LAGERLÖF, Selma
Scrittrice svedese, nata a Mårbacka nel Värmland il 20 novembre 1858: fu per dieci anni, fino al 1895, maestra elementare a Landsdrona; nel 1909 ricevette il premio Nobel; dal 1910 vive di nuovo a Mårbacka, nella vecchia casa paterna, le cui vicende evocò con tanto insistente amore nella sua opera. Poetessa e narratrice d'istinto, trovò alla propria ispirazione romantica e sognante il clima adatto nel culto delle tradizioni e della leggenda, che in Svezia la letteratura del '90 con la sua "religione della bellezza" oppose al naturalismo trionfante del decennio precedente. E da tale clima, più che dal pur innegabile studio di Tegner, di L. J. Runeberg o di Carlyle, scaturisce la poesia appassionata e immaginosa della Gösta Berling's saga (La saga di Gösta Berling, voll. 2, 1891).
Erano leggende della sua regione, che avevano incantato la sua fantasia durante gli anni della solitaria infanzia; e ogni tentativo di rinarrarla in verso nei modi proprî di altri poeti le era prima fallito: invece con largo e immediato getto l'opera prese consistenza e forma quando "la poesia le divenne abbandono all'impulso del cuore, ebbrezza di vita e spontaneità di canto". In una prosa poetica liricamente calda e piena di colore, tutte le varie leggende si coordinarono e fusero, animate e mosse da un grande sentimento solo: quello dell'eterno inesauribile miracolo che l'uomo porta in sé nel proprio cuore. Amori, danze, avventure: dolci peccati e gesta ideali compiute in omaggio a un sentimento di gentilezza o per uno slancio di passione. Gösta Berling ne è l'incarnazione più geniale; ma tutti gli altri cavalieri sono come lui; non sono "disseccate pergamene", non "bene allacciate borse di denaro"; sono dei folli, ma "folli di bella follia". La vita è triste, grave, grigia: ed essi "spargono polvere d'oro sopra il suo grigiore".
La poesia della L., dappertutto dov'è più schietta e pura, è sempre una visione del mondo della realtà in luce di leggenda.
Tale è in Jerusalem (voll. 2, 1901-02): pittoresco racconto dell'avventura della popolazione del villaggio di Nås in Dalecarlia, la quale, spinta da una collettiva esaltazione religiosa, decise di emigrare in Terrasanta: rappresentazione d'un realismo quasi fiammingo; dove, in umili piccole vicende di piccola umile gente, la vita, per l'incalzare delle passioni, trova imprevedute veemenze e profondità di sviluppi e contrasti e drammi, e, in semplicità di idillio, un'intima e delicata e sempre rinnovantesi luce di poesia. Così in En Herregårdsägen (La leggenda di un vecchio maniero, 1899) la figura di Gunnar Hede pazzo, errante per le vie del mondo con il suo sacco sulle spalle e dentro il sacco il suo violino, si stacca contro lo sfondo idillico della sua casa come una figura di tristezza indimenticabile; così, in Liliencronas hem (La casa di Liliecrona, 1911) la piccola, delicata, soave creatura, che nella vasta casa taciturna, accanto alla matrigna arcigna e ostile, soffre in silenzio senza essere turbata nella sua interna gentilezza, e non sapreste dire se sia più una gentile fanciulla perseguitata o una "piccola dea domestica" scesa in terra a miracol mostrare, in dimesso aspetto di piccola massaia. In Körkarlen (Il carrettiere della morte, 1911) e, più ancora, in Kejsarn av Portugallien (1914), su sfondi di vita popolare si disegnano vicende di tragica umanità e grottesca commovente poesia. È (v. anche i più brevi racconti delle raccolte: Osynliga länkar, I legami invisibili, 1894; Drottningar i Kungahälla, Le regine e Kungahälla - di soggetto nordico -, 1899; En Saga om en saga och andra sagor, Una saga intorno a una saga e altre saghe, 1908; Herr Arnes pengar, Il denaro del signor Arne, 1904, da cui G. Hauptmann trasse la sua Winterballade) come se la fantasia della L. sia continuamente attenta a trarre dal cuore delle sue creature un motivo di fiaba e di miracolo. E anche l'impressione dominante che produce la Nils Holgerssons underbara resa (Il viaggio meraviglioso di Nils Holgersson, voll. 2, 1906-07) è, al disopra della visione varia delle terre di Svezia, una sensazione continua di volo: il libro intero ha il suo culmine lirico e narrativo nella vertiginosa danza delle gru nei nordici cieli alti e pallidi, quando "tutto ciò che ha vita prova entro di sé quella nostalgia dell'irraggiungibile che è lo slancio perenne dell'anima umana".
Già nella conclusione di Gösta Berling è facile avvertire nella L., accanto a questa inclinazione lirica e romantica, una tendenza educativa, moralizzatrice, e si comprende come con gli anni questa sia diventata sempre più forte fino a prendere il sopravvento.
Tale tendenza moralizzatrice si accentua dalla prima alla terza rinnovata edizione di Osynliga länkar (1894-1904) ed è sensibile in alcune delle graziose Christuslegender (Leggende di Cristo, 1914) e in Troll och människor (Troldi e uomini, 1915-1921). All'analisi di vita popolare in un villaggio di Sicilia s'ispira il romanzo Antikrists mirakler (I miracoli dell'Anticristo, 1897) dove dall'opposizione fra socialismo e cattolicismo è fatta scaturire la spiritualità di un'ottimistica fede nell'uomo e nella vita. Esasperata reazione della stessa fede contro l'avvenimento della guerra fu ancora, vent'anni dopo, il romanzo Bannlyst (Il maledetto, 1918). Ma ogni poesia nasce da amore del poeta per il mondo che egli crea; e invece nello spirito della L. la realtà s'impone soltanto come risultato razionale dell'esperienza, come espressione di raggiunta saggezza: e la saggezza non è sempre la stessa cosa che la poesia. Così anche gli ultimi racconti, con cui la L. ritornò al suo Värmland, l'autobiografico Mårbacka (1922) e la trilogia Löwensköldska ringen (L'anello dei Löwensköld, 1925), Charlotte Lowensköld (1925), Anna Svärd (1928), sono bensì testimonianza di un'immaginazione ancor sempre viva e colorita; ma, nella loro alquanto grigia tonalità realistica, fanno desiderare invano il lirico slancio, che della poesia della L. è la diretta scaturigine e il massimo fascino.
Opere: Un'ediz. completa ancora manca: l'ultima più vasta raccolta è Samlade berättelser, voll. 10, Stoccolma 1909-10
Bibl.: G. Brandes, in Samlede Skrifter, III; O. Levertin, in Svenska Gestalter, Stoccolma 1903; F. Böök, in Stridgmän och sångare, Stoccolma 1910; M. Jepsen, S. L., Copenaghen 1913; M. Kristensen, S. L., Copenaghen 1913; C. D. Marcus, in Nordiska Essayer, Helsingfors 19213; G. Gabetti, in Letterature scandinave, Padova 1926; W. A. Berendsohn, S. L., Lipsia 1927.