BENELLI, Sem
Poeta drammatico nato a Prato nel 1875, vissuto a Firenze fino al 1906, poi a Milano e a Zoagli. I due primi lavori, La Terra e la Gaia Scienza, di argomento moderno, non lasciarono traccia, come un Ferdinando Lassalle; ma con La Maschera di Bruto, il B. assurse d'un tratto a una larga notorietà che più tardi con la Cena delle Beffe si estese in ogni parte del mondo. Nella Maschera di Bruto la tragedia di Lorenzino e Alessandro dei Medici ha una rappresentazione originale e fastosa, con pregi di teatralità di immediata efficacia uniti a quelli più rari di una forma eloquente ed elegante. Le medesime qualità, affinate e rafforzate da un'ispirazione più vivace, si ritrovano nella Cena delle beffe. La coincidenza degli accenti tonici, ritmici e drammatici nel dialogo verseggiato vi ha dato all'espressione verbale una sveltezza singolare, permettendole di fondersi in completo accordo con l'espressione drammatica: fusione che anche nei drammi successivi si ripete, ma con meno perfetta esecuzione. Più ancora che per la forma, i drammi del B. si distinguono tuttavia per il loro contenuto drammatico. Un motivo tipico vi ritorna quasi sempre: il debole astuto e intelligente che oppone la sua scaltrezza al forte ottuso e prepotente: Lorenzino e Giannetto; intorno ai quali il dramma si annoda in stretti viluppi e in tortuose ambagi, che solo il gesto tragico d'una ribellione disperata o di una vindice giustizia può spezzare. E quasi sempre il dramma si svolge sopra lo sfondo di un quadro storico del Medioevo o del Rinascimento italiano, illuminato dall'acceso contrasto fra la intellettuale civiltà latina e la rozza e pesante barbarie degl'invasori. Nell'Amore dei Tre Re (1910), il contrasto ha espressioni vigorose più liriche che drammatiche; nella Rosmunda (1911) raggiunge il suo migliore equilibrio; meno chiaro si riaffaccia nella Gorgona (1913) che ha vaghe risonanze mistiche; e in tonalità più fredda ricompare nelle Nozze dei Centauri (1918), malgrado vi si esalti il potere benefico dell'Italia sui suoi stessi oppressori. Una posizione a sé ha una commedia dì satira letteraria, un po' farraginosa, il Mantellaccio (1911), che si riconnette invece a una precedente, riuscita, garbata commedia, Tignola, nella quale campeggia una figura viva di umile libraio travolto dalla tentazione della vita reale intensa di passione. Tutta questa sua produzione appartiene, per forma, per spirito e per data, all'anteguerra. Dopo la guerra il B., già combattente valoroso e oratore militare di nobile efficacia, deputato, nel 1921, al parlamento, è andato cercando ansiosamente, nel tumulto delle passioni sconvolte dal grande conflitto, un suo nuovo orientamento spirituale. Ma fu ricerca più audace che artisticamente fortunata. Se si eccettui un residuo di ispirazione d'altri tempi nel bizzarro dramma L'Arzigogolo (1922), negli altri drammi: Ali (1920), L'amorosa Tragedia (1925), Con le stelle (1927), a cui s'accompagna il poemetto La sagra della Santa Primavera (1923), l'interna struttura della composizione è spesso soverchiata dalla amplificatrice ridondanza oratoria del paludamento verbale; condotta con mano più leggiera è invece la gustosa commedia Il vezzo di perle (1926). Recentemente il B. diresse una sua compagnia drammatica mostrando di ispirarsi a elevati intendimenti d'arte. Con il Peer Gynt di Ibsen iniziò la sua laboriosa impresa; e alla sua stessa compagnia affidò poi un suo ultimo poema drammatico Orfeo e Proserpina (1929), nel quale la tenace aspirazione del Benelli verso una poesia di significato filosofico ha trovato la sua più degna espressione: malgrado talune persistenti gravezze verbali, l'opera è anche ricca di elementi teatrali.
Bibl.: L. Tonelli, L'evoluzione del teatro contemporaneo in Italia, Palermo 1913; F. Palazzi, S. Benelli, Ancona 1913; C. Lari, S. Benelli, il suo teatro, la sua compagnia, Milano 1928.