SCOLOPÎ
Sono così denominati, da Scuole Pie (in Spagna Escolapios, nell'Europa centro-orientale Piaristen), gli appartenenti all'Ordine religioso fondato da S. Giuseppe Calasanzio (v.). Ma l'erezione dell'ordine fu preceduta di parecchi anni dall'istituzione delle scuole popolari primarie (1597) per opera dello stesso santo, che quelle appunto cominciò col denominare Scuole Pie fin dalla loro origine. Fin da quando il Calasanzio dalla nativa Spagna venne trentaseienne a Roma (1592), dovevano essere chiare in lui le idee sulla necessità sociale di redimere tutto il popolo dalla schiavitù dell'analfabetismo, determinando più tardi il fermo convincimento espresso a principio delle Costituzioni dettate per il suo ordine: si diligenter a teneris annis pueri pietate et litteris imbuantur, felix totius vitae cursus procul dubio sperandus est. Le scuole calasanziane furono infatti, fin dal loro sorgere, aperte a tutti, a poveri e a non poveri, e completamente gratuite; e furono le prime vere scuole popolari primarie in Italia e in Europa, divise in classi, con esatta puntualità di orario, con sensata distribuzione di materie d'insegnamento, non dissociatavi l'istruzione religiosa da quella letteraria e scientifica, con intenti fondamentalmente educativi, secondo programmi che il Calasanzio stesso dettava, ispirandosi al suo savio criterio e al suo naturale tatto pedagogico. Per l'attuazione del suo ideale scolastico egli si era vanamente rivolto in Roma ai domenicani, ai gesuiti; si rivolse anche ai maestri rionali stipendiati, le cui scuole potevano essere frequentate dai soli abbienti. Si persuase finalmente di dover far da solo, e nel tardo autunno del 1597, in alcune camere attigue alla chiesa parrocchiale di S. Dorotea in Trastevere, aprì le sue scuole, coadiuvato da quel parroco e da pochi altri, più o meno abili e prezzolati. Le famiglie avvertirono subito il vantaggio immenso dell'istituzione calasanziana e le scuole fecero presto ad affollarsi, tanto che pochi anni dopo fu necessario per esse alloggio ben più vasto e furono trasferite presso S. Andrea della Valle, e quindi, a partire dal 1612, nella casa annessa alla chiesa di S. Pantaleo, donde (salvo il periodo 1748-1798) non si mossero più.
Intanto il Calasanzio si andava preoccupando dei suoi collaboratori nel ministero scolastico, e venne maturandosi in lui il proposito di istituire una congregazione religiosa i cui membri, ai tre voti soliti di povertà, castità, obbedienza, aggiungessero quello di dedicarsi al magistero preparandovisi adeguatamente. Già nel primo decennio del sec. XVII parecchi si associarono al Calasanzio in regolare vita di comunità, ma alcuni si manifestarono presto di spirito non buono e procurarono amarezze al Santo, che, pur d'indole piuttosto arrendevole, era rigidamente inflessibile in quelli che a lui parevano principî fondamentali e inderogabili del suo istituto. Ne soffrì molto la compagine dell'associazione, e il protettore cardinale Benedetto Giustiniani, ideò e volle la fusione di essa con la Congregazione preesistente dei Chierici regolari della Madre di Dio fondata dal beato Giovanni Leonardi. La fusione durò tre anni soli (1614-1617) perché i Chierici regolari della Madre di Dio, troppo abituati al ministero parrocchiale e missionario, non riuscirono ad adattarsi a quello scolastico; e di nuovo separate le due istituzioni, Paolo V erigeva l'istituto calasanziano in Congregazione Paolina delle Scuole Pie (1617), che Gregorio XV elevava poi (1621) a ordine religioso con voti solenni denominato definitivamente dei "Chierici Regolari Poveri della Madre di Dio delle Scuole Pie".
Nonostante l'ostilità di emuli e di interessati, e nonostante qualche dissidio interno per ragioni ora di ambizione ora di malcontento, specialmente perché il Santo voleva praticata da tutti la povertà in senso assoluto, l'opera calasanziana si accreditava e si propagava. Prima nel Lazio, quindi in Liguria, nel Napoletano, in Toscana, in Sicilia, in Sardegna, in Boemia, in Moravia e in Polonia furono istituite case e scuole, vivente ancora il Calasanzio. A render desideratissime le Scuole Pie contribuiva non soltanto il loro essere aperte a tutti e l'abilità e lo zelo dei maestri, alla cui preparazione specifica il Calasanzio voleva che si provvedesse con ogni cura, ma anche lo spirito di sana modernità e la praticità d'indirizzo a cui il Santo le volle improntate, prescrivendo metodi e provvidenze nuovi: quali la sostituzione della lingua parlata alla latina nell'uso della scuola; l'insegnamento simultaneo e la sua piena adeguatezza alla capacità dei discenti la costante amabilità di modi nei maestri e le loro industrie per prevenire la colpa e la mitezza somma negli eventuali castighi; l'assiduità e la sincerità, ma insieme nessuna esagerazione nelle pratiche religiose; le classi non affollate di alunni; lo studio dell'aritmetica e delle scienze accanto a quello della grammatica e delle lettere; il patronato e la refezione scolastica; l'assistenza extrascolastica, ecc. Tali metodi fanno del Calasanzio un parziale precursore della prassi scolastica odierna.
Gli Scolopî estesero presto la loro missione anche alle scuole medie e superiori, per volere dello stesso Calasanzio. Emuli e interessati si adoperarono in tutti i modi per tener ristretta la loro azione educativa nell'ambito della scuola primaria o elementare. Alla tentata limitazione resistette incrollabile il fondatore. Fu questa una delle cause di un ulteriore accanimento verso l'istituto calasanziano, il quale, minato variamente anche nell'interno da taluni membri ambiziosi e procaccianti, poté offrire il fianco ad accuse e calunnie, donde il Breve di soppressione dell'ordine scolopico, firmato da Innocenzo X il 16 marzo 1646. Il fondatore, nella sua meravigliosa pazienza di santo, aveva dovuto deporre il generalato nel 1643, sostituito da uno Scolopio indegno e da un Visitatore apostolico, e sopravvissuto due anni alla decretata soppressione dell'Ordine, morì il 25 agosto 1648 preannunziandone con sicura fede la risurrezione. Questa avvenne parzialmente nel 1656, quando Alessandro VII rese all'Istituto la fisionomia di congregazione religiosa a voti semplici, e totalmente nel 1669 quando fu rielevato da Clemente IX al rango di ordine religioso con voti solenni.
Dopo la loro reintegrazione gli Scolopî ebbero una ripresa delle più gagliarde, estendendosi molto in Italia e fuori. Alle ricordate provincie già esistenti si vennero aggiungendo la pugliese, l'ungherese, la lituana, l'austriaca, la renana, e quattro spagnole, cioè l'aragonese, la catalana, la castigliana e la valenzana con propaggini nell'America Centrale e Meridionale. In molti luoghi gli Scolopî non limitarono la loro opera alle scuole, ma assunsero anche il governo di collegi e di seminarî, sull'esempio del loro fondatore che dal cardinale Michelangelo Tonti (1566-1622) accettò l'incarico di istituire e reggere il Collegio Nazareno di Roma, aperto dal Calasanzio stesso nel 1630.
Specialmente il XVIII fu il secolo d'oro delle Scuole Pie, che nel 1784 contavano ben 218 case. I moti rivoluzionarî dell'ultimo Settecento e del primo Ottocento influirono sinistramente sull'ordine scolopico che in alcune regioni ne rimase stremato; e molto tornarono a soffrire le Scuole Pie italiane per la soppressione degli ordini religiosi nella seconda metà del secolo scorso. Ma l'Istituto non lasciò mai di dare dovunque uomini venerandi per dignità di vita, oltre che eccellenti nell'esercizio del ministero educativo e nel culto delle scienze e delle lettere, a cominciare dal drappello glorioso degli scolopî galileiani - quali, tra gli altri, Francesco Michelini (1604-65) e Clemente Settimj (1612-?), per giungere fino a oggi, attraverso uomini di fama spesso più che nazionale. Ricordiamo, fra gli Italiani, l'efficacissimo oratore sacro Pompilio M. Pirrotti (1710-1766), assunto di recente alla gloria degli altari, il filologo Edoardo Corsini (1702-1765), l'elettrologo Giov. Battista Beccaria (1716-1781), i fisici Carlo Barletti (1735-1799) e Liberato Baccelli (1773-1835), gli astronomi Giovanni Inghirami (1779-1851) e Giovanni Antonelli (1818-1872), l'inventore del motore a scoppio Eugenio Barsanti (1821-1864), i matematici Gregorio Fontana (1735-1803) e Domenico Chelini (1803-1878), il naturalista Carlo Giuseppe Gismondi (1762-1824), i sismologi Filippo Cecci e Alessandro Serpieri (1823-1885), i due apostoli dell'educazione dei sordomuti Ottavio Assarotti (1753-1829) e Tommaso Pendola (1800-1883), i letterati Mauro Ricci (1826-1900), Giuseppe Manni (1844-1923) ed Ermenegildo Pistelli (1862-1927), il teologo Giovanni Giovannozzi (1860-1928). E non indegni dei loro maestri furono molti alunni che, iniziati nelle scuole calasanziane all'amore di Dio, della patria, dell'umanità, delle scienze e delle arti, documentarono esemplarmente nella vita l'efficacia degl'insegnamenti ricevuti.
L'ordine è oggi assai fiorente per più migliaia di religiosi, per numero grande di case, per popolazione scolastica in Italia, Spagna, Ungheria, Austria, Polonia, Cecoslovacchia, Romania e America.
Bibl.: Oltre le opere citate alla voce giuseppe calasanzio, vedi: L. Picanyol, Brevis conspectus historico-statisticus Ordinis S. P., Roma 1932; A. Campanelli, La pedagogia calasanziana, Roma 1925; A. Horanyi, Scriptores Schol. Piar., ecc., Budapest 1908-09; T. Vignas, Index biobibliogr. CC. RR. S. P., ecc., voll. 3, Roma 1908-11; V. Caballero, Orientaciones pedagógicas de S. José de Calazanz, Barcellona 1921; P. Vannucci, Il Collegio Nazareno, Roma 1930.