DAL FERRO (Del Ferro), Scipione
Nacque a Bologna il 6 febbr. 1465 da Floriano, cartolaio, e da Filippa.
La famiglia era di origine bolognese, come risulta dai Chronica della città, in cui il cognome Dal Ferro appare fin dal XIII secolo. Non è possibile però stabilire se intercorressero legami di parentela con Alberto gonfaloniere nel 1429 (Corpus Chronicorum Bononiensium, a cura di A. Sorbelli, in Rer. Ital. Script., XVIII/1, t. IV, p. 15), con Boncompagno, incaricato nel 1442 di eseguire i provvedimenti fiscali emanati dal Consiglio dei seicento (A. Ghirardacci, Della Historia di Bologna, a cura di A. Sorbelli, ibid., XXXIII, t. I, pp. 88 s.), con Giacomo, che nel 1480 prese in affitto una casa vicino S. Bartolomeo (F. Guidicini, III, p. 69), o infine con Alessandro, gonfaloniere nel 1458 (G. N. Pasquali Alidosi, I signori consoli e gonfalonieri di Giustizia della città di Bologna, Bologna 1670., p. 3), il quale risulta tra i notabili della città che nel 1464 presentavano i loro doni per il matrimonio di Giulio Malvezzi (Corpus..., p. 325). Va comunque sottolineato che nel 1468 fu concesso l'appalto della Zecca alla famiglia Dal Ferro, insieme con la famiglia Lupari, per "battere moneta e quattrini" (Guidicini, V, pp. 200, 205).
Il D. studiò sicuramente a Bologna, ma non e possibile accertare la data precisa della sua laurea, in quanto per quegli anni manca il Liber secretus relativo alle lauree in arti, né tanto meno conoscere quali furono i suoi diretti professori; ma lo Studio di Bologna nell'ultimo ventennio del secolo XV poteva contare su nomi prestigiosi nel campo delle discipline astronomiche e in quello di grado elementare e generale, cioè dell'aritmetica e geometria.
Nel 1496-97 il D. iniziò la sua attività di insegnante: venne assegnato alla lettura "ad arithmeticam et geometriam", dove ricoprì il quarto posto nell'ordine del rotulo del 2 ott. 1496, accanto a lettori più anziani come Antonio Dalla Croce, Pirro Albiroli, Benedetto Pancerasi e lo stesso Girolamo Machiavelli.
Lo stipendio, attestato da un decreto del 23 dic. 1496, ammontava a 25 lire. Egli dovette via via riscuotere un sempre maggiore successo, come confermano da un lato la stima e il ricordo dei suoi discepoli - ma tra di essi non deve essere annoverato il Copernico (errato il Malagola, 1888, p. 419) - e dall'altro gli elevati stipendi, 50 lire nel 1504, 100 lire nel 1507, 125 nel 1510 fifio a 150 lire, che si giustificano in quanto elargiti ad un "matematico eccellentissimo". E del resto nel primo testamento che risale al 31 luglio 1505 (pubblicato in Frati, pp. 204 s.), egli è definito "artithmeticae et geometriae princeps". Lo stesso Giovanni Filoteo Achillini che nel 1511 aveva fondato a Bologna l'Accademia del Viridario, lo ricorda nel suo Viridario (Bononiae, per H. de Plato, 1513, f. 187r).
Nel 1505 il D. abitava accanto alla parrocchia di S. Bartolomeo; probabilmente non era ancora sposato se nel testamento di quell'anno nominava erede la madre Filippa e destinava 200 lire alla sorella Ludovica, moglie di Domenico Scaramanini, ed il resto del patrimonio (non specificato) al fratello Gabriele e ai suoi eredi.
Egli possedeva sicuramente la casa di via Cartoleria Nuova n. 600 (vicino S. Petronio) dove era nato, che però vendette con un atto del 28 dic. 1512 a Corallo Mazzoni insieme con un terreno adiacente. Il D. poté incrementare il suo patrimonio in quanto divenne probabilmente contabile dei dazi sulle moline, come si deduce dall'acquisto di numerosi crediti che egli effettuò tra il 1517 e il 1523 rogati dal notaio Matteo Gessi (Frati, p. 199). Non è possibile accertare se altre case appartenenti nel XVI secolo alla famiglia, in via Monticelli, in Borghetto S. Lucia, presso le case nuove di S. Martino (Guidicini, I, pp. 295, 337; III, p. 155) fossero già di proprietà del Dal Ferro.
Questi sposò, non sappiamo in quale anno, Cornelia di Salvatore Pennacchi, dalla quale ebbe una figlia, Filippa, che a sua volta l'8 genn. 1527 andò sposa ad Annibale Della Nave, scolaro del D. e suo successore nella cattedra di aritmetica e geometria nel 1526. È certo significativo che il Della Nave aggiunse al suo cognome "alias dal Ferro", come risulta anche da un atto di locazione del r luglio 1549 (Guidicini, I, p. 143); ancora nell'anno 1600 è registrata una "Alessandra dalla Nave alias Ferri" (Guidicini, II, p. 169). Fino all'anno 1525-26 il D. insegnò ininterrottamente a Bologna; nell'estate del 1526 dovette trasferirsi a Venezia, come si deduce dal testamento rogato dal notaio Bonifacio Soliano (peraltro perduto), nel quale lasciava alla moglie la somma di 500 ducati. Egli però ritornava ben presto a Bologna, dove il 29 ott. 1526 veniva reinserito nei rotuli dell'università. Morì pochi giorni dopo: il 16 novembre infatti i rotuli registrano un aumento di salario per Giovanni Maria dei Cambi in seguito alla morte del D., la quale si deve dunque collocare tra il 29 ottobre e il 16 nov. 1526.
Nessuna opera, manoscritta o a stampa, rimane del Dal Ferro. Ludovico Ferrari, discepolo ed afflico del Cardano, dichiarava. nel 1547 di aver visto cinque anni prima, cioè nel 1542, un "libellum manu Scipionis Ferrei" presso Annibale Della Nave (Secondo cartello di matematica disfida, a cura di E. Giordani, Milano 1876, p. 3); questo manoscritto è andato probabilmente perduto.
Merito principale del D. è di aver scoperto la risoluzione algebrica delle equazioni di terzo grado, problema che era stato posto fin dall'antichità e che ancora Luca Pacioli giudicava insolubile. Il nome del D. fu al centro dell'aspra contesa che a partire dal 1545 oppose il Cardano ed il Ferrari da un lato e il Tartaglia dall'altro. A proposito della equazione x3 + px = q (cioè cubo e cose eguali a numero) il Cardano scriveva che "Scipio Ferreus Bononiensis" aveva scoperto "rem sane pulchram et admirabilem" ed aggiungeva che il Tartaglia, definito ancora "amicus noster", aveva appreso da Antonio Maria Fiore, discepolo del D., la notizia di tale scoperta e, spinto da "emulazione", aveva cercato di risolvere il problema (Artis magnae sive de reguli algebraicis, Norimbergae, per Ioh. Petreium, 1545, f 3r); tale risoluzione era stata dal Tartaglia nel 1539 confidata in tutta segretezza allo stesso Cardano, il quale però si accingeva a diffonderla e a completarla con l'aiuto del Ferrari (ibid., f. 3r). Il Cardano ricordava inoltre che il D. era giunto a tale scoperta trenta anni prima, cioè intorno al 1515 (ibid., f. 29v). Da parte sua il Tartaglia confermava che Antonio Maria Fiore nel 1535 si serviva, senza dimostrarla, di una formula segreta comunicatagli da un "gran mathematico" (Quesiti et inventioni diverse [1554], a c. di A. Masotti, Brescia 1959, f. 106v), ma aggiungeva che già nel 1530 egli aveva risposto ai quesiti presentatigli da un certo "maestro Zuanne de Tonini da Coi" (ibid., f. 101rv). Inoltre nel 1547 il Ferrari dichiarava di aver visto a Bologna insieme con il Cardano presso il Della Nave un "libellum manu Scipionis Ferrei soceri sui iam diu conscriptum, in, quo istud inventum eleganter et docte explicatum tradebatur" (Secondo cartello, p. 3); in ogni caso il Tartaglia non respingeva tale testimonianza ("questa particolarità non mi par licita a doverla disputare né manco negare", Seconda risposta della matematica disfida, p. 3).
Gli stessi storici moderni hanno discusso se al D. si dovesse assegnare la risoluzione di entrambi i tipi di equazioni cubiche, cioè x3 + px = q e x3 = px + q (cubo eguale a cose e numero). Il Cardano nel De libris propriis ricordava però che il D. aveva scoperto "duas regulas algebrae" (Opera, II, Lugduni 1663, p. 56); ma la conferma che il D. aveva risolto sia x3 + px = q sia x3 = px = q deriva da due manoscritti segnalati nel 1925 dal Bortolotti. Nel ms. 473 (595) miscell. N (cfr. Mazzatinti, XVII, p. 151) della Biblioteca universitaria di Bologna, Pompeo Bolognetti, discepolo del D., dichiarava (f. 50v) che la risoluzione "l'hebbe da messer Sipione dal Ferro, vecchio bolognese". Ed ancora nel ms. B 1569 della Biblioteca comunale dell'Archiginnasio di Bologna (cfr. Mazzatinti, LXXV, p. 55) Raffaele Bombelli nella sua Algebra dichiaravache "tale regola fu ritrovata da Scipione dal Ferro bolognese che fu huomo rarissimo in quest'arte" (f. 28r): tale brano manca purtuttavia nell'edizione bolognese del 1572 dell'Algebra dello stesso Bombelli.
Sempre dal ms. B 1569 apprendiamo che il D. scoprì la regola che rende razionale il denominatore di una frazione con denominatore irrazionale, problema che risaliva già ad Euclide.
Il Ferrari è testimone ancora di un'altra "bella inventione" del D., questa volta nel campo geometrico, cioè "operare senza mutare l'apertura del compasso" (Quinto cartello di matematica disfida, p. 25). problema già noto ai matematici arabi dei X secolo e che era stato riproposto nei primi anni del secolo XVI presso la vivace e fiorente scuola matematica bolognese.
Fonti e Bibl.: I Rotuli dei lettori legisti e artisti dello Studio bolognese dal 1384 al 1799, a cura di U. Dallari, I-II, Bologna 1888-1889, ad Indicem; P. A. Orlando, Notizie degli scritt. bolognesi e dell'opere loro stampate e manoscritte, Bologna 1714, p. 244; G. Fantuzzi, Notizie degli scritt. bolognesi, III, Bologna 1783, p. 324; G. Tiraboschi, Storia della letter. ital., III, Milano 1833, p. 508; S. Mazzetti, Repertorio di tutti i professori..., Bologna 1847, p. 126; G. Guidicini, Cose notabili della città di Bologna, Bologna 1868-73, rist. Bologna 1972, I, pp. 143, 225, 295, 337; II, p. 169; III, pp. 69, 155; V, pp. 200, 205; C. Malagola, Della vita e delle opere di Antonio Urceo detto Codro..., Bologna 1878, pp. 574-577; Id., Monografie stor. sullo Studio bol., Bologna 1888, pp. 418-421; W-W. Rouse Ball, Histoire des mathématiques, I, Paris 1906, p. 225; L. Frati. S. D., in Studi e mem. per la storia dell'università di Bologna, II (1911), pp. 195-205; M. Cantor, Vorlesungen über Gesch. der Mathematik, II, Leipzig 1913, pp. 447, 468, 482 s.; 491, 493. 512 s., 531, 537, 542, 623 ss.; E. Bortolotti, L'algebra nella scuola matematica bolognese del secolo XVI, in Periodico di matematiche, s. 4, V (1925), pp. 147-184, ripubblicato in Id., Studi e ricerche sulla storia della matematica in Italia nei secoli XVI e XVII, Bologna 1928; Id., I contributi del Tartaglia, del Cardano, del Ferrari e della scuola matematica bolognese alla teoria algebrica delle equazioni cubiche, in Studi e mem. Per la storia dell'università di Bologna, IX (1926), pp. 57-108; Id., I cartelli di matematica disfida e la personalità psichica e morale di Girolamo Cardano, ibid., XII (1935), pp. 3-79; Id., La storia della matematica nella univers. di Bologna, Bologna 1947, pp. 40-54; L. Simeoni, Storia della univers. di Bologna, II, Bologna 1940, pp. 7, 59 s.; A. Sorbelli, Storia della univers. di Bologna, 1, Bologna 1940, p. 257; R. Bombelli, L'algebra, a cura di E. Bortolotti-U. Forti, Milano 1966, pp. XVII-XXIII; A. Masotti, Niccolò Tartaglia e i suoi "Quesiti", in Convegno di storia delle matematiche, 30-31 maggio 1959, Brescia 1960, pp. 26-29; Id., Ferro, S.; in Dict. of Scient. Biogr., IV, New York 1971, pp. 595 ss.; P. L. Rose, The Italian Renaissance of Mathematics, Genéve 1975, pp. 83, 145 s.; C. Maccagni, Le scienze nello Studio di Padova e nel Veneto, in Storia della cultura veneta, III, 3, Vicenza 1981, p. 165; Enc. Ital., XII, p. 236; G. Mazzatinti, Inv. dei mss. delle Bibl. d'Italia, XVII, p. 151; LXXV, p. 55.