Scrovegni
Famiglia padovana di probabili umili origini (Da Nono, De Generatione, cc. 23-24); raggiunse una rilevante potenza economica col prestito di denaro. Non si hanno notizie degli S. prima della fine del sec. XI; infatti sono nominati nel 1081 come ascritti al consiglio, e vengono posti dall'Orsato tra i magnati nell'anno 1106.
Il primo ricordo documentato sull'abitazione degli S. è del 1146 e riguarda le case poste in via Maggiore, nei pressi del duomo. Quest'edificio non è eredità di famiglia, ma è ottenuto dagli S. in seguito alla risoluzione di una disputa tra i canonici di Padova e alcuni abitanti di Monselice. Il fatto che la controversia si concluda in favore di questa famiglia, estranea a essa, dimostra i suoi buoni rapporti con il clero.
Gli S. che abitano in via Maggiore sono i discendenti di Ugolino, noto in quanto padre del famoso Rinaldo (If XVII 64 ss.). Contemporanei a Rinaldo, ma non sappiamo con quale grado di parentela, sono Pietro, Guglielmo e Ugo S.: quest'ultimo è partigiano e parente dei signori da Camposampiero, Pietro e Guglielmo sono due canonici.
Ramo principale della famiglia risulta quello derivato da Rinaldo, artefice massimo della fortuna monetaria degli S.: la sua fruttuosa esperienza porta i discendenti a svilupparne l'attività. Da una serie di documenti dell'archivio della curia di Padova - tutti del 1290 - si sa infatti che Manfredo, Enrico (figli di Rinaldo) e Pietro (figlio del defunto Bellotto, figlio di Rinaldo) svolgono un'attività di prestiti e depositi basata sulla costituzione di un fondo vitalizzato da proprietà solo familiari, in modo che gl'interessi non venissero dispersi. A quest'associazione partecipano anche le figlie di Rinaldo: Alessandrina, moglie di Frassalaste Capodivacca, Leonora sposata a Giacomo Patario, Adelaide il cui marito è Albertino di Giacomo Papafava; e una nipote: Agnola, figlia di Bellotto e sposa di Aicardino Capodivacca.
Possiamo osservare come la politica matrimoniale degli S. sia caratterizzata dalla ricerca di casati nobili, per rinvigorire la posizione sociale, e di quelli ricchi, per consolidare la raggiunta potenza economica. A tal fine sono anche mantenuti su un piano amichevole i rapporti col clero.
Enrico S., figlio di Rinaldo, continua e fa evolvere l'attività monetaria iniziata dal padre tramutandola in organismo di potenza politica. Ravviva i buoni rapporti con la Chiesa tramite l'erezione, nell'Arena di Padova, di una cappella in onore della vergine Maria, decorata da Giotto, raggiunge il cavalierato, e con i suoi matrimoni si lega alle famiglie più influenti politicamente: sposa in prime nozze infatti la sorella di Ubertino da Carrara e, alla morte della prima moglie, guastatisi i suoi rapporti con i Carraresi, non esita a unirsi alla figlia di Francesco d'Este.
Nel 1318 si reca presso Cangrande, con Giacomo da Carrara, Rolando da Piazzola, Giovanni da Vigodarzere, per negoziare quella pace che determina nella città l'inizio del consolidamento della signoria carrarese a cui si piega tollerante. Quando la situazione peggiora, a causa dell'atteggiamento di Giacomo da Carrara, e lo Scaligero, nel 1320, si arma contro Padova, Enrico, con tutta la famiglia, va esule volontario a Venezia. Il 1328 segna poi il definitivo cambiamento della posizione dello S.: Cangrande entra in Padova, Enrico torna da Venezia per riprendervi dimora, ma viene respinto da Marsilio da Carrara. Torna nuovamente in esilio a Venezia ove in pochi anni - dal 1328 al 1335 - riesce a creare una forte organizzazione di prestito; e qui muore nel 1336. I suoi figli Bartolomeo e Ugolino tornano a Padova verso la metà del '300 e qui si dedicano a vita politica sotto la signoria di Francesco da Carrara, effettivo padrone della città.
D. indica il casato degli S. mediante la rappresentazione dello stemma effigiato sulla borsa di Rinaldo, condannato come usuraio (If XVII 64-75); l'arme degli S. era una scrofa pregna rampante d'azzurro in campo bianco (v. SCROFA).
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