BORGHESE, Scipione
Nacque a Roma il 1º apr. 1734, terzo figlio di Camillo e di Agnese Colonna. Destinato alla carriera ecclesiastica, compì dapprima studi di teologia presso il collegio Tolomei in Siena, quindi, il 27 apr. 1756, si addottorò in utroque alla Sapienza. Il 22 sett. 1759 prese gli ordini e subito, con la protezione d'uno zio materno, il cardinale Girolamo Colonna, iniziò l'ascesa nella gerarchia curiale: dapprima referendario delle due Segnature, fu poi protonotario apostolico e Segretario della Congregazione dei Riti.
Su questo primo periodo dell'attività del B. non si hanno molte notizie; emerse dall'anonimato delle sue incombenze burocratiche il 5 giugno 1765, per assumere il titolo di vescovo in partibus di Teodosia, meramente onorifico, ma che consentiva di esplicare le funzioni di vescovo assistente al soglio pontificio, le quali in effetti gli furono attribuite da Clemente XIII nel concistoro del 16 luglio successivo. Succedendo poi a G. C. Boschi nel ruolo di maestro di camera di Sua Santità, il 23 luglio 1766, il B. rafforzava la propria posizione di collaboratore tra i più vicini di papa Rezzonico nelle drammatiche vicende dell'ultimo scorcio del pontificato, impegnato in una disperata difesa della Compagnia di Gesù, per lo scioglimento della quale premevano ormai sulla S. Sede tutte le grandi potenze europee.
Non si hanno notizie delle opinioni del B., in questo periodo, sullo spinoso problema. Certo non dovevano essere lontane da quelle del papa, altrimenti sarebbero state raccolte dalle cronache del tempo attentissime agli orientamenti curiali in proposito. La questione ha rilevanza soprattutto in relazione al ruolo di primo piano che nella lotta contro la Compagnia gli fu affidato dal pontefice seguente. Invero Clemente XIV, eletto al pontificato nel 1769, il 4 luglio di quell'anno confermava il B. nella sua carica: una analoga misura il papa aveva preso per tutte le principali cariche curiali, così da mascherare il suo profondo dissenso col predecessore in quelle che erano le principali questioni che investivano in quel momento la Sede apostolica.
Comunque il B. dovette presto adeguarsi al mutato clima del pontificato, se Clemente XIV poteva chiamarlo già il 10 sett. 1770 alla porpora, col titolo di S. Maria sopra Minerva. Ascritto a varie congregazioni cardinalizie, fu dichiarato protettore della nazione senese e, qualche anno più tardi, il 29 dic. 1779, fu eletto protettore della Congregazione dei minori osservanti. Al B. toccò inoltre - in rappresentanza della famiglia Aldobrandini, la cui eredità era stata ormai completamente assunta dalla famiglia Borghese anche nei suoi antichi privilegi ecclesiastici - il patrocinio del Collegio Clementino. l'antica istituzione creata in Roma da papa Aldobrandini, Clemente VIII.
Il 16 dic. 1771 Clemente XIV chiamò il B. a più impegnative responsabilità nell'amministrazione ecclesiastica, attribuendogli il governo della legazione di Ferrara, in sostituzione del cardinale Girolamo Spinola. Questi si era distinto, nell'esercizio della legazione padana, soprattutto per il suo assenteismo, preferendo affidare il governo al vicelegato Francesco Pignatelli. Il B., invece, che aveva indirettamente preso possesso della legazione il 9 genn. 1772, l'11 giugno seguente si stabilì a Ferrara, dando subito prova di voler effettivamente far fronte alle sue nuove responsabilità.
Tra i principali problemi affrontati fu la riorganizzazione dell'università, secondo le direttive emanate da Clemente XIV il 3 apr. 1771, rese necessarie da una grave situazione di decadenza dell'istituto, divenuto del tutto indegno della sua notevole tradizione e comunque insufficiente alle nuove necessità degli studi per il mercimonio delle cattedre, per il dominio incontrastato di un piccolo numero di professori venali e incompetenti, per le numerose cattedre vacanti e per le ingerenze della amministrazione cittadina. Il legato appoggiò con ogni decisione l'opera della commissione preposta da Clemente XIV alla riforma, presieduta dal decano del tribunale della Sacra Rota, il ferrarese Giammaria Riminaldi.
Il B. diede il suo appoggio zelante anche alla mole notevole di lavori pubblici realizzati nella legazione durante questo pontificato e, ancor più, durante quello del successore Pio VI. Rese esecutiva l'abolizione, decretata dal pontefice nel 1772, delle due confraternite secolari ferraresi di S. Maria della Scala e di S. Sebastiano, destinandone i beni all'ospizio degli esposti di S. Cristoforo. Ma al B., in questo periodo, spettò soprattutto di regolare nel territorio della legazione la spinosa questione gesuitica secondo le drastiche intenzioni di Clemente XIV.
Nel territorio ferrarese avevano trovato largamente rifugio i gesuiti espulsi dal Portogallo, dagli Stati borbonici e dalle colonie sudamericane e accolti nello Stato pontificio da Clemente XIII. Essi erano stati dislocati nei collegi della Compagnia a Ferrara, a Cento, a Bagnacavallo e a Cotignola, di dove con le loro turbolenze creavano notevoli problemi al legato. Quali che fossero le sue idee personali in proposito, il B. seppe disciplinatamente adeguarsi alle direttive pontificie, così come del resto aveva fatto per quelle del tutto opposte di papa Rezzonico; anzi, è probabile che Clemente XIV pensasse di poter contare completamente sulla collaborazione del B., se la legazione di Ferrara fu scelta da lui tra le primissime, subito dopo quella di Bologna, per il suo repentino e risoluto intervento contro i gesuiti. Come a Bologna, anche a Ferrara la preoccupazione principale del pontefice era che i gesuiti potessero fare efficacemente appello alla popolazione contro l'esecuzione della chiusura dei collegi e che essi alienassero i beni della Compagnia precedendo i provvedimenti di esproprio. Perciò, pochi giorni dopo gli analoghi avvenimenti di Bologna, dove l'energica opera del legato Marsili aveva avuto un chiaro significato di esperimento, anche il B. fu incaricato, il 17 giugno 1773, di provvedere alla chiusura dei collegi gesuitici, alla dispersione degli stessi religiosi e al sequestro dei beni della Compagnia; e il B. realizzò le direttive pontificie con la tempestività e l'energia necessaria, tanto che non vi furono nella rapida operazione gli incidenti, tanto temuti dal papa né da parte dei gesuiti né da parte della popolazione. Il B. provvide poi ad affidare le scuole gesuitiche alla Congregazione dei chierici regolari somaschi.
Forse fu proprio per questi suoi precedenti, e per le scoperte velleità di restaurazione dei gesuiti nutrite da Giannangelo Braschi, che il B. ne avversò recisamente l'elezione al pontificato nel conclave del marzo 1775. A quanto riferisce il Frizzi Pio VI non nascose, subito dopo l'elezione, il suo risentimento per il B., e questi fu talmente amareggiato dall'ostilità del papa da caderne ammalato per parecchi mesi. Tuttavia Pio VI confermò il B. nella legazione ferrarese, dove fece ritorno il 17 ott. 1775. Rientrato definitivamente a Roma alla scadenza di questo nuovo triennio di legazione, il 5 apr. 1778, il B. lasciò un buon ricordo nei suoi amministrati, se il magistrato dei Savi di Ferrara gli scriveva ancora, il 25 ag. 1781, ringraziandolo per "le beneficenze sparse dall'E. V. sopra questa città", le quali "non hanno avuto per confine gli anni soli della gloriosa sua Legazione" (Parisi, II, pp. 309 s.).
Il 19 marzo 1779, in previsione del suo ritorno dalla legazione ferrarese, Pio VI aveva destinato il B. alla carica di camerario del Sacro Collegio. Il B. morì a Roma il 26 dic. del 1782 (non, come scrive il Moroni, il 24). Fu seppellito nella cappella della famiglia nella basilica di S. Maria Maggiore. Lasciò erede di tutti i suoi beni il fratello Marcantonio.
Fonti e Bibl.: F. Parisi, Istruzioni per la gioventù impiegata nella segreteria, Roma 1785, II, pp. 309 s.; IV, p. 233; F. I. Bertoldi, Dei diversi dominj a' quali è stata soggetta Ferrara, Ferrara 1817, pp. 88 s., 91; A. Frizzi, Mem. per la storia di Ferrara, V, Ferrara 1848, pp. 224, 226 s.; N. Borghese, Vita di Santa Caterina da Siena... aggiuntovi l'elenco degli uomini illustri dell'eccellentissima Casa Borghese, a cura di R. Luttazi, Roma s.d. (ma 1869), pp. 118 s.; L. von Pastor, Storia dei papi, XVI, Roma 1932, 1, p. 479; 2, pp. 83, 342; P. Visconti, Città e famiglie nobili dello Stato pontificio, III, s.l. né d., pp. 964-966; Codices Burghesiani Bibliotecae Vaticanae, a cura di A. Maier, Città del Vaticano 1952, pp. 406, 431; P. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica..., VI, Patavii 1958, pp. 26, 402; G. Moroni, Diz.di erudiz. storico-eccles., VI, p. 45.