Vedi SELINUNTE dell'anno: 1966 - 1973 - 1997
SELINUNTE (v. vol. vii, pp. 175-188)
Gli ultimi studî, connessi in gran parte con gli scavi effettuati in Sicilia dalla fine della guerra, ed in particolare con quelli di Megara (v.) ad opera di G. Vallet e F. Villard, hanno riproposto il problema della fondazione di S. facendo preferire alla maggior parte degli studiosi la datazione alta di Diodoro (xiii, 59, 8) piuttosto che quella bassa di Tucidide (vi, 4, 2): 651-5o invece di 628-27. Questa datazione, tra l'altro, si accorda meglio con i resti archeologici.
Scavi recenti nelle necropoli e sull'acropoli hanno permesso di chiarire varie questioni. Nelle necropoli gli scavi sono stati effettuati sia ad O che ad E del Selino-Modione ed hanno portato alla scoperta di nuovi agglomerati di tombe, finora ignote, specialmente ad E del Modione dove è stata scoperta una nuova necropoli, detta di Buffa, con varie centinaia di tombe, sia ad incinerazione che a cremazione, databili dalla fine del VII sec. a. C. agli inizî del W. Moltissime altre tombe sono state rinvenute ad O del Modione nella località già nota di Manicalunga-Timpone Nero databili all'incirca alla stessa età delle altre. Qui, inoltre, sono state rinvenute alcune tombe tagliate nella roccia, a fornetto, preistoriche, riutilizzate in età classica. In una di esse, nel centro, si è trovata inserita la tomba greca a tegole piane e, intorno, resti di varie deposizioni preistoriche, ossia ossa e ceramica. Di questa, qualche frammento può essere appartenuto ad un vaso campaniforme. Nell'insieme le tombe preistoriche di S. apparterrebbero ad una fase finale del rame ed iniziale del primo Bronzo siciliano. L'esistenza di questi resti preistorici, la contemporaneità delle necropoli ad O e ad E del Modione, la straordinaria distanza delle prime dalla città di S., la differenza profonda tra i monumenti del santuario della Malophòros pur esso ad O del Modione, e quelli, contemporanei, dell'acropoli, sono i motivi principali per i quali è stata formulata l'ipotesi che ad O del Modione debba trovarsi un centro abitato indigeno, poi ellenizzato; ancora ignoto. Sempre ad O del Modione, intanto, è accertata l'esistenza di fattorie di epoca classica, con piccola necropoli corrispondente.
Gli scavi recenti sull'acropoli hanno messo chiaramente in luce, principalmente, la facies punica di Selinunte. Dalla tradizione storica sapevamo bene (Diod., xv, 17) che dopo il 409 a. C., dopo lo sfortunato tentativo di Ermocrate di riportare S. nell'orbita siracusana, dopo qualche altra alterna vicenda, S. era passata sotto il dominio politico cartaginese, sotto il quale visse fino a quando, alla metà del III sec. a. C., non fu presa e distrutta dai Romani. Del periodo cartaginese di S. conoscevamo finora pochi resti archeologici, oggi invece ne abbiamo già abbastanza: un'area sacra destinata a sacrifici di rito punico rinvenuta a destra dei Templi O ed A; due simboli di Tanit sono stati rinvenuti in pavimenti di case riferibili all'epoca di cui trattiamo: i pavimenti sono di cocciopesto e i segni sono costituiti da tessere bianche, da mosaico.
Gli scavi hanno fornito l'occasione, ed anche nuovi elementi, per ulteriori considerazioni sulla sistemazione urbanistica dell'acropoli quale oggi la vediamo. Il materiale archeologico rinvenuto a livello delle strade, ed ovvie considerazioni di carattere storico, inducono a datare al IV sec. a. C. l'attuale sistemazione urbanistica dell'acropoli; non si esclude che qualcuna delle strade utilizzate nel IV sec. sia esistita anche prima, come del resto gli scavi hanno dimostrato e com'è ovvio data l'esistenza di tanti edifici sull'acropoli. Questo, però, non autorizza affatto a dire che la "sistemazione urbanistica" dell'acropoli che oggi vediamo rimonti ad epoca anteriore al IV sec. a. C.
Nel quadro della S. punica si vedono ora e si comprendono meglio alcuni monumenti selinuntini già noti in passato: è questo il caso delle stele gemine provenienti dal santuario della Malophòros, nelle quali si è visto ragionevolmente il prodotto di un artigianato di formazione prevalentem ente punica, databile anche all'epoca della S. punica.,
Altri scavi hanno permesso di isolare tutto il lato E delle mura, sia all'interno che all'esterno. Si è messo così in luce un lungo tratto di muraglia, le cui caratteristiche principali consistono nei varî rifacimenti, che presenta, in una cortina avanzata posta all'esterno a difesa della cinta principale, un sistema di torri connesse con le varie porte. Proprio in una delle torri, la più grande e la più meridionale, sono state scoperte (gennaio e marzo 1968) due metope arcaiche forse appartenenti allo stesso gruppo delle altre note come "metope" Salinas, pure esse rinvenute, a suo tempo, nella stessa cinta muraria ed egualmente reimpiegate da Ermocrate, ma all'estremità N. Una delle nuove metope raffigura Demetra e Kore che consegnano una spiga ad una terza figura femminile, forse la personificazione della terra o della Sicilia (è noto dalla tradizione, [Diod., v, 2] come il culto di Demetra fosse molto diffuso in Sicilia avendo questa dea fatto dono del grano all'isola), o addirittura la grande Madre Rhea. L'altra metopa rappresenta, in maniera assolutamente nuova, una quadriga con due figure sul carro: forse Hades e Persefone o Helios-Apollo e Selene-Artemide.
Recenti studi hanno permesso di attribuire le divinità ai varî templi di S. finora indicati con le lettere dell'alfabeto; l'attribuzione sarebbe la seguente: tempio G = Zeus, tempio E = Hera, tempio F = Atena, tempio C = Apollo, tempio A = Latona, tempio O = Artemide, tempio D = Afrodite; ulteriori studî hanno avanzato la ipotesi che il tempietto delle piccole metope arcaiche sia stato dedicato dai primi coloni megaresi alla triade delfica (una metopa raffigura appunto queste tre divinità, Apollo, Latona e Artemide) alla quale erano molto devoti, e particolarmente ad Apollo; in un secondo tempo avrebbero dedicato tre templi, uno ad ognuna delle tre divinità.
Bibl.: A. Di Vita, L'elemento punico a Selinunte nel IV e nel III sec. a. C., in Arch. Class., V, 1953, pp. 389 ss.; E. Gabrici, Studi archeologici selinuntini, in Mon. Ant. Lincei, XLIII, 1956, c. 205 ss.; V. Tusa, Su una particolare caratteristica delle più antiche costruzioni del "Tèmenos" della Malophoros in Selinunte, ibid., c. 393 ss.; B. Pace, Arte e Civiltà della Sicilia Antica, I, Milano-Roma 1958, p. 568 ss., (ivi bibl. precedente); A. Tusa-Cutroni, Osservazioni sulla circolazione monetale a Selinunte nel IV-III sec. a. C., in Kòkalos, VII, 1961, pp. 150 ss.; V. Tusa, L'irradiazione della civiltà greca nella Sicilia Occidentale, ibid., VIII, 1962, pp. 153 ss.; J. Marconi Bovio, Sulla diffusione del bicchiere campaniforme in Sicilia, ibid., IX, 1963, pp. 93 ss.; A. Di Vita, Le stele puniche del recinto di Zeus Meilìchios a Selinunte, in Atti del Convegno di Studi Annibalici, Cortona 1964, pp. 235 ss.; V. Tusa, Testimonianze fenicio-puniche in Sicilia, in Kòkalos, X-XI, 1964-65, pp. 589 ss.; K. Kerényi, La divinità e i templi a Selinunte, ibid., XII, 1966, pp. 3 ss.; V. Tusa, Aree sacrificali a Selinunte e a Solunto, in Mozia II, Roma 1966, pp. 143 ss.; id., Le divinità e i templi di Selinunte, in Kòkalos, XIII, 1967, pp. 186 ss.; D. White, The post-classical cult of Malohoros at Selinus, in Am. Journ. Arch., 71, 1967, p. 335 ss.; A. M. Bisi, Anse di anfore con lettere puniche da Selinunte, in Oriens Antiquus, VI, 2, 1967, p. 245 ss.; V. Tusa, Due nuove metope arcaiche da Selinunte, in Arch. Class., XXI, 1969, p. 153 ss.