secolarizzazione
L’autonomia culturale e politica delle società moderne dalla religione
Il termine secolarizzazione indica il processo tramite il quale la religione ha perso, in alcune società moderne, la sua centralità. A seguito di tale processo alcuni ambiti della vita sociale sono divenuti autonomi: si è giunti così alla separazione tra Stato e Chiesa, all’emancipazione dell’istruzione e della cultura dal controllo ecclesiastico, all’indebolimento dei contenuti religiosi nelle arti, in letteratura e nel pensiero
Il termine secolarizzazione deriva dal latino saeculum («secolo» per indicare la vita laica o civile, in contrapposizione a quella religiosa o ecclesiastica); fu impiegato per la prima volta durante le trattative per la pace di Vestfalia, che nel 1648 mise fine alla guerra dei Trent’anni, con riferimento al trasferimento di beni e territori dalla Chiesa allo Stato. In seguito fu introdotto nel diritto canonico della Chiesa per indicare la facoltà concessa a un sacerdote di riprendere la vita nel mondo, restando sciolto dagli obblighi dei voti.
La Chiesa condannò il trasferimento di propri beni e competenze come un vero e proprio atto di usurpazione, definendolo una «liquidazione illegittima di un potere religioso». Nei gruppi laici e anticlericali questo processo fu salutato, al contrario, come la liquidazione di un potere religioso illegittimo. Il concetto di secolarizzazione è stato quindi interpretato ora in modo negativo, come processo di ‘decristianizzazione’ del mondo moderno, ora in modo positivo, come processo di liberazione della cultura da ogni forma di tutela religiosa.
Nell’Europa occidentale la cultura umanistica del Rinascimento esaltò la potenza creatrice dell’uomo sulla natura e rivalutò le attività terrene, anticipando in parte la cultura laica settecentesca. Il rinnovamento della vita religiosa avvenuto nel 16° secolo a seguito della Riforma protestante, che contrappose il ritorno diretto al Vangelo e il valore della coscienza individuale all’autorità della gerarchia ecclesiastica, favorì l’affermarsi della distinzione tra la natura spirituale della Chiesa e il potere temporale dello Stato.
Il distacco della cultura dal campo delle istituzioni e dei simboli religiosi trovò pieno compimento nel pensiero illuminista (Illuminismo) il quale, a partire dalla metà del 18° secolo, contribuì al rifiuto dell’accettazione acritica della tradizione e all’affermarsi della convinzione che nessun settore della vita umana e sociale, comprese la religione e la politica, dovesse sottrarsi all’esame della ragione. Nel 19° secolo il positivismo esaltò la scienza come unica forma possibile di conoscenza e unica guida dell’azione. Nacquero società di libero pensiero, che in Inghilterra venivano chiamate secular societies («società secolari»); l’indipendenza del cittadino da ogni forma di tutela religiosa divenne la parola d’ordine di un programma politico e ideologico che spesso assunse un’impronta anticlericale o dichiaratamente atea.
Il fenomeno della perdita di centralità della religione che caratterizza il passaggio dalla società tradizionale a quella moderna fu analizzato alla fine dell’Ottocento dal francese Émile Durkheim, uno dei ‘padri’ della sociologia. La modernizzazione implica necessariamente, secondo Durkheim, un declino dell’influenza della religione sulla vita sociale. Le funzioni politiche, economiche e scientifiche si rendono via via indipendenti dalla religione: la Chiesa perde il suo potere temporale, le istituzioni religiose non sono più in grado di esercitare il controllo sulla morale degli individui, l’autorità politica perde ogni legittimazione religiosa. «Dio – per così dire – che in principio era presente a tutte le relazioni umane, si ritira progressivamente da esse; abbandona il mondo agli uomini e alle loro controversie». Nuovi riti, credenze e istituzioni continuano però a svolgere la fondamentale funzione di integrazione sociale svolta in passato dalla religione.
Anche il grande sociologo tedesco Max Weber agli inizi del Novecento affrontò il tema della secolarizzazione. Il processo di razionalizzazione che caratterizza lo sviluppo economico e socio-culturale dell’Occidente comporta quello che Weber definisce «disincantamento del mondo».
La religione viene relegata nell’ambito dell’irrazionale, e perde ogni capacità di subordinare a sé i vari ambiti della vita sociale.