selezione naturale
Un gioco molto serio per la vita
Ogni specie animale si riproduce in quantità superiori a quanto necessario per mantenere costante il numero di individui della specie. Parte di questi individui, infatti, è destinata a soccombere a causa dei predatori, delle malattie o di una minore efficienza nello sfruttamento delle risorse offerte dall’ambiente. Questi fattori nel loro insieme determinano il destino degli individui e costituiscono la selezione naturale. Perché quest’ultima possa aver luogo è necessario che tra gli individui esista una elevata variabilità e che questa sia trasmissibile attraverso le generazioni. A stabilire il concetto di selezione naturale e il suo ruolo nell’evoluzione della vita sulla Terra è stato Charles Darwin nel 19°secolo
Se tutti i viventi che nascono sopravvivessero fino all’età riproduttiva in breve tempo il nostro pianeta diverrebbe un luogo invivibile, privo di risorse e di spazio per qualunque forma di vita. In realtà una parte della prole prodotta da due genitori non arriva mai all’età adulta, a causa del ‘prelievo’ operato dai predatori (predazione), dalle malattie, dalla competizione con altre specie o anche per effetto di crisi ambientali e di scarsità di risorse. Tutte le specie infatti sono in grado di generare una prole molto più numerosa di quanto necessario per mantenere stabile la popolazione di una specie.
Per esempio una sola coppia di scarafaggi può avere in 7 mesi 164 miliardi di discendenti e una coppia di topolini, che curano e allattano i propri piccoli fino allo svezzamento, può produrre mediamente sei figli sei volte nel giro di un anno. Chi o cosa decide chi di loro sopravviverà?
La risposta a questa domanda è fondamentale per capire il significato della selezione naturale.
Innanzitutto bisogna chiedersi quale sia mediamente il destino dei nuovi nati. La maggior parte degli animali o delle piante che nascono rappresenta cibo per altri organismi. È certamente questo il caso dei topi, di cui si nutrono una grande varietà di predatori, tra cui civette, gufi, serpenti, falchi, volpi, faine. Ma chi di loro verrà prelevato con più probabilità? Per un predatore sarà più facile avvistare e catturare un animale che si trova allo scoperto, ben visibile, o che si muove lentamente. Così le prime vittime saranno gli individui malati, malnutriti, con un pelo di colore contrastante col terreno, inetti nella fuga. Sopravviveranno più numerosi invece i topolini più veloci, ben mimetizzati, rapidi nel nascondersi dentro le tane.
La sopravvivenza differenziale di questi individui rappresenta proprio il prodotto della selezione naturale, la quale non è un’entità astratta, ma consiste nell’insieme di quei fattori – predatori, clima, presenza delle altre specie, risorse – che influenzano il destino di ciascun nuovo individuo rispetto ai suoi fratelli, cugini o lontani parenti.
Perché la selezione naturale possa aver luogo è necessario che gli individui siano diversi uno dall’altro. Questa è stata una delle grandi intuizioni del padre della teoria dell’evoluzione, Charles Darwin, nella prima metà dell’Ottocento. Mentre fino ad allora si pensava che gli individui appartenenti a una specie fossero tutti rispondenti a un ‘tipo’ standard, Darwin rivolse la sua attenzione a quanto in realtà le specie fossero variabili al loro interno e quanto questa variabilità fosse preziosa per permettere di volta in volta alla selezione naturale di operare, ‘scegliendo’ e ‘facendo sopravvivere’ le varianti meglio adattate a un ambiente in continuo mutamento.
È necessario che le caratteristiche che diversificano gli individui siano trasmissibili attraverso le generazioni, entrino cioè a far parte del patrimonio ereditario di una specie. Ciò vuol dire che se un topolino di bosco nasce con un pelo di colore più scuro, più mimetico e quindi più protettivo rispetto ai predatori, affinché i topolini scuri diventino più numerosi nel tempo è necessario che il colore del genitore sia ereditato dai suoi figli. Ma è vero che quando un fattore selettivo – per esempio i predatori – agisce costantemente sulla popolazione di una specie, i caratteri che servono a difendersi meglio da questa pressione tenderanno a diffondersi, e la frequenza degli individui in cui compare il carattere aumenterà costantemente nel tempo, fino a diventare prevalente nell’intera popolazione.
Questo cambiamento nella frequenza dei caratteri rappresenta il principale meccanismo di modificazione ed evoluzione delle specie.
Attenzione però: è importante che nelle popolazioni di una specie si mantenga sempre un certo grado di variabilità, incluse quelle varianti che sembrano non offrire lì per lì un grande vantaggio. Questo perché l’ambiente può cambiare (ciò accade in continuazione) e se, per esempio, il bosco dove vivono i topolini viene tagliato, ecco che la colorazione chiara del pelo, fino a poco prima svantaggiosa, torna a offrire nell’ambiente aperto migliore protezione.
Uno dei più famosi esempi di selezione naturale fu descritto da Charles Darwin nella sua opera L’origine delle specie per selezione naturale per spiegare la grande diversità di fringuelli che si osservano nelle Isole Galápagos, un’importante tappa del suo lungo viaggio intorno al mondo. Darwin identificò 13 specie di fringuelli nelle diverse isole. Ciò era quantomeno strano, dato che nel continente più vicino alle isole, l’America Meridionale, a circa 600 miglia di distanza, si conosceva un’unica specie di fringuelli. Egli ipotizzò che le specie osservate alle Galápagos derivassero tutte da quest’unica specie. Il suo acuto spirito di osservazione lo aveva portato a notare che le specie differivano tra loro per la forma e la dimensione del becco, e che queste differenze erano associate a nette differenze nella loro dieta. Ciò lo portò a concludere che quando individui della specie originale (oggi diremmo parentale) avevano raggiunto le diverse isole dell’arcipelago, si erano dispersi in diversi ambienti e avevano dovuto adattarsi a sfruttare diverse risorse alimentari per poter sopravvivere. Dopo molte generazioni le nuove condizioni trovate nelle diverse isole, unite all’isolamento dal continente e dalle altre isole, avevano portato diverse popolazioni a modificare il proprio aspetto e le proprie abitudini, fino a dare origine a tredici nuove specie.
Nel 1859 Darwin pubblicò, dopo molti anni di studio e riflessioni sui dati raccolti durante un suo lungo viaggio intorno al mondo, un’opera dal titolo L’origine delle specie per selezione naturale. Questo libro rappresenta una pietra miliare nella storia delle scienze della vita, in quanto propone una teoria sull’origine e l’evoluzione della vita sulla Terra basata unicamente sulle caratteristiche proprie degli esseri viventi e dell’ambiente nel quale questi si trovano a vivere.
Scrive Darwin: «Constatando che senza dubbio [negli animali domestici] si sono verificate variazioni utili all’uomo [da questi favorite attraverso un processo di selezione artificiale], dovremmo ritenere improbabile che talvolta, nel corso di generazioni, si possano verificare variazioni utili in qualche modo agli esseri viventi nella grande e complessa battaglia della vita? Se questo accade possiamo dubitare che gli individui che possiedono un vantaggio qualsiasi sugli altri, sia pure molto piccolo, abbiano migliori probabilità di sopravvivere e di propagare la loro discendenza? D’altro canto possiamo essere certi che qualsiasi variazione nociva, sia pure in minimo grado, verrebbe immancabilmente distrutta. A questa conservazione delle variazioni favorevoli e all’eliminazione delle variazioni nocive ho dato il nome di selezione naturale».