second best
Espressione riferita a un teorema dell’economia del benessere (➔ benessere, teoremi dell’economia del) applicato alle situazioni in cui non si realizzano tutte le condizioni (almeno una di esse manca) che garantiscono l’ottimo assoluto in senso paretiano (➔ Pareto, ottimo di). In tali casi la situazione preferibile che può essere raggiunta viene detta s. b. o subottimale.
Le condizioni richieste perché si realizzi l’efficienza paretiana di first best (➔) sono numerose e piuttosto stringenti, ed è pertanto elevata la possibilità che una o più di esse non siano soddisfatte. In un articolo del 1956, gli economisti R.G. Lispey e K. Lancaster si sono posti il problema di cosa sia desiderabile fare quando anche una soltanto di queste condizioni venga violata. Si tratta, in altri termini, di stabilire quale sia l’alternativa migliore quando il benessere sociale è limitato non soltanto dai vincoli di disponibilità delle risorse e tecnologici, di cui si tiene conto definendo il first best, ma anche da ulteriori vincoli che ostacolano l’efficiente allocazione delle risorse (➔ allocazione). La questione cruciale è se, avendo come obiettivo il benessere sociale, sia preferibile cercare di soddisfare tutte le altre condizioni necessarie per il first best oppure convenga allontanarsi complessivamente da esse. La conclusione di Lipsey e Lancaster è che, anche se possibile, il soddisfacimento delle altre condizioni non è, in generale, desiderabile. Quindi, quando il first best è impedito dalla mancata realizzazione di una condizione, il s. b., consiste, almeno in generale, nella violazione anche di altre. Questa conclusione è resa possibile dal fatto che, in presenza di una distorsione nell’allocazione delle risorse. introdurne ulteriori può mitigare gli effetti negativi della prima. Per es., se un’impresa monopolistica nella sua attività di produzione causa danni all’ambiente che si traducono in svantaggi per altri agenti economici, si è in presenza di due violazioni delle condizioni di first best. la prima dovuta al fatto che la forma di mercato non è la concorrenza perfetta, la seconda all’esistenza di esternalità negative (➔ esternalità), generate dall’inquinamento creato dall’azienda. Se non è possibile eliminare quest’ultima distorsione, proporsi di sostituire la concorrenza perfetta (richiesta dal first best) al monopolio potrebbe peggiorare la situazione: con il cambiamento della forma di mercato, infatti, la produzione aumenterebbe e ciò aggraverebbe i danni ambientali e le esternalità. Questo effetto negativo potrebbe eccedere l’effetto positivo e diretto sul benessere che avrebbe la maggiore disponibilità di beni conseguente all’eliminazione del monopolio; se ciò avvenisse, il s. b. consisterebbe nel tollerare il monopolio.
Quanto si è appena detto chiarisce anche perché Lipsey e Lancaster affermino che la loro conclusione vale in generale, e non invariabilmente in ogni caso: i fattori di cui tenere conto sono numerosi e non tutti si muovono nella medesima direzione. Questa indeterminatezza è stata considerata un elemento di debolezza della teoria del second best. Un’ulteriore questione consiste nel fatto se non sia preferibile cercare di rimuovere le circostanze responsabili della violazione originaria delle condizioni di first best, o quanto meno di mitigarle. Nell’esempio precedente, dovrebbero essere adottate politiche in grado di limitare i comportamenti inquinanti, con interventi che, però, potrebbero a loro volta risultare costosi, oppure soltanto parzialmente efficaci. Si pone, in ogni caso, il problema di stabilire se questa strategia sia preferibile rispetto a quella suggerita da Lipsey e Lancaster. In conclusione, la politica migliore da adottare quando il first best è irraggiungibile non si può individuare a priori, quello che occorre è un attento e non sempre facile esame degli aspetti rilevanti in ciascun caso.