MAZZONI, Sebastiano
Pittore, architetto, poeta, nato a Firenze poco prima del 1615 e morto a Venezia nel 1685. Il M. abbandonò presto Firenze, dove forse apprese i primi elementi da Cristoforo Allori, per recarsi a Venezia, veramente sua seconda patria. Spirito inquieto e multiforme, fu scrittore di satire, architettò con sapienza palazzo Moro-Lin in Canal Grande e risultò soprattutto uno dei più rappresentativi e notevoli pittori del Seicento veneziano. Raccolse, a metà del secolo, l'eredità di D. Fetti e di B. Strozzi, elaborandola in un linguaggio pittorico spiritoso e ricco d' inventiva, come attestano le tele con S. Benedetto in gloria, firmata e datata 1649, e S. Benedetto che presenta un sacerdote alla Vergine, ambedue nella chiesa omonima di Venezia. Per incitamento del fare estroso e geniale di Francesco Maffei, il M. attuò quindi uno stile dove la fantasia, tanto pungente e quasi nordica, trova liberissimi mezzi d'espressione nel colore liquido e sfatto che, in schemi compositivi tendenti a realizzare movimenti addirittura turbinosi, crea gustosità di materia umida e trasparente, con una lievità di tocco raggiunta poi solo nel secolo successivo. In opere come il Ritrovamento di Mosè del palazzo della residenza di Würzburg, l'altro dell'Accademia dei Concordi di Rovigo, la Morte di Cleopatra dello stesso istituto, l'Adorazione dei Pastori di collezione privata padovana, il M. dà gli esempi più alti della sua pittura, dove veramente il gusto seicentesco si risolve in completa poesia. Nel Sacrificio di Fefte, di collezione privata fiorentina, egli tentò un problema compositivo dell'assieme, il cui insegnamento non andò perduto. Risolse il ritratto, come quello di Condottiero del Museo Civico di Padova, in piena coerenza col suo fare lirico ed estroso. L'impeto fantastico del M., pur essendo pienamente seicentesco, conteneva già in sé i germi della pittura settecentesca, specialmente per la libertà mediante la quale aveva risolto problemi coloristici e compositivi: scolari come il Fumiani, il Celesti e Sebastiano Ricci svolsero, naturalmente secondo le possibilità di ciascuno, nella tradizione veneta la lezione del M.; anche Giuseppe Maria Crespi se ne valse fruttuosamente nella sua formazione.
Bibl.: G. Fiocco, S. M., in Dedalo, IX (1928-1929), pp. 390-97; id., La pittura veneziana del Seicento e Settecento, Verona 1929, pp. 26-27; C. Gnudi, S. M. e le origini del Crespi, XXII (1935), pp. 18-36; id., Giunte al Mazzoni, in La critica d'arte, IV, 1936, pp. 181-83.