SEISTAN (A. T., 92)
Territorio di confine tra Persia e Afghānistān all'incirca tra il 30° e il 32° N. e il 61°-63° E. La frontiera politica divide in due una zona morfologicamente ben individuata, come quella che risulta in sostanza dall'alluvionamento del Hilmend, che, raccolte le acque dell'Afghānistān settentrionale, vi sfocia con un enorme delta. Durante la stagione piovosa gran parte del territorio è quindi sommersa: a N. si distende l'ampio specchio del Hilmend, a S. quello, più depresso, del Gawd-i-Zirreh, che i materiali di riporto hanno finito per isolare e raramente le acque riescono a raggiungere. La stagione asciutta (inverno) e i fortissimi venti estivi riducono tuttavia d'assai l'ampiezza di questi specchi lacustri fino a disseccarli quasi del tutto; comunque, l'umidità è sempre sufficiente ai bisogni delle colture, che l'eccezionale fertilità dei terreni favorisce a dispetto delle condizioni climatiche, caratterizzate da inverni piovosi piuttosto rigidi ed estati altrettanto estreme. Naturalmente vita vegetale e animale sono legate alle oscillazioni, continue e imprevedibili, del Hilmend, e insediamenti agricoli stabili sono possibili solo dove l'irrigazione è in qualche modo assicurata da dighe e canali, che vi furono costruiti sin da tempi antichissimi. Anche l'allevamento (buoi, cavalli) può trovare localmente condizioni opportune; per contro mancano del tutto le colture arboree. I prodotti principali consistono in cereali, cotone, tabacco, piante oleifere e meloni. Una certa importanza economica ha la pesca, esercitata soprattutto dai Sayad, che vivono seminomadi nei naizar (foreste di giunchi) della zona sommersa.
La superficie del Seistān è di circa 30 mila kmq., dei quali 18 mila nella zona persiana; la sua popolazione di oltre 250 mila ab., dei quali poco più di 1/3 nell'Afghānistān. Città vere e proprie mancano; gli insediamenti più popolosi sono Zabol nel Seistān persiano (fondata nel 1870) e Chaqansur in quello afghāno; nessuno dei due centri tocca i 5 mila ab.
Storia. - Il Seistān corrisponde all'ingrosso all'antica Drangiana, che parzialmente fu anche nota alla geografia classica sotto il nome di Paretacene. L'invasione e lo stanziamento dei Saci, da cui ha poi tratto il nome medievale e moderno (Sakastān > Sigistān > Seistān), risalgono intorno al 128 d. C. Ma il Sigistān noto ai geografi arabi medievali e alla tradizione epico-storica iranica abbraccia una superficie assai più vasta degli attuali Seistān persiano e afghāno sommati insieme, estendendosi soprattutto a oriente, in pieno attuale Afghānistān. Ardashīr I, il fondatore dell'impero sāsānide, lo conquistò e aggregò alla Persia; sappiamo di principi sāsānidi governatori del Sigistān, ma anche di regoli indipendenti, e solo più o meno formalmente tributarî all'autorità centrale sāsānide; presso uno di questi si rifugiò Yazdagard III, nella sua fuga dinnanzi agl'invasori arabi.
La conquista araba e l'islamizzamento vi presero piede solo lentamente, per numerose rivolte e rifiuti di obbedienza della popolazione, anche formalmente sottomessa. Si distinsero specialmente, nella pacificazione e nel definitivo assoggettamento della regione, i governatori ‛Abd ar-Rahmān ibn Samurah (morto nel 50 eg.; 670 d. C.), ar-Rabī‛ibn Ziyād e più tardi (sec. VII-VIII d. C.) Qutaibah ibn Muslim, il conquistatore della Transoxiana. La resistenza indigena era d'altra parte sostenuta dai principi locali, i Rutbīl.
Dopo avere formato per l'epoca omayyade e gli inizî della ‛abbāside una provincia dipendente dal Irāq, il Sigistān ebbe una sua autonomia politica col sorgere nel sec. IV eg. (IX d. C.) della potenza dei Saffāridi (v.), dinastia sigistānica che per un momento si rese padrona anche di parte del Khorāsān. Caduti presto i Saffāridi, vi si succedettero dinasti locali, vassalli volta a volta delle maggiori potenze che si stabilivano nella Persia (Buwayhidi, Ghaznevidi, Selgiuchidi). Dal sec. XI al XIII si ebbe una certa continuità dinastica, entro una famiglia (Kayānī) che si affermava discendente dai Ṣaffāridi, e che fu poi spazzata via dall'invasione mongola. Seguì un periodo di anarchia; formatasi in Persia la dinastia Ṣafawide (sec. XVI) i principi del Sigistān tornarono a essere suoi tributarî, come lo erano stati dei Sāsānidi. Poi, al crollo ṣafawide, il Sigistān fu disputato fra i successivi sovrani di Persia e gli Afghāni; disputa secolare, solo risolta dalla commissione arbitrale inglese di J. F. Goldsmid che nel 1872 fissò tra i due stati la frontiera sostanzialmente vigente, e solo perfezionata dalla missione Mac Mahon nel 1903-1905.
Il Seistān ha speciale importanza per la storia della tradizione epica iranica (dove è detto Nīmrūz, cioè "paese di mezzogiorno" rispetto al Khorāsān). Una parte del ciclo epico, estranea a quanto sembra e posteriore all'Avestā, ma che assunse grande e fortunato sviluppo, pare vada localizzata originariamente nel Sigistān; è quella che canta i principi sigistani Sām, Zāl e soprattutto Rustem, divenuto l'eroe massimo dell'epos persiano più tardo, quale troviamo fissato nel Libro dei re di Firdusi. Sebbene le tracce letterarie e toponomastiche oggi superstiti in situ dipendano ormai dall'epos firdusiano, in qualche caso sembra si possano ancor ravvisare tratti di una tradizione epica a esso anteriore e indipendente.
Bibl.: E. Huntington, The Basin of Eastern Persia and Sistan, Washington 1905; G. P. Tate, Seistan, Calcutta 1910; Sven Hedin, Zu Land nach Indien durch Persien, Seistan, Beluchistan, Lipsia 1910.