Chicago, scuola di
Scuola di pensiero accademico sviluppatasi all’interno dell’Università di Chicago. Fondata nel 1890 da J.D. Rockefeller, è diventata nel corso del tempo uno dei più importanti centri di ricerca nel mondo, potendo vantare, fino al 2011, 85 vincitori del premio Nobel, di cui 22 in economia. Il termine scuola di C. è utilizzato con significati diversi in numerosi campi di ricerca oltre che in economia, tra cui la sociologia, la critica letteraria, l’architettura, la psicologia e le scienze politiche.
La scuola di C. di economia rappresenta un movimento accademico eterogeneo, che ricopre un ampio spazio di tempo e investe numerose aree di ricerca, ma può essere ricondotto ad alcuni principi comuni di stampo liberista, secondo cui i mercati, in condizioni di concorrenza, sono in grado di allocare le risorse economiche e distribuire il reddito nel modo più efficiente, il ruolo dello Stato nell’attività economica deve essere limitato. Storicamente, la scuola di C. ha posto particolare enfasi sulla teoria neoclassica della determinazione dei prezzi, i quali assumono la funzione di assicurare l’equilibrio nei mercati e rivelare le preferenze degli agenti economici. Si tratta quindi di una metodologia comune, applicata in numerosi campi della ricerca economica.
L’origine dell’influenza della scuola di C. risale all’opera di F. Knight (➔) e Jacob Viner (➔) negli anni 1920. Knight, in particolare, ha avuto una grande influenza sullo sviluppo della scuola, attraverso i suoi studenti M. Friedman (➔), G. Stigler (➔) e J. Buchanan (➔), soprattutto nell’approccio scettico e critico nei confronti di ogni teoria predominante. Knight avversò i teorici dell’economia non di mercato e fu contrario all’intervento pubblico nell’economia, ma criticò anche l’approccio utilitarista dell’efficienza di mercato, fondando invece la sua difesa del capitalismo sul valore etico della libertà, vista come bene ultimo. Altri esponenti del primo periodo della scuola di C., che si estende tra le due guerre mondiali, furono H. Simons (➔), A. Director (➔) e L. Mints, sostenitori della teoria quantitativa della moneta. Favorevoli a una politica monetaria espansiva per uscire dalla grande depressione, essi stilarono il cosiddetto piano di Chicago per stabilizzare il sistema bancario, che proponeva l’obbligo per le banche di detenere riserve pari al 100% dei depositi.
Queste analisi furono riprese e sviluppate dalla scuola monetarista, sviluppatasi a C. a partire dalla seconda metà degli anni 1950 sotto la guida di Friedman, che, tra l’altro, propose la regola di un tasso costante di crescita dell’offerta di moneta al fine di contrastare le fluttuazioni macroeconomiche, contro l’uso di politiche fiscali. Più in generale, questo secondo periodo della scuola di C. fu caratterizzato dal paradigma neoclassico dell’efficienza dei mercati concorrenziali, applicato ai più svariati campi di ricerca, tra cui: la teoria di search (➔ search, theory) e delle public choice (➔) nel lavoro di Stigler, la teoria dell’accumulazione di capitale umano e l’economia della famiglia da parte di G. Becker (➔), la teoria dei diritti di proprietà e dei costi di transazione di R.Coase (➔), gli studi di economia finanziaria di H. Markowitz (➔), M. Miller (➔) ed E. Fama (➔), e così via.
Infine, a partire dalla seconda metà degli anni 1970 si è sviluppata una terza fase della scuola di C., dominata dalla nuova macroeconomia classica di R. Lucas (➔), T. Sargent (➔) e R. Barro (➔), che gradualmente si staccarono dal monetarismo per fondare le loro analisi sui postulati di aspettative razionali e market clearing (➔ equilibrio competitivo).