FOSCARINI, Sebastiano
, Secondogenito di Alvise del procuratore Girolamo e di Elena Bernardo di Sebastiano, nacque a Venezia, nel palazzo a S. Stae sul Canal Grande, il 30 dic. 1649. A quindici anni perse in oscure circostanze il padre, torbida figura di violento, perito a Mantova, dove s'era rifugiato per sfuggire alla giustizia; sei anni dopo rischiò addirittura egli stesso la vita, quando il 4 genn. 1671 fu coinvolto con il fratello Nicolò in uno scontro con Giovanni Mocenigo, che sparò a entrambi, uccidendo Nicolò. Quest'ultimo lasciava il primogenito, Girolamo, e la moglie incinta di un secondo figlio, Nicolò, che sarebbe stato il padre del futuro doge Marco. Il F. si trovava così, appena ventunenne, a rappresentare il casato, di cui sarebbe riuscito a rafforzare a tal punto il prestigio, da far dimenticare la macchia paterna e spianare la strada al dogato del pronipote.
Libero dunque da condizionamenti e soprattutto da impegni matrimoniali, il F. aggredì letteralmente la carriera politica, mettendo al servizio dello Stato (e della propria ambizione) le fortune domestiche. Savio agli Ordini per il secondo semestre del 1675, il 20 giugno 1677 accettava la nomina a provveditore di Comun; quindi, pur di accelerare i tempi della sua ascesa, il 30 apr. 1678 riusciva a farsi eleggere ambasciatore alla prestigiosa ma costosissima corte di Parigi. Il F. partì dunque per la metropoli francese il 27 giugno 1679 e vi giunse il 21 ottobre, accompagnato dai nipoti.
La Francia era allora al culmine della potenza, sicché la Repubblica ormai vi riscuoteva scarsa considerazione e il suo rappresentante doveva limitarsi a osservare, registrare e riferire. Il F. si trattenne a Parigi (e a Versailles, dove Luigi XIV trasferì la sua residenza abituale a partire dal 1682) per oltre quattro anni, fino al 22 dic. 1683; dopo di che si recò direttamente a Madrid, essendo stato eletto a quell'ambasceria sin dal 4 marzo 1682. La relazione sulla missione francese la spedì dunque quando già si trovava presso la corte di Carlo II, il 22 marzo 1684, e venne letta in Senato il 29 luglio dello stesso anno. È un documento esemplare nel suo genere per esaustività d'informazione, penetrazione psicologica ed elevatezza stilistica che talora sembrano assurgere addirittura a livello di saggio storiografico. Il F. individua nell'assolutismo di Luigi la principale difficoltà da lui incontrata nell'"arduo incarico" sostenuto; improbo assunto penetrare una verità che "ostinatamente" si cela anche agli osservatori più scaltriti, proprio a causa dell'"autorità smisurata del re" e della "delicata gelosia con la quale l'esercita", che "non lascia uscire dalla bocca dei principi e dei grandi, benché gli uni negletti, gli altri poco considerati, altre voci che di lode e d'ossequio"; impossibile dunque "da vicino mirar la condizione dei popoli, e di sentir le loro voci lontane…, intorno la persona del re tutto spirando lusso e venerazione".
Anche della legazione spagnola possediamo la relazione, letta in Senato il 24 nov. 1689, quasi due anni dopo il rimpatrio; siamo nuovamente di fronte a un documento ampio e dettagliato, ma di gran lunga inferiore, per ampiezza di respiro e forza espressiva, al precedente. Certo, la melanconica corte madrilena non era paragonabile allo splendore di Versailles, aveva il sapore di una sorta di relegazione; la decadenza della monarchia spagnola, inoltre, toglieva oggettivamente peso alla missione del F., ma tutto ciò non basta a dare intero conto dello iato rispetto allo scritto precedente. Nella relazione spagnola, infatti, s'avverte stanchezza. Non per niente fu stesa con ritardo e con evidente fatica. La spiegazione di questo mutato atteggiamento possiamo trovarla fuori dei documenti ufficiali: a Madrid l'avevano raggiunto i nipoti, una volta terminati gli studi a Parigi, e il primogenito Girolamo, appena sedicenne, aveva contratto una malattia che l'aveva portato quasi alla morte; quanto a lui stesso, il F., aveva accusato un grave deterioramento fisico, forse conseguenza della ferita ricevuta tanti anni prima dal Mocenigo, sicché per due volte s'era ammalato al punto da far temere per la vita.
A Venezia l'attendeva però il compenso per il lungo servizio prestato e fu subito eletto savio del Consiglio per il primo semestre del 1688; senonché, con calcolata generosità, preferì rinunciarvi con la riserva del posto, per non sottrarlo a un lontano parente di più ristrette fortune, lo storiografo Michele Foscarini, che per meriti culturali lo ricopriva da molti anni, ininterrottamente. Con tutto ciò, da allora la carriera del F. fu un susseguirsi di prestigiose nomine ai vertici dello Stato: inquisitore da aprile a novembre del 1688, consigliere ducale per il sestiere di San Polo dal 4 aprile dello stesso anno al 31 maggio 1689; savio del Consiglio nel secondo semestre 1689, qualche mese più tardi (11 ottobre) era chiamato a far parte della fastosa ambasceria destinata a onorare l'ascesa al soglio pontificio del veneziano Pietro Ottoboni (Alessandro VIII).
Il 19 genn. 1690 entrò poi a far parte dei savi all'Eresia, quindi fu nuovamente savio del Consiglio per il secondo semestre dell'anno, nel corso del quale pervenne a conseguire la più prestigiosa carica della Repubblica, dopo quella ducale: il 17 ag. 1690 era infatti eletto procuratore di S. Marco de supra. Aveva appena quarant'anni e Venezia era impegnata nella guerra della Lega santa: difficile, date le circostanze, ottenere quella dignità senza esborso di denaro, difficilissimo poi raggiungerla in età così giovane; ma il F. era ormai uno dei più influenti senatori della Repubblica. Savio del Consiglio per il periodo luglio-dicembre dal 1689 al 1699 e poi ancora dal 1701 al 1709, nei restanti mesi dell'anno sostenne una quantità di incarichi, non di rado ricoperti per poche settimane o addirittura giorni, e subito deposti per accettarne altri: da segnalare il provveditorato all'Arsenale tenuto dal 13 gennaio 1691 per un biennio; quindi (16 luglio 1691) una nuova ambasceria di obbedienza a Roma, per l'elezione del pontefice Innocenzo XII. Ricoprì inoltre un ruolo di notevole importanza nel settore della politica culturale dello Stato, come riformatore dello Studio di Padova; sostenne infatti la carica dall'8 apr. 1693 al 7 apr. 1695, quindi dall'11 apr. 1697 al 10 apr. 1699 e poi ancora dal 14 sett. 1701 al 13 sett. 1703 e dal 26 sett. 1705 al 25 sett. 1707.
Nella perenne guerra che vedeva in palio la titolarità delle cattedre più prestigiose, il F. scese in campo affinché a quella di matematica venisse chiamato (1707) lo svizzero J. Hermann, benché protestante, in luogo di J. Bernoulli, favorito da Newton. Era la vittoria della scuola leibniziana, sostenuta dal F. e dal suo protetto, l'abate trapanese M. Fardella, docente di filosofia, che nel gennaio 1706, scrivendo proprio a Hermann, definiva il F. "la prima mente forse di questa… Repubblica".
Né furon solo queste le incombenze assegnate al F. nel corso degli anni a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo, che segnavano per la Repubblica una temperie decisamente favorevole, evidenziata dalla fortunata conquista del Peloponneso; divenne così più volte savio alla Mercanzia (1694, 1702, 1708); deputato alla Sanità (1695, 1697, 1701); deputato alla provvision del Danaro (1698, 1701, 1702); deputato alle Miniere (1692, 1697); provveditore alle Artiglierie (1692, 1705); provveditore all'Armar (1700, 1707); e poi ancora - per limitarsi alle cariche più significative - correttore della Promissione ducale (1694), provveditore sopra i Beni inculti (1696), conservatore delle Leggi (1703). Ben presto, tuttavia, Venezia passava dalla trionfale guerra di Morea alle meschinità della neutralità armata proclamata nel corso della guerra di successione spagnola, che vide la Terraferma veneta devastata dal passaggio degli eserciti gallo-ispanici e imperiali. Diversi furono i tentativi posti in atto dai contrapposti schieramenti per ottenere l'alleanza della Repubblica: tra questi, da segnalare i colloqui segreti tra il maresciallo francese J.B. Froulay conte di Tessé e il F., nel marzo 1701; il veneziano resistette tuttavia a ogni pressione e continuò a battersi in Senato (dove, nel 1706, contrastò la proposta, avanzata da Nicolò Erizzo, di un'alleanza con l'Impero) in favore del mantenimento della neutralità. Fu probabilmente questa la ragione per cui, quando iniziarono i preliminari di pace, il 3 ag. 1709 il F. venne eletto ambasciatore plenipotenziario all'Aja, sede delle trattative.
Un mese dopo lasciava Venezia, ma quando giunse in Olanda (18 ottobre) la pesante sconfitta subita dai Francesi a Malplaquet aveva reso più complessa e difficile la situazione, aggravata dall'intransigenza degli alleati. Benché allo stremo, Luigi XIV non avrebbe infatti mai potuto accettare l'"inhumana" richiesta di volgere le armi contro il nipote per costringerlo a lasciare la Spagna, sicché fin dal 27 dic. 1709 il F. si rivolgeva al Senato in toni pessimistici, confessando che le "pratiche" per la pace erano "interamente cadute"; né miglior esito sortirono i colloqui di Gertruidenburg nel marzo dell'anno successivo: ufficialmente il duca di Marlborough e il principe Eugenio si dichiaravano disposti a trattare, ma in realtà già predisponevano i piani per la prossima campagna.
Alla delusione politica si sommarono nuove afflizioni fisiche per il F., che il sopraggiungere della cattiva stagione non fece che aggravare, al punto che il 20 ott. 1710 gli inquisitori, "capitate le infauste lettere per staffetta del segretario [Giovan Maria] Vincenti dello stato pericoloso in che si trova l'ecc.mo sig. ambasciator", concedevano al nipote Nicolò di recarsi all'Aja, per riaccompagnare il F. in patria.
Senonché le condizioni di quest'ultimo apparivano ormai disperate, tali comunque da non consentirgli di affrontare le fatiche del viaggio; il F. ebbe un'agonia lunga e straziante, puntigliosamente descritta coi toni più crudi nei dispacci che il Vincenti inviò a Venezia dall'ottobre del 1710 al marzo 1711.
Il F. morì infine a L'Aja il 23 marzo 1711 e fu sepolto a Venezia nella cappella del Ss. Crocefisso a S. Stae, da lui fatta costruire.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Misc. codd., I, Storia veneta 19: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de' patrizi veneti…, III, c. 542; Avogaria di Comun, b. 159: Necrologi di nobili, 2, sub 7 luglio 1711; sul ferimento da parte del Mocenigo, Consiglio dei dieci. Parti criminali, reg. 87, c. 95v; per la carriera politica, Segretario alle Voci. Elezioni Maggior Consiglio, regg. 22, cc. 14, 15; 23, cc. 8, 16, 17, 110; 24, cc. 1, 118; 25, c. 112; ibid. Elez. Pregadi, regg. 19, cc. 12, 19, 48; 20, cc. 9-12, 42, 55, 71, 77, 79, 92, 109, 116; 21, cc. 1-8, 34, 38, 49 s., 52, 54, 64, 70, 74, 76, 90, 103, 110, 138, 144, 150; 23, c. 74; Ibid., Inquisitori di Stato, b. 173: Lettere agli ambasciatori in Germania, nn. 106-109, 111 (l'anno è il 1688); Ibid., Consiglio dei dieci. Misc. codici, regg. 64, sub 3 apr. 1688, 18 genn. 1688 m.v., 21 apr. 1692; 65, sub 26 marzo 1697, 9 giugno 1698, 10 nov. 1701, 6 nov. 1703; per l'ambasceria a Parigi, Senato. Dispacci Francia, ff. 164-171, 171A, 172 (la relazione, in Relazioni di ambasciatori veneti al Senato, VII, Francia (1659-1792), a cura di L. Firpo, Torino 1975, pp. XXXV, 349-437); per quella a Madrid, Ibid., Senato. Dispacci Spagna, ff. 121-124 (la relazione, in Relazioni di ambasciatori veneti al Senato, X, Spagna (1635-1738), a cura di L. Firpo, Torino 1979, pp. 499-549); sulla missione all'Aja, Österreichische Staatsarchiv Wien, Staatskanzlei. Venedig, fasc. 17, Berichte 1709-1711, sub 17 sett. 1709; Arch. di Stato di Venezia, Senato. Rubricari Germania, b. B44b: Rubrica di lettere di s. S. F. Kr. Pr… dalli 5 febbraro 1709 m.v. alli 16 gennaro 1710 m.v.; Senato. Dispacci. Signori Stati - Utrecht, f. 3, nn. 1-17; Inquisitori di Stato, b. 192: comunicate 1644-1717, nn. 16-18, 21, 23, 27, 29, 32, 34, per il testamento del F., Notai di Venezia. Testamenti, b. 1029/125; sulla tomba, Venezia, Bibl. del Civ. Museo Correr, Codd. Cicogna, 2014/12: Inscrizioni nella chiesa di S. Eustachio, detta S. Stae, n. 5. Cfr. inoltre: Orazione detta in lode dell'ill.mo… S. F.… eletto procurator di S. Marco…, Padova 1690; P. Garzoni, Istoria della Repubblica di Venezia in tempo della Sacra Lega…, Venezia 1720, p. 131; E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, VI, Venezia 1853, pp. 66, 90; Relazioni veneziane. Venetiaansche berichten over de vereenigde Nederlanden van 1600-1795, a cura di P.J. Blok, s'Gravenhage 1909, pp. 314, 337 s., 340; D. Levi-Weiss, Le relazioni tra Venezia e la Turchia dal 1670 al 1684 e la formazione della Sacra Lega, in Archivio veneto-tridentino, VIII (1925), pp. 93, 96, 98, 100; G.C. Zimolo, Tre campagne di guerra (1701-1703) e la Repubblica di Venezia, in Arch. veneto, s. 5, III (1928), pp. 194 s.; A. Robinet, L'empire leibnizien. La conquête de la chaire de mathématique de l'Université de Padoue. Jakob Hermann et Nicolas Bernoulli (1707-1719), Trieste 1991, pp. 17-21, 23, 29, 37-43, 47, 52-54, 65-69, 77 s., 107, 110, 119, 129, 143.