CHIGI, Scipione
Nacque a Siena nel 1507 da Cristofano del ramo di Benedetto di Agostino e da Sofonisba Marsili. Sposò Eleonora Bellanti, da cui ebbe Camillo, nato nell'anno 1546, che sposò Laura Mignanelli; Cristofano, poi cavaliere di Malta; Lelio, che morì bambino; Sofonisba e Ulpia, maritate rispettivamente a Bernardo Tolomei e Girolamo Bellanti. Nel 1537 fu nominato savio dello Studio cittadino. Aveva iniziato a ricoprire cariche pubbliche già dal 1532, come rappresentante del terzo di Città; sempre nella stessa veste è documentato nel 1543 e 1548; nel settembre del 1543 il C. divenne uno dei conservatori della libertà. In epoca imprecisata fu camerlengo del Monte del sale e depositario del Comune. Del 1548 è un documento in cui sono elencati i suoi possedimenti; egli era proprietario della casa in cui abitava (alla "Postierla", con due botteghe sottostanti, di sette poderi e di altre proprietà nel castello di Belforte.
Nel 1551, l'anno in cui ancora una volta Carlo V confermò ai Senesi la sua volontà di edificare nella città una fortezza, baluardo dell'ordine, il C. divenne depositario eletto dalla Balia e gonfaloniere per il terzo di Città. L'anno successivo, dopo la cacciata degli Spagnuoli da Siena, fu tra i Riformatori del governo dello Stato e fu console di mercanzia. Giunto contro Siena l'esercito spagnolo per punire la città per la distruzione della fortezza e per l'accoglimento del presidio francese, il C. fu nominato gonfaloniere per il suo terzo. Postasi di nuovo sulla difensiva la città nel gennaio 1554, per sostenere l'attacco fiorentino, il governo tentò di trattare con il Medici, inviando nel marzo come oratori a Firenze Ghino Bandinelli, Girolamo Malavolti, Alessandro Guglielmi e il C., con il compito di "negoziare... la liberatione e salute della città e dominio" di Siena.
Essi consegnarono una lettera al duca Cosimo, datata 12 marzo, e il 15 posero in scritto le proposte che recavano. La Repubblica era e volta con ogni affetto alla compositione et alla pace della guerra presente", ma non intendeva cedere alcunché delle sue prerogative sovrane e della sua libertà. Com'è noto però le argomentazioni degli oratori non convinsero Cosimo, che rispose loro con molta alterigia. Sostenne infatti che egli li avrebbe dovuti rispedire a Siena immantinente, tanto erano "fuori dai termini" le loro proposte. Era singolare che una città sull'orlo della rovina chiedesse la libertà e la reintegrazione dei suoi domini, per la maggior parte non più nelle sue mani. Offensiva poi la pretesa di trattare la composizione non a Firenze, ma a Roma. Il duca suggeriva infine agli oratori il ritorno immediato in patria, perché il loro trattenersi a Firenze era per Siena "di poco frutto alla città, anzi più presto danno".
Gli avvenimenti successivi furono deleteri per la Repubblica senese e nel febbraio del 1555 essa intavolò trattative di resa con il duca Cosimo, che ebbero in un primo momento esito negativo. La capitolazione avvenne il 17 aprile. Il 10 di quel mese il C., assieme a Giovanni Placidi, era stato inviato dagli Otto della guerra a Belcaro per comunicare a Gian Giacomo de' Medici che il Senato senese aveva accettato le condizioni di resa e avrebbe inviato ambasciatori per firmarle a Firenze. Dopo questi avvenimenti, il C., che nel medesimo anno era stato capitano per il terzo di Città, ebbe ancora cariche pubbliche: gonfaloniere nel 1559, console di mercanzia nel 1562 e 1563 e capitano del terzo di Città nel 1564 e nel 1565.
Con ogni probabilità morì intorno a quest'epoca, perché non si hanno di lui altre notizie.
Scipione, omonimo nipote del C., nacque da Camillo e da Laura Mignanelli a Siena poco prima del 15 apr. 1584, giorno in cui fu battezzato. La sua biografia è un elenco di cariche pubbliche, poiché egli si dedicò solo all'attività politico-amministrativa nella sua città. Nel 1601 fu rettore dello Studio; prese possesso della carica il 13 dicembre, tenendola fino alla stessa data dell'anno successivo. Questo sembra sia stato un onore distinto, perché la regola era che il rettore fosse scelto fra gli studenti non senesi e in età superiore a quella del Chigi. Cinque anni più tardi, dopo aver fatto parte nel bimestre settembre-ottobre del 1603 del Concistoro per il terzo di Città, sposò il 14 febbraio Flaminia, figlia di Bartolomeo Piccolomini, con 4.000 scudi di dote. Da essa Scipione, che abitava nel palazzo di famiglia in via del Capitano (parrocchia di S. Giovanni), ebbe sette figli: Bartolomeo, Lorenzo, che sposò Girolama Orlandini e Porzia Borghesi, Giovanni Cristofano, che prese in moglie Francesca Piccolomini, Eleonora, maritata a Gerolamo Tancredi, Faustina, Laura e Girolama.
Per l'ultimo bimestre dello stesso anno Scipione fece ancora parte del Concistoro per il suo terzo; così come per il bimestre settembre-ottobre e quello di gennaio-febbraio rispettivamente del 1611 e del 1615. Nel 1614 era stato consigliere del capitano del popolo, probabilmente per il Monte riformatore. Era entrato così a far parte del magistrato della Signoria e nel 1621 ne divenne gonfaloniere, ricoprendo di nuovo questa carica nel maggio-giugno dell'anno successivo. Nel medesimo 1622 era entrato anche a far parte del Collegio di balia; aveva assolto un compito di rappresentanza andando a ricevere, nel settembre, ai confini del Comune, i granduchi di Toscana e accompagnandoli fino a Siena. Era stato anche membro della deputazione sopra i "negozianti", carica che occupò successivamente anche nel 1623, 1624 e 1625. Nel 1623 la sua attività fu molto intensa ed egli fece parte delle commissioni che si occupavano dei prigionieri, della "contatura del sale", dell'"approvazione dei procuratori", della protezione delle fabbriche delle calze di lana e degli esattori. Inoltre fu prescelto per collaborare alla riforma del magistrato del Monte e fu uno dei quattro deputati sopra lo Studio. L'anno successivo fu ufficiale del Monte dei Paschi e della Balia e inoltre fece parte della Signoria, essendo per un bimestre capitano del popolo. Dall'anno successivo l'attività pubblica di Scipione declinò ed egli ottenne poche altre cariche, fino al 31 ott. 1633, quando fu eletto come uno dei sovrintendenti del monastero di S. Agnese. Morì probabilmente poco dopo.
Scipione è inoltre noto come illustre esponente dell'ambiente musicale senese del tempo, essendo giudicato "mecenate di tutti li seguaci di Orfeo" e valentissimo nel suonare il cetarone di venti corde.
Fonti e Bibl.: Le carte strozziane, a cura di C. Guasti, I, Firenze 1884, pp. 415 s.; A. Sozzini, Diario delle rivoluzioni seguite nella città di Siena..., in Arch. stor. ital., II(1842), pp. 162, 384, 414; U. Frittelli, Albero genealogico della nobil famiglia Chigi, Siena 1922, pp. 76 ss., 83 s., tav. II; G. B. Bellissima, S. C. illustre senese ignorato, Siena 1922; R. Cantagalli, La guerra di Siena, Siena 1962, pp. 25, 367.