CENNINI, Sebastiano
Figlio di Domenico di Bernardo e di una Maria, nacque nel 1481 (Bacci, 1901), o più probabilmente poco prima del 1480, anno in cui il nonno Bernardo denunzia nella portata al Catasto che moglie, figli, nuore e nipoti vivono con lui. Fu orafo e glittico, e si può ben supporre che la sua formazione sia avvenuta nell'ambito della bottega dell'avo. Il 31 ott. 1504 è registrato un pagamento di 23 lire a suo nome per una corona di ventotto foglie di rame montate in argento su un filo d'ottone, che doveva ornare il "gighante", cioè il David di Michelangelo (Frey, 1909, n. 192; lo stesso doc. in G. De Nicola, in Rass. d'arte, XVII [1917], 8-9, p. 157 n. 1). Si tratta, come si vede, di una committenza pubblica, il che testimonierebbe che l'orafo godeva il favore del governo repubblicano al potere in quel periodo a Firenze. Non si sa per quanto tempo la corona sia rimasta posata sul David e quale ne sia stata in seguito la sorte. Nel 1516 fu pagata al C. dalla Compagnia del diamante di Firenze una medaglia, oggi perduta, con S. Giovanni Battista sul recto e il diamante con tre penne sul verso e con il motto "semper vivat" (F. Hill, A corpus of Ital. medals...,London 1930, I, n. 1117 bis).
Almeno fino al 1531 - secondo la testimonianza di B. Cellini - il C. dovette preparare i coni per le monete che uscivano dalla Zecca della Repubblica. Il 20 nov. 1525 egli figura come stimatore per conto del Comune di Cortona, accanto al maestro orefice Feliciano d'Antonio Orfini da Foligno, del lavoro lasciato incompiuto dall'orafo perugino Cesarino di Francesco di Valeriano per il reliquiario della S. Croce conservato nella chiesa di S. Francesco (Mancini, 1867; Rossi, 1873).
Dopo la nomina di Alessandro del Medici a supremo reggitore delle magistrature di Firenze (1531) cessarono per il C. gli incarichi pubblici. Eppure egli doveva avere ancora sostenitori a corte, se Ottaviano de' Medici. tentò di favorirlo presso Alessandro con un sotterfugio, cioè mescolando i ferri dell'anziano maestro di Zecca con quelli dell'orafo prediletto da Alessandro, Benvenuto Cellini. La rabbiosa reazione di questo segnò probabilmente la fine dell'attività ufficiale del Cennini.
L'episodio, riportato dallo stesso Cellini, va forse inquadrato in quel sommovimento di cariche che seguì alla nuova forma di governo instauratasi a Firenze col definitivo ritorno dei Medici dopo l'assedio e la capitolazione del 1530, e in cui venne epurata la classe dirigente che si era mostrata avversa al principato, ovunque, sostituita dai partigiani medicei.
Sempre secondo il Cellini, il C. lavorò anche di cesello, e dovette raggiungere nella pratica un buon livello qualitativo, perché le espressioni celliniane sono decisamente laudative; fatto questo piuttosto raro nel Cellini, specie se si considera che in questo caso egli dà un giudizio su un rivale, anche se professionalmente e politicamente compromesso. Dopo il 1531 non si hanno più notizie del C., e si ignora pertanto la data della sua morte.
Fonti e Bibl.: B. Cellini, Le opere, Firenze 1843, pp. 442, 491; Id., I trattati dell'orefic. e della scultura…,a cura di C. Milanesi, Firenze 1857, p. VIII; Id., Vita…, a cura di O. Bacci, Firenze 1901, p. 155 e nota; G. Mancini, Notizie sulla chiesa del Calcinaio...,Cortona 1867, p. 81; A. Rossi, Francesco di Valeriano detto il Roscetto e i suoi figli Federico e Cesarino, in Giornale di erudizione artistica, II(1873), 4, p. 123; K. Frey, Studien zu Michelagniolo Buonarroti und zur Kunst seiner Zeit, in Jahrbuch der königlichen preussischen Kunstsammlungen, XXX(1909), Suppl.,p. 132, nn. 189, 190, 192; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon..., VI, p. 284.