BARGAGLI, Scipione
Nacque a Siena il 30 luglio 1798 da Celso Baldassarre e da Giuseppa Neri Piccolomini. Appartenente a famiglia iscritta nell'albo dei patrizi senesi, il B. fu essenzialmente uomo di corte e ricoprì la carica di ciambellano di camera del granduca finché il 24 sett. 1846 venne nominato ministro residente della Toscana presso la Santa Sede. L'inaspettata nomina all'importante carica non incontrò l'approvazione dei patrioti toscani, che rimproverarono al B. la mancanza di esperienza diplomatica, un troppo supino attaccamento alla dinastia lorenese e troppo tiepide simpatie per la causa nazionale. Senonché, a Roma, il B., forse influenzato dall'entusiasmo provocato dall'elevazione al pontificato del cardinale Mastai Ferretti e dai primi provvedimenti del pontefice, aderì con convinzione all'ideologia neo-guelfa ed accolse il principio nazionale schierandosi, cosi, a lato di quei "moderatissimi" toscani che, nel rispetto della dinastia lorenese, auspicavano una soluzione federativa e costituzionale del problema italiano. Gli sforzi tenaci, anche se non cmcludenti, compiuti dal B. nel settembre-ottobre 1848 - durante le trattative in Roma per costituire la Lega italiana - al fine di avvicinare le posizioni del governo romano, ossia di P. Rossi, propenso ad una federazione - quelle del governo piemontese, fautore'àl: una lega militare, incontrarono il plauso del governo costituzionale toscano, tanto che il Capponi propose al granduca la nomina del B. a ministro.
Con l'avvento del "ministero democratico" il B. fu trascinato, assieme ad altri moderati, dalle intemperanze verbali degli estremisti e dal timore del "pericolo rosso", su rigide posizioni di conservazione politico-sociale. Rifiutò, quindi, di rappresentare il governo Guerrazzi-Montanelli ed offrì i suoi servizi a Leopoldo II, rifugiandosi a Gaeta, dove fu attento osservatore - né altra attività era consentita al rappresentante del piccolo granducato - delle pratiche e delle trattative per la restaurazione del potere temporale.
Il passaggio nelle file legittimiste non comportò, però, per il B. il rifiuto della tradizione paternalistica e giurisdizionalistica leopoldina della quale, anche se con poca fortuna, egli si fece coraggioso difensore durante le difficili trattative per la stipulazione del concordato tra la Toscana e la S. Sede del 1851. Precedentemente, nel marzo 1850, Pio IX aveva concesso al B. il titolo di marchese, titolo che Leopoldo II confermò autorizzando a trasmetterlo agli eredi.
Il B. continuò a ricoprire ininterrottamente la carica di ministro residente in Roma. Nell'aprile 1859, promosso ministro plenipotenziario alla vigilia della caduta di Leopoldo II, assunse inizialmente un contegno non chiaro; accettò di rappresentare il governo provvisorio toscano, ma rifiutò di togliere da palazzo Firenze, sede della legazione in Roma, lo stemma dei Lorena finché, di fronte alle esplicite richieste di aperta adesione al nuovo regime, preferì restar fedele alla causa legittimista, imitato dal figlio Celso, che ricopriva la carica di segretario d'ambasciata in Vienna. Palazzo Firenze divenne allora a Roma rifugio di fuorusciti legittimisti e centro di intrighi per la restaurazione della dinastia lorenese.
Il trattato di Vienna del 1866, col riconoscimento austriaco della decadenza in Toscana della dinastia lorenese e della proprietà italiana dei beni demaniali dell'ex granducato posti in Roma, mise termine all'attività politica del B. e lo costrinse ad abbandonare palazzo Firenze; in cambio il governo italiano revocò il sequestro dei beni del B. ordinato nel novembre 1859. Il B. morìta Roma nel 1868.
Bibl.: E. Palandri, La nuova orientazione politico-religiosa della Toscana nei primordi del Pontificato di Pio IX, in Rass. stor. d. Ris., XVI (1929), pp. 283 ss.; A. M. Bettanini, Il Concordato di Toscana, 25 apr. 1851, Milano 1933; A. M. Ghisalberti, Nuove ricerche sugli inizi del pontificato di Pio IX e sulla Consulta di Stato, Roma 1939, pp. 57, 61, 62, 64; R. Mori, Il Concordato del Msi tra la Toscana e la S. Sede' in Arch. stor. ital., XCVIII, 2 (1940), pp. 41-82; XCIX, 1 (1941), pp. 133-146; G. Quazza, La questione romana nel 1848-49, Modena 1947, pp. 45, 88, 97, 1 io; R. Mori, Il progetto di lega neoguelfa di P. Rossi, in Rív. di studi politici internazionali, XXIV (1957), pp. 602-28; Le scritture della Legazione e del Consolato del granducato di Toscana in Roma dal 1737-1859, a cura di R. Mori, Roma 1959. Sulla sua funzione di osservatore durante le conferenze di Gaeta si veda: A. M. Ghisalberti, Roma da Mazzini a Pio IX. Ricerche sulla restaurazione papale del 1849-1850, Milano 1958, v. Indice.Spesso sono erroneamente riferite al B. notizie relative al fratello Luigi (1801-1885), come la nomina a governatore di Livorno: cfr. Enciclopedia storico-nobiliare italiana, 1, Milano 1928, p. 514.