CAMMARERI SCURTI, Sebastiano
Nacque a Marsala il 27 marzo del 1852 da Pasquale e da Francesca Scurti. Seguì gli studi di agronomia e in questo campo svolse la sua attività professionale. Ma egli si sentì più irresistibilmente attratto verso la partecipazione attiva alla vita sociale e politica e verso i più assillanti problemi della proprietà, dell'economia agraria, della società contadina dell'isola.
Cominciò a pubblicare le sue idee e proposte sui giornali politici locali, tra i quali il marsalese Boeo. Politicamente, fu per diversi anni un fedele seguace di Abele Damiani, esponente marsalese del partito democratico-radicale. Ne fu segretario e collaboratore operoso ed entusiasta, specialmente nel periodo in cui il deputato marsalese ebbe incarico di realizzare e redigere, per la parte riguardante la Sicilia, la grande inchiesta agraria diretta da Stefano Jacini. Questo lavoro diede al C. ulteriori possibilità di esplorare e conoscere direttamente le condizioni tecniche e socioeconomiche delle campagne siciliane, maturando, per questa via, la sua adesione al socialismo.
Intorno al 1895 tramontava la stella politica di Abele Damiani e sorgeva, nel collegio di Marsala, quella del suo competitore radicale, Giuseppe Pipitone, un organizzatore di fasci contadini nella Sicilia occidentale. Gli eventi di fine secolo spingevano il C. verso il riformismo turatiano e sono del 1896 i primi articoli da lui scritti per la Critica sociale. Da essi emergono le motivazioni del suo meridionalismo riformista, in cui mediava le tesi salveminiane del suffragio universale e della democrazia contadina con il cauto gradualismo del gruppo milanese.
Nel 1896, per le edizioni della Critica sociale, pubblicava la prima parte del suo più impegnativo studio del Problema agrario siciliano, completato solo nel 1909.
Nel 1897 aderì al Partito socialista italiano, fondò nella sua città una sezione e ne diresse il giornale Il diritto alla vita, pubblicato dal 5 sett. 1897 al 15 sett. 1902. Collaborava contemporaneamente alla Critica sociale, alla Rivista popolare del Colaianni e all'organo socialista di Palermo, La battaglia. Sul Diritto alla vita pubblicava, nel 1899, una serie di interessanti osservazioni sulla mafia, che egli, diversamente dal Rudini, collegava con l'amara realtà del latifondo e riteneva una forza politica con cui i ceti privilegiati si garantivano la conservazione del potere tradizionale: magistratura, corpo elettorale e mafia erano visti come i tre strumenti della conservazione oppressiva e sfruttatrice.
Al congresso socialista di Bologna del settembre 1897 propose un ordine del giorno inteso ad illuminare i socialisti centrosettentrionali sulla peculiarità delle condizioni dell'agricoltura meridionale e siciliana, sciogliendo la soluzione del problema del latifondo dal concetto della fatalità fisica, di marca conservatrice, e legandola alla trasformazione del diritto di proprietà, mediante l'esproprio, la nazionalizzazione della terra e la industrializzazione dell'agricoltura. La nazionalizzazione non aveva né un carattere eversivo, né un carattere punitivo, perché il C. la intendeva come un acquisto dello Stato mediante l'impiego dei proventi dei dazi doganali di protezione, dei demani comunali, delle opere pie, dei beni senza eredi o con eredi lontani e, soprattutto, di una tassa fondiaria differenziale sulla rendita agraria, da rivedersi ogni quinquennio.
Egli rivendicò più volte l'autenticità di questa idea rispetto ad altre, approssimativamente somiglianti, di Spencer, Mill, George; idea la cui attuazione non doveva costituire uno strumento definitivo, ma temporaneo, e solo in questo senso rivoluzionario, per la costituzione dei capitali necessari alla trasformazione della proprietà privata in proprietà collettiva, da assegnarsi a società cooperative contadine.
Di una delle più organizzate e forti di queste società, la S. Marco, promossa dal Montalto, nel 1902, nel contado di Monte San Giuliano (Erice), il C. fu il fondatore, l'animatore, il tecnico, in mezzo all'ostilità ed al boicottaggio professionale mossi dai grandi terrieri del Trapanese. Lo sviluppo di quella organizzazione lo rese sempre più convinto della utilità delle leghe fra i contadini, quali mezzi indispensabili nella strategia antipadronale, per ottenere le terre in affitto, occorrendo con il mutuo soccorso e la resistenza, e per anticipare ai contadini più poveri la quota necessaria per far parte della cooperativa.
Leghismo e cooperativismo il C. predicò dal giornale Terra libera, già Monte (1905-1907), organo, da lui diretto, della lega e della cooperativa S. Marco, in cui si andava prodigando nelle più diverse funzioni di organizzatore, di amministratore, di agrimensore perito agrario. Si deve certamente alla sua entusiastica e piena dedizione se la cooperativa S. Marco divenne non solo un modello del genere, ma anche una forte presenza politica, contro il padronato, il latifondismo, la reazione agraria e lo stesso socialismo cittadino e borghese, in difesa dell'organizzazione contadina ed in appoggio ai candidati di più sicura fede progressista.
Ciò spiacque alle autorità governative, che, in occasione delle elezioni del 1907, vollero l'arresto di cinquanta leghisti, fra cui lo stesso Montalto. In loro favore il C. testimoniò con chiare parole di alto significato sociale e gli accusati andarono prosciolti.
Chiamato a far parte della direzione del partito, fu incaricato della propaganda cooperativistica per la Sicilia. In seguito all'uccisione di Lorenzo Panepinto, che dirigeva la cooperativa di S. Stefano Quisquina, il C., sfidando la reazione mafiosa, ne accettava la direzione.
Fu ostile, come Turati, all'impresa libica in generale, e, in particolare, combatté la costituzione di cooperative di agricoltori siciliani sull'altra sponda, nel timore che dovessero andarne disfatte le iniziative cooperativistiche avviate con tanti sacrifici sulla buona strada, e che egli riteneva risolutive del problema agrario e sociale in Sicilia, concorrendo a ridurre via via il latifondo e, soprattutto, lo spirito latifondistico. Ne ebbe accuse di dottrinario testardo, incapace di adattarsi alla mutevole realtà politica e sociale; ma sostenne fieramente la polemica, con argomenti degni ancor oggi di meditazione.
Nei congressi nazionali di Modena e Reggio Emilia ed in quello regionale di Palermo, tra il 1911 ed il 1912, combatté il rivoluzionarismo mussoliniano e sostenne l'unità del partito. Prevalsa in Sicilia la corrente socialista di destra, e contrario ad ogni autonomismo di tattiche socialiste, uscì e fece uscire la sua cooperativa dalla federazione regionale socialista. Pochi giorni dopo, il 13 ag. 1912, moriva, a Santo Stefano Quisquina (Agrigento).
Opere: Saggio sulla questione enologica in Italia, Marsala 1890; Il problema agrario siciliano, parte 1, Milano 1896;parte 2, ibid. 1909,Il problema siciliano e meridionale al congresso dei contadini di Corleone ibid. 1904; Il paese ericino, Marsala 1905. Sulla Critica sociale: Socializziamo la terra! Considerazioni di un siciliano sulla lotta di classe in Sicilia, VI (1896), pp. 203-206, 228 ss.; Ragioni e limiti dell'azione elettorale, ibid., pp. 309-12; La nazionalizzazione della terra e il Partito socialista italiano: ordine del giorno per il congresso di Bologna, VII (1897), pp. 251 ss.; Il problema della terra al congresso di Bologna, e il programma minimo del P.S.I., ibid., pp. 360-63; Organizzazione e politica del lavoro nella organizzazione sociale dei consumi, XIII (1903), pp. 161-65, 201-204, 222 s., 237 ss. Sulla Rivista popolare: Il socialismo in Sicilia e la nazionalizzazione della terra, 1897, nn. 1, 3; La spedizione dei Mille e il volgo siciliano, 1910, n. 8; Il suffragio universale e la colonizzazione interna, 1910, n. 15.Su La battaglia socialista: Nell'organizzazione montese speranze e pericoli, 1908, n. 48; Il diversivo tripolino e l'impoliticismo Siciliano, 1912, n. 5; Resoconto del primo congresso socialista siciliano, 1912, n. 13; Il prossimo congresso di Reggio Emilia e il socialismo siciliano, 1912, n. 23; Contro la esistenza di varie tattiche nel P.S.I., 1912, n. 26; Le coesistenze delle varie tendenze nel partito, 1912, n. 27.
Bibl.: Sudi lui, articoli polemici ecelebrativi in La battaglia socialista, 1908, nn. 16, 49; 1912, nn. 6, 13, 27, 33, 34; S. Costanza, Una inchiesta poco nota sulla mafia, in Nuovi quaderni del Meridione, II (1964), pp. 52 ss.; F. De Stefano F. L. Oddo, Storia della Sicilia dal 1860al 1910, Bari 1963, pp. 401, 403, 409 ss.; G. Procacci, La lotta di classe in Italia agli inizi del sec. XX, Roma 1970, pp. 154, 157-59, 163, 366. Rapide citazioni, talvolta del solo nome, in A. Angiolini-E. Ciacchi, Socialismo e socialisti in Italia, Firenze 1919, pp. 1040, 1061; R. Michels, Storia critica del movimento socialista in Italia, Firenze 1926, p. 194. Un esauriente saggio recente è G. C. Marino, Socialismo nel latifondo - S. C. S. nel movimento contadino della Sicilia occidentale (1896-1912), Palermo 1972.