SEGOVIA (Segovia)
Città già citata, col nome che ancora conserva, al tempo delle guerre di Viriato (metà del II sec. a. C.), come appartenente alla tribù degli Arevaci. Il nome è di origine celtica, come altri conosciuti fuori di Spagna e nella Spagna stessa.
Dei momenti più importanti della sua storia, non sappiamo niente. Gli antichi resti romani si riducono solo al gigantesco acquedotto (v.) che attraversa la città attuale, situata presso quella antica. È uno dei monumenti più grandiosi, nel suo genere, di tutto il mondo romano. Deriva l'acqua dalla Fuenfria, località della Sierra de Guadarrama a 16 km dalla città. Le arcate sono perfettamente conservate per tutto il percorso, che è di m 728. È costruito con blocchi granitici, senza malta e arriva, con due serie di archi sovrapposti, fino ad un'altezza massima di m 29. Nel centro c'è una grande lastra di pietra con una iscrizione a lettere di bronzo, perdute.
La datazione è incerta, tuttavia pare, quasi certamente, opera del I secolo dell'Impero. Si riconoscono anche due Castella aquae (El Caseron e La Casilla), vicino alla sorgente. Il numero degli archi è di 166.
Iscrizioni romane sono state rinvenute entro la città, in massima parte riadoperate in costruzioni medievali e moderne, nonché sculture di animali preromane e di tradizione locale (varracos). Anche nelle iscrizioni sepolcrali di età romana si avvertono motivi decorativi di tradizione non classica.
Bibl.: Gómez de Somorrostro, El acueducto y otras antiguedades de Segovia, Madrid 1820 (ristampato nel 1861); Keune, in Pauly-Wissowa, II A, 1923, c. 1091 s., s. v., n. 2; J. R. Mélida, Monumentos romanos de España, Madrid 1925, p. 29; M. Pérez, De Segovia Arqueológica, Madrid 1954, passim.