FOLLI, Sebastiano
Figlio di Girolamo, nacque a Siena nel 1569.
Scarse sono le notizie sui primi anni di attività del F., definito nel 1587 come "pittore" in un documento della Compagnia di S. Caterina in Fontebranda, alla quale era stato ammesso fin dal 1584 (Capresi Gambelli, 1980, p. 165).
Le fonti, nonché le opere del F., testimoniano di un suo alunnato presso Ventura Salimbeni (Romagnoli [ante 1835], 1976, pp. 203, 214), il pittore senese, fratellastro di Francesco Vanni, che dal 1580 circa al 1595 lavorò a Roma, ad esempio, nei cantieri sistini della Biblioteca Vaticana e del palazzo lateranense, in S. Maria Maggiore e al Gesù. Poiché il F. non risulta documentato a Siena dalla fine del 1589 al 1594, potrebbe essere questo il periodo, ricordato fin dall'Ugurgieri (1649, p. 382), in cui fu attivo a Roma al servizio di Alessandro de' Medici, intenditore d'arte e collezionista. Cardinale di S. Prassede dal 1594, il Medici commissionò la decorazione a fresco della navata centrale della chiesa, con scene della passione di Cristo. Tra gli artisti che lavorarono a quest'impresa il Romagnoli citava il F. e gli attribuiva i due episodi (oggi esclusi dal catalogo del pittore) con "Gesù battuto nell'atrio di Pilato" e "Pilato che mostra al popolo il flagellato Salvatore del mondo" (Romagnoli [ante 1835], 1976, pp. 219 ss.).
Senza supporti documentari è difficile confermare queste notizie; ma poiché è indubbio che la pittura del F. ha risentito delle scelte linguistiche adottate nell'ambiente artistico romano di fine Cinquecento, non è del tutto improbabile che egli avesse frequentato la bottega romana del Salimbeni, continuando ad essergli vicino a Siena dopo il 1595, quando Ventura tornava nella sua città portando con sé il frutto delle esperienze maturate in tanti anni trascorsi a Roma.
Nel 1594 il F. (come ricorda Fabio Chigi [1625-26], 1939, p. 329) era nuovamente in territorio senese, attivo con Bartolomeo Cesi alla decorazione della certosa di Maggiano e questa collaborazione dovette costituire un ulteriore, significativo apporto alla formazione del pittore.
Bisogna attendere però il 1598 prima di avere notizie documentarie relative a opere del Folli. In quell'anno egli eseguì non solo il gonfalone per la Compagnia del SS. Sacramento di Piancastagnaio, oggi perduto, ma soprattutto partecipò alla decorazione della sala del Consiglio di palazzo pubblico a Siena affrescandovi alcune lunette. Gli sono concordemente attribuite quelle rappresentanti Carlo Vrinnova i privilegi universitari a Siena e la Vittoria dei Senesi sulle truppe di Enrico VI.
Lavorare a questa impresa collettiva costituì da una parte un'esperienza formativa di rilievo, poiché offrì al F. la possibilità di confrontarsi sia con i pittori senesi contemporanei, in primo luogo con Francesco Vanni, sia con D. Beccafumi della straordinaria sala del Concistoro, dall'altra garantì al pittore un certo credito pubblico che gli avrebbe procurato alcune importanti commissioni.
Nel 1602 la Compagnia di S. Caterina in Fontebranda, situata nella contrada dell'Oca, decideva la ristrutturazione del proprio oratorio che prevedeva inizialmente il restauro degli affreschi sopra l'altare. Il lavoro fu affidato al F., contradaiolo e membro della Compagnia, della quale era stato anche secondo priore dal novembre 1599 al febbraio 1600 (Capresi Gambelli, 1980, p. 165). Di commissione privata è la pala raffigurante la Madonna con Bambino e santi, firmata e datata 1603, realizzata per le nozze Malavolti - Pannilini, ora in S. Domenico.
Nell'aprile del 1605 Alessandro de' Medici saliva al soglio pontificio con il nome di Leone XI, e il F., "certissimo della stima" (Ugurgieri, 1649., p. 382) che questi nutriva nei suoi confronti, non esitò a recarsi di nuovo a Roma. Il papa moriva però nello stesso aprile e il pittore fece ritorno a Siena, dove continuò a lavorare agli affreschi dell'oratorio officiato dalla Compagnia di S. Sebastiano in Camollia, iniziati nel 1603 e conclusi, per quanto riguarda la volta, nel 1606, ma che avrebbero impegnato il pittore fino al 1608, data dell'affresco con S. Sebastiano davanti all'imperatore Diocleziano.
Gli affreschi di S. Sebastiano evidenziano una vena decorativa vicina a quelle soluzioni ornamentali importate a Siena da B. Peruzzi e rivisitate, tra gli altri, dal Salimbeni. Secondo le fonti il F. era specializzato nella realizzazione dei partiti decorativi in chiaroscuro, nei monocromi, nell'imitazione dello stucco. Il Romagnoli (che esaltava anche lui questa sua capacità, [ante 1835], 1976, p. 207) lo definiva "uno dei migliori artefici che abbia illustrato per questa parte la senese scuola, e non ignobil nipote in ciò di un Peruzzi"; mentre, per la sua abilità nella realizzazione di finte architetture in prospettiva, fin dall'Ugurgieri (1649, p. 381) era appellato "architetto". Questa caratteristica del F., che si fondeva con una resa dignitosa della figura, benché manierata e tradizionale, fu alla base della sua fortuna come frescante, specialmente presso le compagnie laicali. Si trattava di un tipo di committenza che, se da un lato voleva veder rappresentati i propri santi nella più serena intimità, dall'altro, e all'occasione, si proponeva di glorificarli per celebrare se stessa, affermando devotamente il laico orgoglio cittadino.
Nel 1605 il F. firmava e datava l'Immacolata e santi per un altare della chiesa del convento delle Trafisse; qui dipinse, forse nello stesso periodo, anche tre piccoli riquadri a fresco a incomiciare l'altare maggiore: a destra l'Annunciazione, a sinistra l'Adorazione dei pastori, e al centro la Visitazione. Forse sempre per la Confraternita di S. Sebastiano, il F. eseguì lo stendardo, firmato e datato 1606, ora al Museo civico, con la Madonna del Rosario e San Sebastiano sul retro. Intorno alla stessa data era attivo nella Compagnia di S. Antonio Abate. Ricevette, infatti, una serie di pagamenti dal 1605 al 1606 per eseguire alcune lunette con storie di s. Antonio, probabilmente la Fuga in Egitto - all'interno dell'altro ciclo dedicato alla Vergine - e "li nove compartimenti nella volta del capelone della nostra compagnia" (Die Kirchen von Siena, 1985, p. 519, doc. 104).
Nel 1607 il F. firmava e datava la pala con il Martirio di s. Caterina, per la chiesa di S. Caterina d'Alessandria a Radicondoli e (stando al Romagnoli [ante 1835], 1976, p. 223), iniziava la decorazione della chiesa di un'altra Compagnia, quella di S. Giovanni Battista della Morte. Documentato fino al maggio del 1609, il pittore operò a fianco del Salimbeni, di Vincenzo Rustici e di Rutilio Manetti. Il lavoro condotto dal F. fu di tale perizia che i confratelli, qualche tempo dopo, gli commissionarono la pala - perduta - dell'altar maggiore della chiesa, conclusa nel 1618. Tra il 1608 e il 1610 veniva completata la decorazione delle pareti dell'oratorio di S. Caterina in Fontebranda dal Salimbeni e dal F., che ricevette pagamenti per eseguire in controfacciata i tre episodi di S. Caterina da Siena davanti a Gregorio XI a Avignone, Il ritorno della santa a Siena e La riconciliazione con i Fiorentini.
Una tendenza alla tipizzazione, sia nei gesti che nello sviluppo narrativo, caratterizza quest'opera; mentre la santa, nel ruolo di mediatrice, ne suggerisce il significato anche politico con palese riferimento alle tensioni secolari tra Siena e Firenze.
Intorno al 1609 si colloca il Matrimonio mistico di s. Caterina, per l'altare della famiglia Borghesi in S. Domenico, dove emerge una certa ripetitività nell'ideazione e nella resa delle figure. Pochi anni dopo anche la Compagnia di S. Lucia decise di chiedere la collaborazione dell'artista per la chiesa omonima. I pagamenti al F. sono registrati a partire dal 1612, data che compare, tra l'altro, negli affreschi. I lavori furono programmati in tempi diversi e per il completamento della decorazione i confratelli decisero di indire un concorso nel 1617, al quale parteciparono Astolfo Petrazzi, Simondio Salimbeni e lo stesso F. che si aggiudicò l'impresa, alla quale avrebbe lavorato praticamente fino alla morte e che è certamente uno dei suoi lavori più importanti.
La Gloria della santa, al centro della volta, fu realizzata sovrapponendo i due schemi iconografici della "Sacra Conversazione" e della "Gloria". La resa del primo collaudato impianto permetteva al F. di dipingere la santa, assisa su un trono di nuvole, come una Madonna, circondata dai santi adatti alla celebrazione del luogo e della Compagnia e incoronata dagli angeli. Per la Gloria adottò espedienti compositivi piuttosto efficaci, concependo un gioco di angeli-putti che portano la palma del martirio e la corona, e una cornice di finta architettura con una balaustra che media il passaggio dallo spazio terreno a quello celeste: una "quadratura" simile a quelle che aveva potuto vedere a Roma realizzate dai fratelli Alberti.
Un caso a sé è costituito dal Noli me tangere per S. Margherita di Castelvecchio (anch'esso nel Museo civico), poiché mostra, tra il 1608 e il 1613, un'evidente adesione del pittore a quel "baroccismo" - promosso dal Vanni, dal Salimbeni e da A. Casolani - che dava vita ad una nuova stagione della pittura senese.
Probabilmente in ragione dell'alunnato presso il Salimbeni, e senza dubbio per la stretta contiguità dei suoi modi rispetto a quelli del Vanni o dello stesso Ventura, le monache di S. Maria degli Angeli, nel 1614, affidarono al F. il completamento della pala per l'altare maggiore della loro chiesa, detta del Santuccio. Il dipinto era stato iniziato nel 1610 dal Vanni e, a causa della morte del pittore, intervenuta quell'anno, era stato allogato al Salimbeni, che morì nel 1613 lasciandolo ancora incompiuto (Ciatti, 1983). Il risultato finale, una Madonna in gloria incoronata dal Cristo bambino circondata da angeli e santi, è allora una sintesi quanto mai interessante della più tradizionale pittura senese di questi anni. Vicine ad essa sono le due tele della Pinacoteca nazionale provenienti dal palazzo pubblico: la Visione di s. Savino, forse del 1612, e la Pietà del 1614. Nello stesso anno firmava la Sacra Famiglia, Zaccaria, Elisabetta e s. Giovannino che, proveniente dal Palazzo Pubblico, passò in seguito alla chiesa di S. Pietro Ovile.
La Morte di s. Onofrio, sempre del 1614, eseguita per l'altare di S. Anna in S. Onofrio, è "uno dei più bei quadri di questo autore" (Romagnoli [ante 1835], 1976, p. 237), dove tutte le personali esperienze si aggiornano sulla contemporanea cifra stilistica di Rutilio Manetti, creando uno schema compositivo sicuro, un più avvertito uso del chiaroscuro, un diretto coinvolgimento dell'osservatore, ottenuto con alcuni accorgimenti espressivi calibrati (ad esempio i due angeli che guardano verso l'esterno) e un realismo più marcato, evidente anche nelle opere cateriniane per la chiesa del Refugio, che appartengono all'ultima produzione dell'artista; di tale fase si ricorda anche la decorazione della chiesa di S. Marta, portata avanti dal 1615 al 1621.
In S. Domenico un'iscrizione ricorda la presenza di una sepoltura dei confratelli appartenenti alla Compagnia del Rosario, e annovera, insieme con altri artisti, il Folli. Nell'iscrizione posta intorno al ritratto del pittore inciso da Bernardino Capitelli nel 1634 si legge che morì nel 1620 all'età di cinquantadue anni; il documento di morte venne redatto il 2 febbr. 1621 (1620 in stile senese).
Il F. fu impegnato anche nell'esecuzione di "testate di cataletto", un tipo di decorazione pittorica piuttosto diffusa in territorio senese, nella quale venivano adottati espedienti devozionali di notevole interesse, come dimostrano le piccole tele, a lui attribuite, oggi conservate nell'arcipretura di Roccalbegna (Santi, 1980). Merita una qualche attenzione l'attività del F. come autore di affreschi di tabernacoli di strada (Uoncini, 1994); e ancora quella di disegnatore, evidenziata dal Cairola (1956, pp. 54-63) e ridiscussa dal Bagnoli (1981).
Fonti e Bibl.: F. Chigi, Elenco delle pitture, sculture e architetture di Siena (1625-1626), a cura di P. Bacci, in Bull. senese di storia patria, XLVI (1939), pp. 213, 305-307, 313, 320, 322, 324, 329-332; I. Ugurgieri, Le pompe senesi, II, Pistoia 1649, pp. 381 s.; E. Romagnoli, Biografia cronologica de' bell'artisti senesi (ante 1835), IX, Firenze 1976, pp. 203-259; A. Cairola, S. F., Siena 1956; D. Capresi Gambelli, in Arte a Siena sotto i Medici (catal.), a cura di F. Sricchia Santoro, Siena 1980, pp. 163-171 (con bibl. precedente); B. Santi, Una proposta per S. F.: le testate di catalettodi Roccalbegna, in Prospettiva, 1980, n. 21, pp. 88-92; A. Bagnoli, Alcuni disegni sicuri di S. F., in Per A.E. Popharn, Parma 1981, pp. 97-105; G. Borghini, in Palazzo Pubblico di Siena, a cura di C. Brandi, Milano 1983, pp. 191, 303, 306 s.; M. Ciatti, in Mostra di opere d'arte restaurate nelle province di Siena e Grosseto (catal.), a cura di M. Ciatti - L. Martini - F. Torchio, III, Siena 1983, pp. 201-204; Die Kirchen von Siena, a cura di P.A. Rjedl - M. Seidel, I, i, München 1985, ad Indicem; II, 1-2, ibid. 1992, ad Indicem; F. Bisogni - M. Ciampolini, Guida al Museo Civico di Siena, Siena 1985, pp. 55, 58, 59, 64; M. Ciampolini, in La pittura in Italia. Il Cinquecento, Milano 1988, pp. 356, 358, 717; P.A. Riedl, L'Oratorio della Contrada dell'oca. Affreschi, in L'Oratorio di S. Caterina in Fontebranda, Siena 1990, pp. 46 s., 77-83; A. Leoncini, I tabernacoli di Siena, Siena 1994, pp. 31 s., 111, 179; U.Thierne - F. Becker, Künstlerlexikon, XII, pp. 153 s.