LOCATELLI, Sebastiano
Nacque a Bologna verso il 1635 da Rocco.
La famiglia, originaria di Bergamo e di rango nobiliare, possedeva beni in città e a San Giovanni in Persiceto, e nel XVI secolo aveva dato due vescovi alla Chiesa (Giovanni Antonio, vescovo di Venosa, e il domenicano Eustachio, vescovo di Reggio e confessore di Pio V). Il L. ebbe almeno due fratelli, Cristoforo e Pietro; Cristoforo, più anziano del L., fu professore di diritto all'Università di Bologna dal 1663, per quattro volte giudice del foro dei mercanti, per due tra gli Anziani e apprezzato oratore in alcune circostanze ufficiali.
Il L. intraprese la carriera ecclesiastica e fu a Roma al servizio del cardinale G.G. Lomellini. Tra l'aprile 1664 e il maggio 1665 compì un viaggio in Francia, con l'intento di ampliare le sue conoscenze. Su questa esperienza siamo dettagliatamente informati dal diario da lui redatto, che costituisce l'unica fonte sul L. e che ci permette di ricostruirne il profilo umano e intellettuale.
Il L. non dimostra molta cultura, così come pure superficiale è la sua conoscenza della storia e della letteratura del paese che visita, come dimostrano i suoi frequenti errori; non possedeva neppure una buona conoscenza della lingua, che apprese, male, soltanto durante il viaggio. È però animato da una forte curiosità per il modo di vivere e per le abitudini della società transalpina, di cui si rivela sagace e attento osservatore, mentre poco lo interessano le vicende politiche ed economiche; financo le attrattive del territorio lo colpiscono di rado (per esempio il paesaggio alpino al valico del Sempione). Non particolarmente ferrato in teologia, durante il viaggio il L. si astenne da dispute con ugonotti e calvinisti (nella sosta a Ginevra durante il viaggio di ritorno) che lo avrebbero facilmente sconfitto.
Partito da Bologna il 24 apr. 1664, il L. ebbe dall'inizio come compagno di viaggio il gentiluomo bolognese Domenico Maria Gandolfi, che portava il cognome adottivo di Odiffredi; a Lione li raggiunse il fratello di Domenico Maria, Carlo Antonio Gandolfi.
Dopo il difficile valico del Moncenisio, già da Modane le prime impressioni del L. sono dedicate al gentil sesso: avvezzo ai più castigati costumi italiani, egli è colpito dalla libertà e avvenenza delle donne, che frequentano liberamente ospedali, locande, negozi, alberghi. È questo un Leitmotiv del diario, che descrive la Francia come un paese popolato ovunque di belle donne gentili e disponibili, che lo mettono in difficoltà con i loro costumi liberi. Comprensibile imbarazzo genera in lui l'usanza delle ostesse e cameriere francesi di salutare porgendo la guancia per farsi baciare: messo alle strette il L. risolse di poggiare le sue labbra sulla fronte.
Il giudizio del L. su tanta disinvoltura è misurato: non disapprova e si limita a rimarcare le differenze con l'Italia (i mariti francesi non sono gelosi), a cogliere le inclinazioni delle donne d'Oltralpe (diffidano degli Italiani, aborrono gli Spagnoli per la loro alterigia), a sottolineare i rischi che comporta la loro conversazione (bisogna pagare rinfreschi, confetture e altre cose alla moda). Tuttavia, nonostante lo attraggano le galanterie e la mondanità della società francese, il L. adempie con scrupolo ai doveri del suo ufficio e non manca di commentare con rigore alcune abitudini: si scandalizza che negli alberghi non siano esposte immagini sacre dinanzi alle quali recitare le devozioni, depreca le nudità mitologiche dipinte sulle pareti delle locande, si sorprende che all'Hôtel-Dieu a Parigi siano le suore a servire gli uomini malati; in generale, si cautela, raccomandando di tenere conto nel diario solo dei passaggi edificanti del suo resoconto e di tralasciare quelli ispirati da curiosità secolari.
A Lione, dove era giunto il 23 maggio, il L. assistette all'entrata solenne in città il 31 maggio del legato pontificio, il cardinale Flavio Chigi, nipote di Alessandro VII; dell'entrata dello stesso legato a Parigi, di cui invece non fu testimone oculare, inserì una dettagliata relazione, ricca come l'altra di particolari. Si intrattenne a Lione fino all'autunno 1664, anche a causa della lunga malattia di uno dei suoi due compagni di viaggio, insegnando italiano alle religiose di un convento nella residenza estiva fuori città, di cui nel diario descrive le delizie, imparagonabili al severo regime dei chiostri italiani.
Suscita in lui sorpresa lo spettacolo del concerto di due musici, alle cui melodie le educande si mettono a danzare e una di esse lo invita: su consiglio della badessa, per compensare il rifiuto egli è costretto a fare il baciamano (Voyage de France, pp. 55 s.).
Il 31 ottobre lasciò Lione per Parigi, dove giunse il 10 novembre. Non fu ricevuto a corte, ma osservò Luigi XIV in chiesa durante una funzione. Qualche giorno dopo, mentre passeggiava nei giardini di Saint-Martin-en-Laye con il modenese abate Luigi Vigarani, fratello dell'architetto di corte Carlo, ebbe modo di scambiare qualche parola con il re, che si recava dalla favorita mademoiselle de la Vallière (Françoise Louise de La Baume le Blanc), ma il dialogo non fu molto gratificante, dato che il re gli ricordò la fama di uomini violenti di cui godevano i Bolognesi e il L., confuso, non riuscì a replicare (Voyage de France, pp. 174 s.). La principessa di Conti Anna Maria Martinozzi, nipote di G. Mazzarino, si offrì di intervenire presso il re per trovare al L. una sistemazione presso la Vallière come cappellano, ma a suo dire egli rifiutò perché ritenne sconveniente il fatto che avrebbe dovuto accompagnare la dama agli incontri con il sovrano (ibid., pp. 175 s.). A Parigi il L. conobbe gli attori della compagnia del bolognese Gian Andrea Zanotti e assistette ai loro spettacoli.
I comici italiani hanno successo, osserva, ma, poiché il pubblico non comprende i testi, gli attori si devono ingegnare per accontentare gli spettatori: ricorrono a gesti accentuati, cambi di scena e altri espedienti.
Assistette alla pettinatura della regina (ibid., p. 180); qualche giorno prima aveva visto il delfino, di soli quattro anni, comandare le evoluzioni dei soldati della guardia (ibid., pp. 154 s.). Largo spazio hanno nel diario le attrazioni più riguardevoli della città e dei dintorni da lui visitate: Notre-Dame, la Sainte-Chapelle, Ste-Geneviève, il palazzo del cardinale Mazzarino, di cui descrive ammirato le gallerie, e via dicendo.
Le annotazioni sono in genere rapide, ma ricche di notizie precise e di minute osservazioni; il L. sa cogliere i particolari e li affida alla scrittura con uno stile diretto e comunicativo - talvolta rivolge apostrofi al lettore per richiamare la sua attenzione -, che spesso registra le sue reazioni emotive e talora qualche punta di arguzia: del Louvre riferisce l'etimologia corrente "l'Oeuvre" e commenta che in effetti, per quanto gli sembra, per terminarlo bisognerà lavorare fino alla fine del mondo (ibid., p. 124).
Il L. lasciò Parigi per Lione l'8 maggio 1665; da Lione passò a Ginevra e di lì per il passo del Sempione in Italia; ebbe come compagno di viaggio il marchese Prospero Gonzaga, che accompagnò fino a Mantova. Rientrato a Bologna il 16 giugno, si mise a stendere una redazione in pulito del diario, che evidentemente non fu tale da alterare le caratteristiche della prima stesura, considerato che ne restano intatte la spontaneità e la freschezza dello stile. Un manoscritto con la nuova versione era pronto prima del 1668, ma l'opera aveva avuto rapida diffusione negli ambienti patrizi bolognesi, che si godevano le relazioni di prima mano del L. sulla società d'Oltralpe; due copie del diario circolarono di mano in mano riscuotendo un tale successo che gli episodi narrati dal L. si raccontavano per le piazze, con disappunto dell'autore, dato che causavano scandalo tra la gente semplice.
In patria il L. poteva aspirare a una collocazione più elevata nella gerarchia ecclesiastica, ma la sua vita cambiò radicalmente a seguito della morte di un amico avvenuta la notte di carnevale del 1666. Ispirato dalle invocazioni a s. Filippo Neri pronunciate dal morente durante l'agonia, il L. cambiò vita: per due anni restò sotto la guida spirituale del padre Gian Paolo Cospi e alla fine maturò la decisione di entrare nella Congregazione dell'Oratorio. Ma gli oratoriani di Bologna diffidavano di lui per il suo carattere bizzarro e per le amicizie nella nobiltà; perciò il 20 apr. 1668 fu ammesso nella Congregazione dell'Oratorio di Fossombrone. Preso da zelo religioso, qualche mese dopo decise di disfarsi dei suoi scritti, salvo poi ripensarci e trarre copia a poco a poco di quasi tutti. In particolare ricavò più copie della relazione del viaggio in Francia e prima del 1679 compose un'introduzione in sei capitoli, contenenti informazioni piuttosto confuse tratte da altre opere geografiche. Si propose inoltre di pubblicare una traduzione di L'homme content, ou La conduit du sage, enseignant l'art de bien vivre del consigliere ordinario di Luigi XIV Jean Puget de la Serre (Parigi 1664), da lui eseguita a Parigi, che però non risulta data alle stampe. Dell'operetta francese, una raccolta di massime morali, il L. si era servito per comporre una predica sulla redenzione pronunciata nella chiesa di Gondo, ai piedi del Sempione, il 31 maggio 1665 (Voyage de France, p. 319).
L'ultima data sul L. è il 23 febbr. 1693, quando nell'oratorio di Fossombrone terminò il manoscritto del Viaggio oggi conservato alla Biblioteca comunale di Perugia. Dopo di che non si hanno notizie su di lui; è probabile che sia spirato in quel luogo pio in una data non di molto posteriore.
Dei diversi esemplari della relazione del L. di cui si ha notizia (per cui cfr. Voyage de France, pp. LIX-LXII) sono oggi noti due manoscritti: quello perugino e uno alla Biblioteca universitaria di Bologna (con dedica al fratello Cristoforo in data 15 sett. 1691), entrambi parzialmente autografi e recanti il titolo Viaggio di Francia, costumi e qualità di que' paesi. Osservationi fatte da Eurillo Battisodo di Bologna negl'anni 1664 e 1665, ma con dediche a personaggi diversi, come era uso fare il L. che personalizzava così le copie del suo diario (ibid., pp. LVII-LIX). Lo pseudonimo, a cui il L. ricorre una volta anche nel diario (ibid., p. 173) è da riportare all'attività di qualche accademia, ma non ci sono tracce di un'affiliazione a quella degli Invigoriti, fondata a Bologna nel 1614 per gli studi nelle discipline ecclesiastiche e morali, di cui parla Vautier (ibid., p. XVII n. 2). L'unica edizione moderna è in francese: Voyage de France. Moeurs et coutumes françaises (1664-1665), a cura di A. Vautier, Paris 1905.
Fonti e Bibl.: G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, V, Bologna 1786, pp. 74 s.; A. D'Ancona, Un viaggiatore bolognese in Francia (1664-1665). S. L., in Id., Viaggiatori e avventurieri, Firenze 1910, pp. 129-151; Inventario dei manoscritti delle biblioteche d'Italia, V, p. 249; XVII, p. 163.