radicale, scuola
Corrente del pensiero economico, soprattutto di matrice anglosassone, che si è sviluppata negli anni del secondo dopoguerra, a partire da J.M. Keynes (➔), e dagli anni 1970 con la ripresa del pensiero di K. Marx (➔). Il pensiero economico r. non è tuttavia omogeneo nei contenuti, ma presenta diverse sfaccettature, a seconda del peso maggiore del pensiero keynesiano (➔ keynesiana, teoria) o marxiano (➔ marxiana, teoria). È, invece, omogeneo per quanto riguarda l’impostazione metodologica, che si basa su una decisa critica all’individualismo metodologico della scuola neoclassica (➔ neoclassica, economia; New neoclassical synthesis), a favore di un approccio teorico che tenga conto della storia e dei rapporti sociali, di volta in volta definiti dall’agire della stessa storia. La «Review of Radical Political Economy» e l’«International Journal of Political Economy» sono le principali riviste anglosassoni di riferimento della scuola radicale.
Fulcro della scuola r. è la descrizione del sistema capitalistico come ‘economia monetaria di produzione’, caratterizzata dalla preminenza dei processi di accumulazione e di finanziamento monetario alla produzione sull’attività di scambio. Già l’economia classica (➔ classica, economia), da A. Smith a D. Ricardo (➔), sino a Marx, aveva definito l’economia politica (➔) come quella disciplina che aveva come nucleo centrale la spiegazione dell’origine del sovrappiù e le modalità della sua distribuzione. La scuola r., recuperando l’economia classica, studia il sistema capitalistico, storicamente definito, come sistema di accumulazione e come sistema monetario. L’analisi dell’accumulazione fa riferimento in parte alla teoria marxiana dello sfruttamento (➔ sfruttamento del lavoro), ma anche al ruolo svolto dal progresso tecnologico nel modificare continuamente le modalità della produzione. In tale ambito assume rilievo, oltre a Marx, il riferimento a J. Schumpeter (➔) e alla scuola neoschumpeteriana con R.R. Nelson (➔), G.S. Winter (➔), C. Freeman, G. Dosi. L’analisi degli aspetti monetari della produzione fa invece riferimento più al Keynes del Treatise on money (1930) che al Keynes della General theory of employment, interest and money (1936), soprattutto in relazione allo studio del finanziamento dell’attività di investimento a opera della moneta come moneta-credito. Su questo punto, è necessario segnalare, oltre alla scuola postkeynesiana (➔ postkeynesiana, teoria) anglocanadese, a partire da H.P. Minsky (➔), J. Kregel, P. Davidson, sino a M. Lavoie e M. Saccareccia dell’Università di Ottawa, anche la scuola del ‘circuito monetario’ in Italia e Francia, che ha visto A. Graziani e A. Parguez come capostipiti.
Altre correnti della scuola radicale. Parallelamente all’analisi del sistema capitalistico come economia monetaria di produzione, sono degne di nota anche la scuola francese della Régulation (R. Boyer, P. Petit, A. Lipietz) e la ripresa del pensiero neooperaista di matrice italiana, che ha promosso un importante filone di ricerca sulle trasformazioni dei processi di valorizzazione e accumulazione, in presenza del ruolo sempre più pervasivo della conoscenza e della finanza, coniando l’espressione ‘capitalismo cognitivo’ (C. Vercellone, A. Negri, C. Marazzi, Y. Moulier Boutang).