Vedi SEGNI dell'anno: 1966 - 1997
SEGNI (v. vol. VII, p. 154)
(v. vol. VII, p. 154). Nuovi dati sulla tecnica costruttiva e sullo sviluppo perimetrale delle mura urbiche in opera poligonale sono scaturiti da alcuni saggi esplorativi aperti lungo il circuito, mentre rimane problematica la piena comprensione dei rapporti cronologici e topografici tra le due cinte che per gran parte del percorso costituiscono l'imponente sistema di fortificazione. In particolare, nel settore SO, una trincea di scavo ha consentito di accertare una maggiore articolazione dell'apparato difensivo più esterno. Questo, in prossimità della c.d. Porta Maggiore, presenta un bastione cui sarebbero da riferire alcuni setti murarî forse di una porta scea, mentre i tratti in opera quadrata appartengono a un successivo restauro. Nella parte alta dell'abitato, nei pressi della località Pianillo, sono state rimesse in luce le strutture di un'antica posterula a ogiva tronca coperta da architrave monolitico. Si è altresì evidenziato un importante asse viario, intagliato nel banco roccioso con tracce di un'antica pavimentazione a scaglie di pietrame, che collegava questa zona della città al suburbio. Con le recenti indagini si sono acquisiti elementi significativi anche per una preliminare ricostruzione dell'assetto monumentale e cultuale dell'acropoli. Contrariamente a quanto ritenuto in precedenza, l'area sacra, con sostruzioni in opera poligonale, non costituiva la parte più alta dell'abitato, bensì la normale conclusione verso Ν di una più ampia area intensamente urbanizzata. La sistemazione, frutto di un organico progetto di pianificazione monumentale, dovette concludersi non prima del III-II sec. a.C. Alla base di un lungo muro di sostruzione in opera poligonale di IV maniera, ubicato a NO del tempio, oggi attribuito a Giunone Moneta, incorporato nella Chiesa di S. Pietro, sono stati rinvenuti i resti di un ricco deposito votivo di epoca medio-repubblicana. La stipe, che raggiunge m 3,30 di profondità e di cui è stato accertato finora soltanto il limite SE, appare uniformemente sigillata da una serie di grosse pietre a loro volta coperte da strati di pietrisco e ghiaia. Tra gli ex voto, accanto ad alcuni frammenti fittili pertinenti probabilmente alla decorazione del vicino edificio sacro (lastre di rivestimento, antefisse), figurano testine, statuine, votivi anatomici, vasi in ceramica comune e a vernice nera, quest'ultima presente anche in forme miniaturistiche riprodotte in centinaia di esemplari; nonché monete, fibule e laminette di bronzo, riconducibili nel complesso a un arco cronologico compreso tra il IV e il III sec. a.C . È interessante rilevare, in associazione ai suddetti materiali, la presenza di esemplari più antichi, quali un frammento di coppa attica della classe dei «Piccoli Maestri», buccheri e figurine maschili ritagliate in lamina bronzea.
Da un punto di vista topografico è interessante notare come lo scarico - solo parzialmente scavato - risulti tagliato dal cavo di fondazione del muro poligonale, particolare che consente di individuare termini di cronologia relativa per la realizzazione della struttura e quindi di un possibile riassetto di questo settore dell'acropoli.
Sul versante E delle mura (III maniera), nel corso di un intervento di restauro conservativo si è effettuato (1993) lo scavo della parte interna della c.d. Porta Foca, una delle meglio conservate del circuito, da considerarsi piuttosto una posterula. È del tipo a ogiva tronca (alt. m 2,90; largh. m 2,20), con architrave costituito da due grandi elementi monolitici accostati. La complessa sequenza stratigrafica consente, in via preliminare, di individuare tre fasi principali, la prima delle quali relativa a un piano di calpestio (II-I sec. a.C.) adagiato su un riempimento coevo all'impianto di fortificazione (V-IV sec. a.C.). I dati raccolti permettono di ipotizzare un asse viario che, oltrepassata la porta, piegava a destra e confluiva probabilmente in un'arteria di maggior rilevanza con andamento N-S, a servizio del settore orientale della città. L'area a ridosso del varco conserva una serie di strutture appena affioranti, identificabili con le propaggini meridionali dell'acropoli: lo strato più antico ha restituito gli avanzi di una capanna, con tracce degli alloggi dei pali montanti e di un piccolo vano di accesso all'esterno del quale è stata riportata in luce una sepoltura. I resti ossei appartengono a una donna di età compresa tra i 20 e i 25 anni; è stata recuperata solo una parte del corredo, comprendente, fra l'altro, una fibula a sanguisuga di ferro e una kỳlix di tipo ionico in bucchero, databili tra la fine del VII e il VI sec. a.C. La datazione al V sec. degli elementi carboniosi formatisi al di sopra della sepoltura fornisce un termine ante quem per la cronologia della fortificazione. Particolare rilevanza riveste l'accertamento di una frequentazione precedente alla fase archeologicamente documentata e alla tradizionale data di fondazione della città in età regia (Liv., I, 56, 3; Dion. Hal., VI, 63), finora attestata da sporadici rinvenimenti databili tra la fine dell'Età del Bronzo e l'Età del Ferro, riferiti a disarticolate occupazioni piuttosto che a un insediamento stanziale.
Ulteriori contributi alla conoscenza della città antica sono stati offerti dalle scoperte fortuite di un ambiente termale pavimentato a mosaico in località La Fontana e dei resti murari e musivi di un edificio non identificato in località Porta, entrambi nella immediata fascia extramuranea.
Le ricognizioni di superficie hanno individuato numerosi insediamenti rappresentati tipologicamente soprattutto da ville rustiche e fattorie databili in genere al III-inizî II sec. a.C., ma spesso con tracce di precedente frequentazione, che sembrano sorgere in concomitanza con la raggiunta stabilità dei rapporti politico-militari tra Roma e le genti del Lazio meridionale, in primo luogo i Volsci, e la piena romanizzazione della valle del Sacco dopo l'assoggettamento di Priverno.
Ma è soprattutto nel II sec. a.C., nel quadro di un fenomeno non isolato nell'Italia centro-meridionale, che si assiste a una capillare urbanizzazione delle campagne. Seppure con cautela, la fitta disseminazione di questi impianti rurali, ubicati per lo più nelle zone di montagna, sembrerebbe attestare - pe r la media e tarda età repubblicana - l'esistenza di fondi di limitata estensione, piccole e medie proprietà legate a un'economia di sussistenza.
Il sistema costruttivo risulta fortemente condizionato dalla natura calcarea del suolo, che determina la presenza generalizzata sia di terrazzamenti sostruiti da muri in opera poligonale (più raramente in opera cementizia) cui si sovrappongono ambienti di abitazione e di lavorazione, sia di opere di contenimento per lo sfruttamento agricolo o pastorizio delle zone meno impervie.
Dimensioni maggiori e piante più articolate, invece, sono peculiari delle ville che sorgono in pianura o sulle colline più dolci di cui occupano l'area sommitale e che preannunciano il passaggio al tipo di villa monumentale di età imperiale, sinora scarsamente attestato nel territorio.
Bibl.: G. M. De Rossi, Lazio Meridionale, Roma 1980, pp. 200-202; F. Coarelli, Lazio (Guide Archeologiche Laterza, 5), Roma-Bari 1982, pp. 173-178; G. M. De Rossi, I monti Lepini intemi: note storico topografiche, in BLazioMerid, XI, 1983, pp. 19-26; L. Ponzi Bonomi, Segni e il suo territorio, ibid., pp. 31-34; Ν. Cassieri, A. Luttazzi, Note di topografia sul territorio tra Segni e Paliano, in Archeologia Laziale VII (QuadAEI, 11), Roma 1985, pp. 202-209; F. M. Cifarelli, Scarico di materiale votivo sull'acropoli di Segni, in Archeologia Laziale X (QuadAEI, 19), Roma 1990, pp. 248-252; AA.VV., La grande Roma dei Tarquini (cat.), Roma 1990, in part. pp. 219-222; G. M. De Rossi (ed.), Segni, I, Napoli 1992; N. Cassieri, La via Latina tra Colleferro ed Anagni, in F. Coarelli (ed.), Sistemi viari del Lazio antico: La via Latina, in corso di stampa.