BOMBELLI, Sebastiano
Nacque a Udine nel 1635 (venne battezzato il 15 ottobre) da Valentino pittore, aiuto di G. Lugaro, e da una certa Corona (Rizzi, 1961, p. 5). Prima del 1660 si trasferì a Venezia (Boschini), dove cominciò a esercitarsi copiando il Veronese; tra il 1663 e il 1665 fu a Bologna, alla scuola del Guercino. Rientrato a Venezia verso il 1665, vi dimorò per tutta la vita, salvo qualche viaggio in Italia e all'estero, dedicandosi particolarmente alla ritrattistica. Nel 1682 presentò la sua candidatura per la carica di tanzatore (revisore dei registri) nel Coronello dei pittori veneziani, ma non venne eletto. Nel 1685 aveva già compiuto due viaggi a Vienna, dove ritrasse la famiglia dell'imperatore Leopoldo, e qualche anno prima era stato chiamato alle corti di Baviera, Firenze, Mantova e Parma; aveva inoltre lavorato per i duchi di Brunswick e di Lüneburg, e per alcuni cardinali. Nel 1693 Vittore Ghislandi ottenne di entrare nella sua bottega e vi rimase dodici anni. Morì a Venezia il 7 maggio 1719 e fu sepolto nella chiesa di S. Pantalon. È ricordato nella fraglia pittorica di Venezia nel 1687, 1689, 1700.
Perduto il ritratto di Giovanni Bonatti da Ferrara, che il B. realizzò alla scuola del Guercino (Baruffaldi), la sua prima opera certa è il ritratto di Benedetto Mangilli (coll. Morelli de Rossi, Udine), datato 1665. L'architettura corporea del personaggio e la ricerca atmosferica hanno lontane ascendenze bolognesi, mentre il volto sanguigno e la fattura delle mani rimandano allo Strozzi. A tale opera si può collegare un gruppo di figure giovanili a mezzo busto (i due ritratti di Gentiluomo dei Musei civici di Udine e di Venezia; il ritratto di Polo e Gerolamo Querini della Fondazione Querini-Stampalia di Venezia), che riflettono la stessa esigenza concettuale: una presentazione bonaria ed affabile, che rifugge sia dalle cifre auliche e compassate dei fiamminghi, sia dalle leziosità dei prototipi bolognesi, con un'apertura, semmai, verso le esemplificazioni del Forabosco e del Mignard, presenti a Venezia proprio in quegli anni.
Col ritratto del Procuratore Gerolamo Querini (1670) e con quello coevo di Polo (Fondazione Querini-Stampalia), ambedue a figura intera, il modulo cordiale e castigato delle prime esperienze del B. ha un sussulto; i personaggi sono messi a fuoco con una inscenatura che, eludendo la ricerca introspettiva, punta su una teatralità di atteggiamenti e di gesti tipicamente secentesca: nasce così la ritrattistica aulica o di parata, di cui il B. sarà padre e maestro nell'area veneta oltre il suo tempo, e che gli procurerà commissioni in Italia e all'estero. L'uso di lacche, mutuato dal Veronese, la dialettica dei rossi e dei neri, già cara a F. Ruschi, il lume radente di ascendenza caravaggesca, e la ricchezza sensuale della materia di radice fiamminga gli consentirono di riqualificare il modulo tradizionale, acquisendogli piena cittadinanza veneta. A codesto concetto, di annullare il sentimento umano nell'iperbolica visione del Barocco, si ispirano anche altre opere, come il ritratto di Tre avogadori del seminario di Rovigo (prima del 1674), quello dei censori C. Contarini e L. Donà (1673) e il ritratto dei censori Marin Barbaro e Lando (1675) del palazzo ducale di Venezia.
Del 1675 è il primo Autoritratto, firmato e datato, del Museo civico di Udine, in cui il B., svincolato dalle imposizioni dei committenti, accentua la giovanile indagine per una ritrattistica corale, serenamente comunicativa, operando con un piglio linguistico e con una soluzione modulare che rimandano addirittura all'Ottocento. Ad un tipo di ritrattistica internazionale si legano invece i ritratti degli avogadori F. Diedo,N. Donà e M. Bembo (1677-78) e il ritratto degli avogadori P.Garzoni e F. Benzon (1683-84) del palazzo ducale di Venezia, caratterizzati dall'astrazione iconografica e dal canto aperto delle lacche rosse. Il secondo Autoritratto del Museo civico di Udine, in cui l'artista denuncia l'età di 51 anni (è quindi del 1686), attesta il superamento delle polemiche deformazioni del secolo in una stesura realistica e quindi "moderna", che apre la strada non solo alla pittura bergamasca (con fra' Galgario e A. Cifrondi in testa), ma anche e soprattutto a quella veneta, dal Piazzetta fino ad Alessandro Longhi. Il B. ribadisce codesto indirizzo anche nelle opere successive: il ritratto di Angelo Marenghi, firmato e datato 1694 (coll. Rizzi, Udine), reso con una trama essenziale che punta sulla loquacità del volto; i ritratti della Contessa Eurizia e del Conte Nicolò di Valvasone, rispettivamente del 1696 e del 1705 (collez. privata, Padova), preludio ai modi di Rosalba Carriera; e il ritratto di Bernardo Frangipane, conservato nel palazzo Strassoldo-Frangipane a Ioannis (1708), dagli impasti cipriosi che pure rimandano alla Carriera; il ritratto di questa, eseguito dal B. nel 1705 in occasione dell'ingresso della pittrice nell'Accademia romana di S. Luca, dove si conserva, è invece meno convincente, anche a causa di incauti restauri (Cessi).
Varie opere del B., per lo più introvabili o perdute, sono state tradotte a stampa: quattro da L. Heckenauer (Carlo Iarca,Giovanni Sagredo,Luigi Otellio,Autoritratto del B.), da D. Rossetti (due di Tomaso Senacchio), da A. Portio (Tipaldo Melezio), da M. Pizzati (Francesco Barbarigo), da A. Luciani (Nicola Delfino), da G. Cameratta (Autoritratto del B.), da G. Langlois (Gerolamo Querini), da G. Zauli (Giovanni Bonatti) e da V. Percoto (Gentiluomo sconosciuto). Anche queste incisioni attestano l'interesse del B. per una ritrattistica stringata e sostanziale, in chiave psicologica.
Per concludere, il pittore friulano, oltre ad influenzare fra' Galgario, rilancia nelle Lagune venete il genere ritrattistico (che egli enuclea in un duplice modulo, naturale e aulico), preparando la strada alle generazioni successive, di cui intravvede anche il pittoricismo leggiadro e l'empito decorativo. È una lezione che sarà salutare per molti, da Nicolò Cassana all'Uberti, dalla Carriera al Grassi, dal Nazzari ad Alessandro Longhi. Il B. ebbe un fratello, Raffaele, pittore anche lui, ma di modeste possibilità; perciò la sua vicenda anagrafica e stilistica è di scarso interesse.
Fonti e Bibl.: M. Boschini, La Carta del Navegar Pitoresco, Venezia 1660, p. 548; F. Sansovino, Venetia…, a cura di G. Martinoni, Venezia 1663, p. 21 delle agg.; J. de Sandrart, Academia nobilissimaeArtis pictoriae, Norimbergae 1683, p. 400; A. M. Zanetti, Della pittura veneziana, Venezia 1771, p. 398; G. de Renaldis, Della pittura friulana, Udine 1796, p. 116; G. Baruffaldi, Vite de' pittori e scultori ferraresi, II, Ferrara 1846, p. 248; F. di Manzano, Cenni biografici dei letterati ed artistifriulani, Udine 1885, p. 40; C. Caversazzi-G. Fogolari, Il ritratto italiano dal Caravaggio al Tiepolo, Bergamo 1927, p. 112; G. Fogolari, Lettere pittoriche..., in Riv. del R. Ist. d'archeol. estoria d. arte, VI (1937), p. 155; L. Grassi, Argomenti e annotazioni..., in Emporium, XCVIII (1943), p. 71; M. Del Bianco, Opere di S. B. al Museo civico di Udine, Udine 1951; Id., Un'opera giovanile di S. B., Udine 1951; N. Ivanoff, I ritratti dell'avogaria, in Arte veneta, VIII (1954), p. 278; La pittura del Seicento a Venezia (cat.), Venezia 1959, pp. 130-132; A. Rizzi, Precisazioni sul B., in Emporium, CXXXIV (1961), pp. 3-10; R. Pallucchini, La pittura veneziana del Seicento, disp. dell'univ. di Padova, parte 3, 1961-62, pp. 98-104; A. Rizzi, Rime in onore delB., in Udine, II (1963), pp. 3-18 (a pp. 13-18, catal. delle incisioni tratte da opere del B.); Mostra del B. e del Carneo, cat. a cura di A. Rizzi, pp. XLV-LVII, 4-73, con saggio introduttivo di R. Pallucchini, pp. XVII, XXXIII-XLIV (v. la recens. alla mostra di A. Morassi, in Arte veneta, XVIII [1964], pp. 227-233); F. Cessi, Il ritratto di Rosalba Carriera dipinto da S. B. per l'Accademia di S. Luca, in Arte veneta, XIX (1965), v. 174; G. Donzelli-G. M. Pilo, I pittori del Seicento veneto, Firenze 1967, p. 94; A. Rizzi, Mostra della pittura veneta del Seicento in Friuli (cat.), Udine 1968, pp. 14-22; U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon, IV, p. 262 (con ulter. bibl.).