PISTRUCCI, Scipione
PISTRUCCI, Scipione. – Nacque a Roma l’8 gennaio 1811, primogenito di Filippo e di Angela Celsi (1780-1883).
Avviato agli studi artistici dal padre, frequentò l’Accademia di Brera, divenendo allievo del pittore Luigi Sabatelli e distinguendosi nelle classi di disegno dal vero e di illustrazione, che gli procurarono i primi riconoscimenti artistici. Dopo l’esilio del padre a Londra, iniziato nel 1822, fu affidato alle cure materne, non senza gravi attriti familiari dovuti alla separazione. Si aggregò alla Giovine Italia e nel 1833 fu costretto ad abbandonare Milano a causa dei sospetti della polizia austriaca. Tra il novembre e il dicembre dello stesso anno riparò in Svizzera insieme a Giuseppe Mazzini, del quale realizzò un ritratto. Mazzini ricordò quel «giovane pittore» nel suo epistolario non solo per quel lavoro artistico ma, soprattutto, per la gentilezza d’animo e la fedeltà dimostrate durante il tragico esodo notturno del 3 febbraio 1834, dopo il fallimento della spedizione in Savoia, quando gli pose, con un gesto fraterno, «pianamente il mantello sulle spalle» (Scritti editi ed inediti di Giuseppe Mazzini, XXXIII, Imola 1921, p. 30).
Emigrato in Francia a causa dell’accusa di alto tradimento e del conseguente mandato di cattura emesso dal governo austriaco, negli anni Trenta Pistrucci divenne agente fidato e segretario di Mazzini, condividendo con quest’ultimo, oltre le rotte dell’esilio, le attività cospirative e le azioni politiche. Raggiunse il padre e i fratelli a Londra, dove continuò a collaborare con il mondo mazziniano tenendo lezioni di disegno presso la Scuola madre gratuita italiana di Greville Street a partire dal 1842 e realizzando nel 1845 il soggetto iconografico per la medaglia commemorativa in ricordo dei fratelli Attilio ed Emilio Bandiera, ideata da Pietro Giannone e coniata in migliaia di esemplari, per essere poi donata in segno di riconoscimento al parlamentare liberale inglese sir Thomas Slingsby Duncombe, che nel 1844 aveva difeso, nei suoi discorsi pubblici, gli esuli italiani e la legittimità delle loro aspirazioni politiche. Nel 1842, dopo essere stato assunto come disegnatore per completare una raccolta di arabeschi e disegni dei principali pittori italiani del Cinquecento, Pistrucci fu inviato in missione segreta da Mazzini in Lombardia per diffondervi la Giovine Italia. In assenza di grandi risultati, fece ritorno l’anno successivo a Londra, prendendo dimora a Hampton insieme alla propria famiglia.
Molti particolari della sua biografia pubblica e privata di patriota e cospiratore sono lumeggiati dall’epistolario mazziniano degli anni di proscrizione: il temperamento impulsivo e votato all’azione (ereditato dal padre Filippo), il senso di sradicamento vissuto in Inghilterra, la passione amorosa per Kate Hill, la completa devozione alla causa politica.
Nel 1847 Pistrucci fu a Parigi; seguì un lungo giro di visite con Pio Tancioni a Livorno, Pisa, Firenze, Perugia per conto della Giovine Italia. Nel febbraio 1848 fu arrestato ed espulso dallo Stato pontificio. Tornò a Milano nei mesi successivi insieme a Mazzini, trovando ospitalità presso la casa materna di palazzo d’Adda sul corso di porta Tosa. Lì i due amici condivisero l’esperienza dei mesi che portarono alle Cinque giornate e il 3 agosto 1848 s’iscrissero entrambi come «semplici militi» nel battaglione intitolato da Garibaldi a Francesco Anzani. Dopo essere stato clandestinamente a Roma durante la caduta del triumvirato, Pistrucci fu inviato nell’Italia centrale per ordire nuovi piani insurrezionali: a Spoleto, alla guida di un comitato umbro, coordinò dall’estate del 1849 fino all’agosto del 1851 le trame cospirative in tutta l’area, radunando i reduci delle precedenti imprese e cercando nuovi adepti. Mantenendo il profilo pubblico di artista appartato, diede vita a una stamperia clandestina con finalità di propaganda. Nell’agosto 1852, a seguito del ritrovamento da parte della polizia di alcune carte compromettenti, la sua posizione si aggravò al punto da costringerlo al trasferimento prima in Toscana, poi a Genova e infine a Lugano, dove giunse in gravi condizioni di salute a causa degli attacchi asmatici di cui soffriva e della prostrazione fisica dovuta al continuo nomadismo e alle privazioni che connotavano la sua vita di rifugiato e agitatore politico.
Continuando a risiedere nel Canton Ticino, Pistrucci riuscì comunque a mantenere le fila dell’organizzazione del moto milanese del febbraio 1853, salvo trasferirsi a Ginevra a seguito dell’ennesimo esito fallimentare. Dopo la partenza di Mazzini per Londra e la fondazione del Partito d’azione, continuò a esercitare le sue funzioni di emissario fidato, predisponendo nuovi piani insurrezionali che sfociarono tuttavia in un’ondata di arresti e proscrizioni, come quelle che seguirono la cospirazione romana di Giuseppe Petroni, volta all’uccisione del papa e all’allontanamento delle truppe francesi, e quella delle Romagne. Nel maggio 1853 tentò invano di rientrare in Piemonte in qualità di insegnante di disegno e di ottenere così un permesso di soggiorno, occupandosi frattanto del trasporto di armi e della diffusione dei giornali clandestini. Il 22 agosto 1853, trasferitosi a Valenza sotto il falso nome di Antonio Burlando e camuffatosi ancora da innocuo disegnatore presso l’ingegnere Foni, fu incaricato di organizzare i moti in Lunigiana; qui lo raggiunse da Milano la figlia Angelina (detta Gina, 1833-1923). Pistrucci tentò, in particolare, di coinvolgere gli emigrati stabilitisi nella cittadina piemontese per la costruzione della nuova galleria ferroviaria, come avvenne con i giovani Pilade Bronzetti e Baldassarre Tarquini. Ma il 1° ottobre 1853 fu arrestato dalle autorità sarde, insieme al compagno Adeodato Franceschi, per aver cercato di organizzare il partito clandestino mazziniano e fu tradotto nella fortezza di Alessandria. Ottenuta la grazia il 24 ottobre dello stesso anno grazie all’intercessione di un amico di famiglia (l’abate Carlo Cameroni, che si era battuto anche per fargli ottenere una carta di soggiorno dallo Stato piemontese al fine di evitargli quell’umiliante prigionia), fu scortato dai carabinieri al confine svizzero insieme alla figlia con un passaporto per Ginevra. Da lì riparò a Locarno e in Val Maggia, dove lo raggiunsero anche la madre e la sorella Caterina (1818-1903), frattanto espulse da Milano per la complicità loro riconosciuta nel moto del 6 febbraio 1853, quando la loro casa divenne effettivo rifugio e luogo di riunioni degli organizzatori della rivolta, fra i quali Giuseppe Fronti, Eugenio Brizi e Giuseppe Piolti de’ Bianchi.
Assillato sia dalle preoccupazioni economiche sia dalla minaccia di un’ennesima espulsione dal territorio svizzero, Scipione Pistrucci morì a Locarno il 19 febbraio 1854.
Fu sepolto nella chiesa di Muralto nel Canton Ticino, affacciata sul lago Maggiore; sulla sua tomba fu scolpito il motto «Ora e Sempre», a sancire la memoria della sua devozione alla causa politica mazziniana.
Opere. Si segnalano le seguenti edizioni illustrate da incisioni e tavole di Pistrucci: La Grecia descritta da Pausania. Volgarizzamento, con note al testo e illustrazioni filologiche, antiquarie e critiche di S. Ciampi, I-IV, Milano 1826-36; Le opere dei due Filostrati volgarizzate da V. Lancetti, I-II, Milano 1828-31; A. Dumas, Fragments tirés des impressions de voyage, Londra 1835; Opere di Procopio di Cesarea, I-III, Milano 1828-38.
Fonti e Bibl.: Milano, Museo del Risorgi-mento, Civiche Raccolte storiche, Fondo Scipione Pistrucci; Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Fondo Mauro Macchi, b. 5, f. 35; Roma, Biblioteca di storia moderna e contemporanea, Collezione Mazziniana (contiene lettere di Mazzini a Pistrucci, lettere di Pistrucci a Maria Mazzini); Firenze, Biblioteca nazionale centrale, Carteggi Vari, 72,155; 70, 4; N.A. 1278.I.99; N.A. 1278.I.116; Fondo Vannucci, XII, 42-42 bis (contiene due lettere collegate: una di Caterina Pistrucci, Lugano, 12 gennaio 1859; l’altra di Angelo Pistrucci, Torino, 1° maggio 1836); Pisa, Biblioteca universitaria, Autografi Rosselmini-Gualandi; tredici lettere di Scipione Pistrucci a Maria Mazzini sono pubblicate in M. Menighini, Giuseppe Mazzini sulla via del Triumvirato, in Nuova Antologia di lettere, scienze ed arti, s. 6, 1921, vol. 210, pp. 218-225; Scritti editi ed inediti di Giuseppe Mazzini, XV, Imola 1913, pp. 25, 366, 371, 378; XIX, Imola 1914, pp. 39, 171; XXXIII, Imola 1921, p. 30; XXXVII, Imola 1923, pp. 12 s., 103; XL, Imola 1924, pp. 52 s., 246 s., 270-276, 290-295, 307-311, 319-322, 337, 353; XLV, Imola 1926, pp. 45, 176. Inoltre: G. Lucarelli, Le spie. Rimembranze storico-politiche del secolo XIX, Genova 1853, pp. 131 s., 236; R. Soriga, Echi mazziniani del 6 febbraio 1853. I Pistrucci, in La Lombardia nel Risorgimento italiano, XIV (1929), 1, pp. 3-27; M. Mauerhofer, Mazzini et les refugiés italiens en Suisse, in Revue d’histoire suisse, XII (1932), 1, pp. 45-100; D. Spadoni, Filippo Pistrucci e la sua famiglia, in Rassegna storica del Risorgimento, XIX (1932), 3, pp. 733-771; Id., P. S., in Dizionario del Risorgimento nazionale, diretto da M. Rosi, III, Milano 1933, pp. 914-916; G. Martinola, Nuove notizie sulla morte di S. P. a Orselina, in Bollettino storico della Svizzera italiana, LXXIII (1961), 2, pp. 51-70; Id., Altre notizie su S. P. e Adeodato Franceschi, ibid., XCVII (1985), 1, pp. 29-34; A. Marra, Pilade Bronzetti un bersagliere per l’unità d’Italia. Da Mantova a Morrone, Milano 1999, pp. 115 s.; A. Bistarelli, Gli esuli del Risorgimento, Bologna 2011, pp. 301 s; Dear Kate. Lettere inedite di Giuseppe Mazzini a Katherine Hill, Angelo Bezzi e altri Italiani a Londra (1841-1871), a cura di R. Sarti - N. Mayper, Soveria Mannelli 2011, pp. 45-48, 117, 190, 206 s.