PANNOCCHIESCHI d'ELCI, Scipione
PANNOCCHIESCHI d’ELCI, Scipione. – Nacque a Siena il 28 giugno 1598 dal conte Orso Niccolò e da Lucrezia di Scipione Bulgarini, ultimo di sei figli.
Nel 1608, insieme con il fratello primogenito Ranieri, seguì il padre nella legazione spagnola tra Madrid e Valladolid, dove affinò gli studi umanistici grazie al maestro Lorenzo Franciosini, insegnante di lingua italiana e castigliana a Siena, che per volontà granducale fu inserito nella famiglia dell’ambasciatore. All’età di sedici anni fece il suo ingresso nel Collegio di Alcalà coltivando fino al 1618 la formazione in campo teologico. Dato il prestigio dello Studio di Alcalà, su suggerimento di Belisario Vinta, primo segretario di Ferdinando II e imparentato con i Pannocchieschi d’Elci, si era già pensato di avviarlo alla carriera ecclesiastica, al fianco del giovane cardinale Francesco de’ Medici, morto però prematuramente nel 1614. Orso Niccolò, ottenuta una pensione reale di 3000 scudi, la commutò in un titolo marchionale per il figlio Ranieri e in una rendita ecclesiastica di 1000 scudi per Scipione, che ottenne i proventi dall’arcivescovato di Messina.
Terminata la missione spagnola del padre, nel 1618, Scipione rientrò in Toscana con la famiglia. A Siena completò la formazione compiendo in casa gli studi legali sotto la guida del parente Niccolò Fantoni, chiamato a Firenze dal governo mediceo nel 1620 per ricoprire la carica di Auditore di Ruota. Per due anni si esercitò a Firenze con Fantoni nella pratica legale guadagnandosi la fiducia delle granduchesse Cristina di Lorena e Maria Maddalena d’Austria, la quale gli affidò anche il compito di sorvegliare le corti dei principi infanti, i figli Giovan Carlo, Francesco e Leopoldo. Seguì il padre a Roma nel 1621, quando fu inviato ambasciatore straordinario presso il neoeletto Gregorio XV e nel 1623 nella corte del cardinale Carlo de’ Medici, nel contesto delle trattative sponsali tra Claudia de’ Medici e Federico Ubaldo Della Rovere che avevano impegnato l’intera diplomazia medicea.
Il suo primo tentativo di avviare a Roma il suo percorso ecclesiastico avvenne nel 1623, quando era ancora sul tappeto la ‘questione di Urbino’, per la quale Cristina di Lorena mobilitò, accanto all’azione diplomatica di Orso Niccolò Pannocchieschi d’Elci, la corte del figlio cardinale Carlo de’ Medici per promuovere alleanze in favore della causa toscana. Giunto a Roma nel dicembre di quello stesso anno con il cardinale Medici, nel 1624 Scipione ottenne la nomina a referendario della Segnatura Apostolica, carica che era il primo gradino di una carriera curiale e il cui conseguimento non interruppe la ricerca di uffici più importanti. Inviato governatore a Spoleto e ad Ancona nel 1627, ebbe dalle popolazioni apprezzamento e consenso per il suo governo. Dopo un nuovo governatorato a Fermo, il 3 maggio 1629 fu consacrato sacerdote.
Il 28 luglio 1631 Urbano VIII lo nominò vescovo di Pienza dove fondò un nuovo monastero femminile. Il 3 marzo 1636, a seguito della morte dell’arcivescovo di Pisa Giuliano de’ Medici, passò a quella diocesi, facendovi l’ingresso solenne il 1° maggio. Il 15 settembre, morto il padre, ottenne alcune garanzie sui beni di famiglia a partire dal loro usufrutto e da una rendita vita natural durante, da parte del fratello Ranieri.
Nel suo lungo ministero episcopale, fino al 1663, tenne solo due sinodi, nel 1639 e nel 1659. Promosse numerose opere di restauro e di abbellimento delle chiese e concluse i lavori del seminario, nella piazza dell’arcivescovato, finanziandoli in parte con denari pubblici, in parte con le rendite derivanti dall’eredità paterna.
Con la Laudex ratificatio del testamento originario (Arch. di Stato di Firenze, Notarile moderno, 15532, cc. 143-150), il 28 settembre 1641 Fantoni, divenuto auditore della Consulta del granduca Ferdinando II, appianando alcune divergenze sorte tra i fratelli, ristabilì il valore monetario e i diritti di usufrutto delle rendite spettanti a Pannocchieschi d’Elci.
Innocenzo X lo nominò nunzio a Venezia, con l’incarico di affrontare la complicata questione turca e il diffondersi di dottrine protestanti nella Repubblica (Arch. di Stato di Venezia, Pannocchieschi d’Elci, 7). Giunto a Venezia il 12 gennaio 1647, in compagnia del cardinale de’ Medici, si adoperò per ristabilire rapporti cordiali tra la Curia e la Repubblica. Attraverso gli stretti contatti tenuti con i cardinali Panfili, Panzirolo, Capponi, Ginetti , Barberini, Spada, Caraffa, Donghi, Falconieri, Savelli, Odescalchi, Cibo, Paolucci, Luonghi e Massari, riuscì ad avallare le richieste avanzate da Venezia allo Stato della Chiesa di galere, fanti, munizioni d’artiglieria e quant’altro potesse essere di supporto alla difesa veneziana. Anche grazie all’efficace azione del nunzio, Venezia limitò i danni dovuti alla perdita di Candia, mantenendo la Dalmazia e Zante.
Nel 1655 fece la sua prima visita pastorale nella diocesi di Pisa. Creato cardinale in pectore il 9 aprile 1657, fu inviato alla legazione presso la corte dell’imperatore Ferdinando III, dove per circa un anno svolse un’accurata analisi della situazione politica in Germania cercando di comprendere le ripercussioni della Guerra dei Trent’anni. Nell’aprile 1656 fu richiamato a Roma; il 6 maggio 1658 divenne cardinale presbitero con il titolo di S. Sabina. Nel 1661 ebbe la funzione di governatore della legazione di Urbino. Nel 1662 rientrò nella sua diocesi e organizzò una seconda visita pastorale in vista della sua cessione al nipote Francesco, che avvenne l’anno seguente.
La carriera ecclesiastica di Francesco, nato a Firenze nel 1625 da Ranieri, fratello di Scipione, e da un’Altoviti si svolse all’ombra dello zio. Cameriere segreto del papa e canonico di S. Pietro, lo seguì nella legazione a Venezia nel 1649-52, sulla quale scrisse una Relazione che offre un ritratto effice della vita pubblica veneziana dell’epoca (Venezia alla metà del secolo XVII. Relazione inedita di monsignor Francesco Pannocchieschi, a cura di P. Molmenti, in Rendiconti della R. Accademia dei Lincei, Classe di scienze morali, storiche e filologiche, s. 5, XXV [1916], pp. 187-242) e in Germania nel 1653-54. Divenuto arcivescovo di Pisa il 27 agosto 1663 (fece il suo ingresso solenne il 23 dicembre), risiedette nella città fino alla morte avvenuta il 20 giugno 1702.
Dopo la rinuncia all’arcivescovato Scipione Pannocchieschi d’Elci si trasferì definitivamente a Roma, dove alimentò una rete di clientele curiali anche ricorrendo al prestito di denaro. Partecipò ai due conclavi del 1667 e del 1670. Secondo l’opinione dei contemporanei, in quest’ultimo avrebbe potuto essere eletto se non fosse sopravvenuta la morte, il 12 aprile 1670.
Dai legati testamentari emergono i suoi stretti legami con la Chiesa di Pisa e la chiesa di S. Agostino a Siena, dove si trova la cappella di famiglia, alle quali lasciò «la suppellettile della sua cappella domestica con tutto quello che sta destinato per ornamento» (Arch. di Stato di Firenze, Testamento forestieri, 13, n. 21). Non dimenticò gli affetti più importanti: i nipoti, marchesi di Monticiano e l’arcivescovo di Pisa, il principe Agostino Chigi e il cardinale Chigi.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Acquisti e doni, 243.4; 243.5; Miscellanea medicea, 92.6; Notarile moderno, 15532; Testamenti forestieri, 13, n. 21; Arch. di Stato di Venezia, Pannocchieschi d’Elci, 6 s.; Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. Lat., 10423; Chigiani, A.III.68; Siena, Biblioteca comunale, B.V.24; M. Pieralli, Orazione... all’illustrissimo e reverendissimo monsignor Scipione Pannocchieschi de’ conti d’Elci, nuovo arcivescovo, dedicata al signor conte Orso, suo padre, Maestro di Camera del Gran Duca di Toscana, Pisa 1636; I. Ugurgieri Azzolini, Le Pompe sanesi, I, Pistoia, 1649; B. Bennasar, Il secolo d’oro spagnolo, Milano 1985; R. Ago, Carriere e clientele nella Roma barocca, Roma-Bari 1990.