Uomo politico, generale e giurista romano (sec. 2º a. C.). Legato di Paolo Emilio nel 168 a. C., aggirò l'esercito di Perseo prima della battaglia di Pidna ed ebbe parte attiva nella battaglia; eletto console per il 162, dovette dimettersi perché il cognato Tiberio Gracco che aveva presieduto l'elezione dichiarò di avere inavvertitamente trasgredito una legge rituale. Da qui nacque il dissidio tra le due famiglie. Fu censore nel 159; console nel 155, distrusse Delminio, capitale dei Dalmati, e celebrò il trionfo. Difese, contro Catone il Censore, Cartagine, sostenendo che Roma dalla presenza e dal timore della città rivale (il metus hostilis) sarebbe stata costretta a una politica più saggia e a mantener viva la concordia interna. Fu anche lodato giurista.