LUCIANI, Sebastiano Arturo
Nacque ad Acquaviva delle Fonti, presso Bari, il 9 giugno 1884 da Michele e da Giuseppa Gissi. Compì la sua formazione musicale dapprima a Napoli, dove studiò composizione con C. De Nardis, poi a Roma, sua città d'elezione, con G. Setaccioli. Dopo una breve attività di maestro sostituto e di compositore, si dedicò soprattutto agli studi musicologici e alla critica cinematografica. In entrambi i campi profuse un impegno pionieristico, collaborando a numerosi giornali e periodici (Il Marzocco, Harmonia, La Voce, Giornale d'Italia, L'Italia letteraria, Ars nova, Rivista musicale italiana, La Rassegna musicale, Rivista italiana del dramma, Apollon, ecc.). Come musicologo partecipò attivamente alla rinascita degli studi sul Settecento italiano, in particolare sugli Scarlatti e su A. Vivaldi, tra l'altro fondando, insieme con Olga Rudge, il Centro di studi vivaldiani presso l'Accademia Chigiana di Siena (1947).
Fece parte del consiglio artistico delle Settimane musicali senesi sin dalla prima edizione (1939) in qualità di segretario del conte Guido Chigi Saracini, svolgendo svariate attività: dalla riduzione scenica del libretto della Iuditha triumphans per la rappresentazione nella Settimana senese del 1941 (revisione delle musiche curata da V. Frazzi), alla regia del Trionfo dell'onore di A. Scarlatti (1940), alla cura di note e documenti per la rivista Chigiana, in particolare su Vivaldi (1939), la scuola veneziana (1941), G.B. Pergolesi (1942).
Si distinse anche come uno fra i più acuti e lungimiranti teorici italiani dei primordi del cinema, svolgendo, tra l'altro, l'attività di consulente per i soggetti e le sceneggiature (Scipione l'Africano, 1937, di C. Gallone; Fascino, 1939, di G. Solito, ecc.) e di direttore della Triumphalis Film di Roma (1920-21) e dell'Ufficio soggetti, sceneggiature e musiche della Cines (1934).
Il L. morì ad Acquaviva delle Fonti il 7 dic. 1950.
Nell'attività intellettuale del L. vi fu una costante compresenza di interessi per l'antico e il contemporaneo. La vastità dei suoi interessi musicografici lo impegnò in settori diversificati.Così diede contributi originali e di notevole rigore scientifico: tra questi si segnalano la scoperta di composizioni di musicisti pugliesi del Cinquecento e del Seicento, trascritte in notazione moderna (I musicisti pugliesi dei secoli XVI e XVII, in Pagine di storia e d'arte di Puglia, Bari 1933, pp. 175-197 [numero speciale di Iapigia], e Villanelle alla napoletana a tre voci di musicisti baresi del secolo XVI, Roma 1941), nonché la riflessione teorica sulla necessità del rinnovamento del sistema armonico-tonale, studiando fra l'altro il legame fra armonici naturali e dissonanza (Una nuova interpretazione del fenomeno degli armonici, in Riv. musicale italiana, XX [1913], pp. 646-657; L'arco enarmonico di L. Russolo, in Musica d'oggi, VIII [1926], novembre), e le possibilità d'impiego dei modi greci e gregoriani nella musica contemporanea (I modi gregoriani e il "maggiore" e "minore" moderno, in Riv. musicale italiana, L [1948], 2, pp. 41-44). Degna di nota è anche la sua netta presa di posizione a favore dell'esecuzione di musiche antiche su strumenti originali, cui si accompagna al contempo la riflessione sulla necessità di "rinnovare il materiale sonoro e i mezzi d'espressione" per "rinnovare la musica", perché la storia della musica "non è che quella degli strumenti musicali" (Nuove musiche, in L'Italia letteraria, 3 maggio 1931). In sintonia con l'interesse diffusosi in Italia nei primi decenni del Novecento per le radici folkloriche della musica italiana, il L. si adoperò per il recupero e la diffusione della musica popolare d'area mediterranea, studiando a fondo le realtà musicali della sua terra d'origine (studi sul tarantismo: cfr. La tarantola di Puglia, in La Gazzetta del Mezzogiorno, 9 marzo 1943), così come quelle della Campania, del Lazio, della Calabria, del Friuli, della Sardegna. Tuttavia nel propugnare la riscoperta dell'immenso patrimonio del folklore musicale del passato, il L. si discostava dalle posizioni più scopertamente ideologiche e nazionaliste delle avanguardie italiane di quegli anni (si pensi a F.B. Pratella), in quanto il folklore rappresentava per lui una tappa fondamentale non solo per ritrovare l'identità nazionale, ma soprattutto per riavvicinarsi ai livelli compositivi europei.
Nel vivace ambiente culturale romano degli anni Dieci e Venti il L. ebbe modo di conoscere le più avanzate espressioni artistiche, stringendo importanti legami con alcuni rappresentanti dell'avanguardia italiana ed europea (G. D'Annunzio, A.G. Bragaglia, E.G. Craig, O. Respighi, G.F. Malipiero, I. Pizzetti, F. Casavola) e inserendosi a pieno titolo nel dibattito italiano sul rinnovamento dello spettacolo teatrale e della danza, spinto anche dall'entusiastica ammirazione per i balletti russi di S. Djaghilev.
Attratto dalle suggestioni sinestetiche del rapporto fra suono e colore, nel dicembre 1924 firmò con il conterraneo Casavola uno dei quattro manifesti futuristi sulla musica, intitolato Le sintesi visive della musica e pubblicato nella rivista di F.T. Marinetti Il Futurismo. Rivista sintetica illustrata (11 dic. 1924, pp. 3 s.; poi in S. Bianchi, La musica futurista. Ricerche e documenti, Lucca 1995, pp. 235 s.).
Il manifesto proponeva di superare il dissidio tra visione e musica presente nel tradizionale "dramma poetico-musicale" attraverso "la realizzazione scenica dell'idea dominante ed essenziale di un brano di musica". Riferendosi ai pionieristici spettacoli scenici ("balletti mimico-musicali") di M. Fokin e L. Bakst, collaboratori di Djaghilev, il L. e Casavola sottolineavano la necessità di ristabilire "l'equilibrio fra la sensazione musicale lenta e quella visiva rapida" ricorrendo ad apparati scenografici, ovvero a una tecnica in grado di plasmare la scena attraverso la luce, adeguando la percezione visiva a quella uditiva.
L'interesse e la riflessione sullo spirito moderno di fruizione dello spettacolo musicale attraversano costantemente tutta la produzione saggistica del L. dedicata alla musica, al teatro e al cinema. Fra i numerosi scritti di storia della musica, particolarmente interessante è La rinascita del dramma (Roma 1922).
Come spiega l'autore stesso, il libro si propone come "il primo saggio di una storia sintetica del teatro di musica, [(] dalla tragedia greca al dramma mimico contemporaneo". La tesi di fondo del saggio, basata sul "principio del contrasto fra lirismo corale e quello monodico" - da cui sgorgherebbe la rappresentazione teatrale - vuol dimostrare come il dramma rinasca "oggi dalla musica strumentale sinfonica - forma analoga dell'antico ditirambo - completamente emancipata dalla parola, ma da sola potentemente espressiva al pari della melica antica" (La rinascita del dramma, p. VIII). Evidenti le suggestioni nietzschiane, comuni a tutta l'avanguardia italiana, con la quale il L. condivide anche la concezione secondo cui la storia del dramma musicale è innanzitutto la storia dell'evoluzione della "tecnica" che gli è propria. Tale tesi viene approfondita in Orpheus, saggio scritto insieme con Respighi (Firenze 1925), in cui si sostiene che l'evoluzione tecnica della musica moderna è costituita dalla "tendenza dell'elemento fonico a liberarsi da quello verbale, e culmina perciò nella sinfonia di Beethoven", che incarnerebbe quindi "la tragedia dell'epoca moderna" (Orpheus, p. VII). Proprio a proposito dell'elemento tecnico, inscindibile da qualunque espressione musicale, il L. e Respighi sottolineano polemicamente l'irrinunciabile centralità del concetto di "forma" come fatto a sé stante, negato invece - in rapporto all'arte in genere - dalle correnti estetiche di stampo crociano allora predominanti.
Nei due volumi citati ampio spazio viene dedicato alle "tendenze attuali", consistenti per l'autore, oltre che "nella valorizzazione dei caratteri nazionali" e nel "dissolvimento della unità strofica e tonale", nella "aspirazione della musica alla rappresentazione" (ibid.). A questo proposito, il L. riconosce pienamente il valore rivoluzionario dei balletti russi, nei quali rinviene un nuovo genere di "dramma mimico", in cui la musica, completamente emancipata dall'elemento verbale, non segue semplicemente i gesti ma li determina. A proposito del legame primordiale fra musica e gesto, quest'ultimo connaturato al suono assai più della parola, nel volume La rinascita del dramma il L. dedica un capitolo al "dramma mimico musicale", che comprende una disamina dal "ballo teatrale dell'antichità" fino ai balletti russi di Djaghilev; è proprio in questi spettacoli che sembra trovare compimento la concezione della pantomima antica, grazie all'emancipazione della musica dall'elemento verbale, dando corpo alle "visioni evocate da certe musiche sinfoniche" sulla scia delle grandi intuizioni della danzatrice Isadora Duncan, la prima a osare danzare sulla "musica pura, scritta senza alcuna preoccupazione dei gesti" (La rinascita del dramma, p. 134).
Un interessante capitolo è dedicato dal L. all'evoluzione della scenografia, dove viene sottolineato ancora una volta il rinnovamento radicale apportato dai balletti russi. Qui si precisa quella tendenza della scenografia, già presente nell'opera wagneriana, "a diventare l'elemento essenziale nel dramma". A tal proposito il L. parla di "impressionismo visivo" che viene a integrare "sul teatro moderno quello sonoro" (ibid., pp. 164 s.), sostituendo al "gesto statuario dell'attore" le "armonie di luci e di colori", i "paesaggi reali e fantastici, i quali solo possono rappresentare vagamente, come la musica, degli stati d'animo, delle sensazioni" (ibid., p. 165).
Il contributo del L. al dibattito sulla danza e il balletto contemporanei non si limita a considerazioni teoriche. In collaborazione con Bragaglia partecipò attivamente alle stagioni del teatro sperimentale degli Indipendenti di Roma (1922-36), dove si mettevano in scena "pantomime a ballo", ispirate alle nuove forme europee di spettacolo mimodrammatico.
Significativa fu la presenza del L. alla prima stagione del teatro degli Indipendenti, in cui si ebbe la manifestazione più organica e più importante in Italia di pantomima a ballo: suo fu, infatti, l'adattamento di canzoni per liuto del secolo XVI trascritte e ridotte in forma di "suite drammatica" per lo spettacolo La fantasima (4 febbr. 1923, azione di Bragaglia, scene di V. Marchi), nonché la regia de La Morte e la fanciulla (30 genn. 1923), mimodramma su musica di F. Schubert, e la collaborazione con G. Comandino per Malagueña (12 marzo 1923), balletto su antiche canzoni spagnole.
In campo cinematografico fu uno dei più lucidi critici e teorici italiani delle prime fasi del cinema, individuandone i tratti più specifici e le affinità espressive con la musica. Condividendo l'approccio estetico di R. Canudo, egli fu tra i primi a riconoscere nel linguaggio del cinema una nuova forma d'arte autonoma.
La riflessione sul cinematografo parte da una prospettiva musicale, in quanto secondo il L. "lo scenario cinematografico non si scrive come un poema drammatico, ma si compone come una sinfonia, obbedendo a delle leggi più formali, di euritmia e di contrapposizione, che intellettuali" (L'antiteatro: il cinematografo come arte, Roma 1928, p. 77). In questo senso egli riconduceva le cause del mancato sviluppo delle potenzialità del cinematografo alla sua dipendenza dal teatro e dalla letteratura, sottolineandone la necessità di affrancarsi dalla staticità della rappresentazione scenica, per trovare il suo proprio ritmo visivo nella dimensione spazio-temporale ("musica per gli occhi") e quindi una sua dignità estetica autonoma. Nella sua attività di critico, fra l'altro valutò negativamente la pretesa di esattezza del film storico, individuando invece in Madame Dubarry (1919) di E. Lubitsch una notevole consapevolezza del medium cinematografico. Fra le sue intuizioni critiche più felici è da ricordare il giudizio dato sul cinema tedesco, con i suoi "film di idee", in particolare sul Dr. Mabuse di F. Lang, in cui si rivelerebbe "il riflesso della mentalità tedesca, alla cui radice è sempre lo sforzo per lo sforzo, e [(] il riflesso del tragico fallimento politico della Nazione" (L'antiteatro(, cit., pp. 68 s.).
Opere. Oltre quelle citate in precedenza si segnalano: Verso una nuova arte: il cinematografo, Roma 1921 (rist., ibid. 2000); Belfagor di O. Respighi. Guida attraverso la commedia e la musica, Milano 1923; Mille anni di musica, ibid. 1936; D. Scarlatti, Firenze 1939; La musica in Siena: saggi su antichi musicisti senesi con musiche inedite, Siena 1942; Il Tristano e Isolda di R. Wagner, Firenze 1942; Il cinema e le arti, Siena 1942 (rist., a cura di C. Artemite - V. Attolini, Manduria 2001). Articoli e saggi brevi: La musica nel dramma greco, in Il Marzocco, 8 giugno 1913; Il cinematografo e l'arte, ibid., 10 ag. 1913; La rinascita della danza, in Harmonia, II (1914), 4, pp. 1-7; Le visioni della musica e il cinematografo, ibid., 6, pp. 1-5; I modi greci e la musica moderna, in La Nuova Musica, XIX (25 maggio 1914), p. 53; Lettere musicali, I, Strawinsky, in La Voce, 28 febbr. 1915, p. 2; Nazionalismo musicale, in Musica, X (10 genn. 1916), 1; Appunti di estetica. (Rileggendo l'"Estetica" di B. Croce), in Trifalco, 1921, n. 4, pp. 128-131; Saggio di restauro di una canzone popolare della fine del secolo XV, in La Cultura musicale, 1922, settembre, pp. 181-186; Nuove musiche, in L'Italia letteraria, 3 maggio 1931; Cinematografo, Tecnica ed estetica, in Enc. Italiana, X, pp. 346-350; La più antica reliquia di musica scenica. Lo stasimon dell'Oreste di Euripide, in Riv. italiana del dramma, V (1941), 3, pp. 342-346; La Iuditha e la messa in scena, in Quaderno dell'Acc. Chigiana, XV (1947), pp. 38 s. Una scelta di scritti è compensata in Saggi e studi di S.A. L., a cura di G. Caputi, in Quaderni dell'Accademia Chigiana, XXXII (1954), numero monografico. Per un elenco esaustivo della produzione del L. si rinvia ad A. Attolino, Catalogo delle opere di S.A. L., in Bibliografia di S.A. L., a cura di B. Brunetti, Bari 2000, pp. 71-213 (gran parte del materiale qui catalogato è conservato nel Fondo S.A. Luciani presso il CRAV [Centro ricerche avanguardie] dell'Università degli studi di Bari).
Fonti e Bibl.: A.G. Bragaglia, Balletti agli Indipendenti, in La bella danzante, Roma 1936 (poi in La generazione danzante. L'arte del movimento in Europa nel primo Novecento, a cura di S. Carandini - E. Vaccarino, Roma 1997, pp. 467-471); U. Barbaro, In memoria di S.A. L., in Poesia del film, Roma 1955, pp. 17-26; M. Verdone, Gli studi cinematografici in Italia, in Antologia di Bianco e nero 1937-1943, a cura di M. Verdone, I, Roma 1964, pp. XV-XXXIX; V. Attolini, S.A. L. teorico del film, Bari-Santo Spirito 1971; C.L. Ragghianti, Canudo e L., in Arti della visione, I, Cinema, Torino 1976; F. Nicolodi, Gusti e tendenze del Novecento musicale in Italia, Firenze 1982, pp. 192-194, 196; A.C. Alberti - S. Bevere - P. Di Giulio, Il teatro sperimentale degli Indipendenti (1923-1936), Roma 1984, pp. 93-95, 111 s.; R. Zanetti, La musica italiana nel Novecento, Busto Arsizio 1985, ad ind.; F. Borin, Un eclettismo che veniva dal cinema, in Il Novecento musicale italiano tra neoclassicismo e neogoticismo, a cura di D. Bryant, Firenze 1988, pp. 361-366; La prima "Settimana musicale senese" e la Vivaldi Renaissance (1939-1989), in Chigiana, n.s., XLI (1989), 21; Musica e cinema, a cura di S. Miceli, ibid., XLII (1990), 22 (in partic.: S. Miceli, Storiografia musicale italiana e musica del cinema, pp. 201-222 e ad ind.); G. Sanguinetti, L'"Armonia Modernissima". La ricerca teorica nell'Italia del primo Novecento, in Riv. italiana di musicologia, XXX (1995), 1, pp. 175-211; S. Bianchi, La musica futurista. Ricerche e documenti, Lucca 1995, pp. 234-240; F. Bolzoni, Omaggio a un pioniere: S.A. L., prefaz. a S.A. Luciani, Verso una nuova arte. Il cinematografo, Roma 2000, pp. 5-20; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, p. 869; Suppl., p. 487; Enc. della musica Ricordi, III, p. 48; Enc. dello spettacolo, VI, coll. 1705 s.; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, IV, p. 511.