
  • twitter
  • youtube
  • instagram
  • Contatti
  • Redazione
  • Termini e Condizioni generali
  • Condizioni di utilizzo dei Servizi
  • Informazioni sui Cookie
  • Trattamento dei dati personali