SCINTOISMO
- La de-divinizzazione dell’imperatore giapponese. Scintoismo e secolarizzazione. Bibliografia
La de-divinizzazione dell’imperatore giapponese. – Alla fine del secondo conflitto mondiale, con la sconfitta subita a opera delle forze statunitensi, il Giappone fu costretto a porre fine allo s. di Stato (o kokka shintō) che aveva preso forma a partire dalla restaurazione imperiale nel 1868 e aveva contribuito a dare una forte spinta al nazionalismo. Lo s. era divenuto la religione ufficiale ponendo al centro la figura dell’imperatore come discendente dei kami, gli dei scintoisti, come descritto nel più importante dei testi sacri, il Kojiki (Cronache degli antichi eventi), scritto nel 712 d.C. Di conseguenza, l’imperatore era considerato un essere divino e il Giappone la terra degli dei, sacra e inviolabile. Il primo mitico imperatore Jimmu era considerato il nipote della grande dea del sole Amaterasu e i membri della dinastia imperiale i suoi discendenti diretti.
La costituzione del 1889 nei primi articoli descriveva la figura dell’imperatore: all’articolo tre veniva definito «sacro e inviolabile» e all’articolo successivo gli veniva affidata la sovranità. Con queste credenze i giapponesi avevano affrontato la guerra, certi del favore degli dei, ma dopo la sconfitta del 1945 si erano impegnati, in parte costretti dalle forze di occupazione, in parte di propria volontà, a rinnegare i valori del passato e a cancellare il retaggio dello s. di Stato, consci del fatto che queste credenze avevano condotto al disastro. Lo smantellamento dello s. di Stato fu realizzato per mezzo di tre documenti voluti dalle forze di occupazione (SCAP, Supreme Commander for the Allied Powers): la direttiva per lo smantellamento dello s. di Stato (1945); il rescritto imperiale di rinuncia alla divinità (1946); la nuova Costituzione (1946).
Il primo documento, datato 15 dicembre 1945, proibiva ogni forma di commistione tra lo Stato e la religione scintoista, il suo sostegno, finanziamento e reverenza da parte di organi pubblici, oltre a vietarne l’insegnamento nelle scuole. Di fatto, la direttiva imponeva la laicità dello Stato, mentre la nuova Costituzione toglieva ogni potere all’imperatore, che veniva definito «simbolo dello Stato e dell’unità del popolo, derivando la sua posizione dalla volontà del popolo in cui risiede il potere sovrano» (art. 1), e ne chiariva in dettaglio le funzioni pubbliche, di fatto solo rappresentative. Inoltre, dichiarava la libertà religiosa e la parità delle religioni, ribadendo la proibizione da parte dello Stato a esercitare qualsiasi ruolo in organizzazioni religiose (art. 20).
Il secondo documento si riferisce a un’iniziativa del tutto particolare: la dichiarazione da parte dell’imperato re di rinuncia al suo status divino. Al la fine del conflitto l’imperatore fu escluso dal processo istituito per crimini di guerra nei confronti delle alte gerarchie civili e militari che avevano condotto il Giappone al disastro della guerra del Pacifico, sfumandone le responsabilità. Si ritenne che la sua figura sarebbe stata utile per la ricostruzione di un Paese rinnovato su basi democratiche e amico e alleato degli Stati Uniti. Comunque, al fine di rafforzarne il ruolo laico e per eliminare i retaggi del passato, l’imperatore Shōwa Hirohito fu costretto a dichiarare pubblicamente di rinunciare alla sua natura divina. Questo ebbe l’effetto di affievolire il suo ruolo formale nello s. e di minare alla base le credenze nelle origini divine del Paese e del suo popolo.
La dichiarazione, chiamata Ningen sengen (Dichiarazione di umanità), consistette nella rinuncia a essere un arahitogami o akitsumikami, ossia un «dio che si manifesta in sembianze umane» ovvero «dio incarnato». Questa dichiarazione, voluta dagli Stati Uniti, fu comunque utile soprattutto per gli occupanti, mentre lasciò piuttosto indifferenti i giapponesi, le cui credenze furono scosse più dalle sofferenze e dalla disillusione della guerra che da dichiarazioni formali volute dai vincitori. Gli statunitensi pensavano all’imperatore come a una figura di monarca costituzionale di tipo europeo, mentre i giapponesi preferivano lasciare nel vago la sua posizione.
In realtà, già negli anni Trenta, in pieno periodo nazionalista, lo studioso e uomo di governo Minobe Tatsukichi (1873-1948) aveva avanzato, con grande scandalo, la teoria dell’imperatore come «organo dello Stato» (tennō kikan setsu), criticando la sua posizione di sovrano e la sua divinità. Le interpretazioni liberali di Minobe furono ferocemente attaccate dagli ultranazionalisti, costringendolo a rinunciare sia al suo seggio nel Parlamento sia alla cattedra all’Università imperiale di Tōkyō, mentre le sue opere venivano bandite. Tuttavia, riabilitato dopo la guerra, Minobe fu attivo come consigliere nella formulazione della nuova costituzione.
Scintoismo e secolarizzazione. – Le riforme volte alla secolarizzazione dello s. volute dagli statunitensi furono percepite con sentimenti contrastanti da parte dei giapponesi. Di fatto, gli occidentali considerarono lo s. alla stregua di una vera e propria religione secondo i parametri occidentali. Tuttavia, per i giapponesi esso rappresenta piuttosto una serie di credenze legate alla propria tradizione culturale, esasperate e forzate durante il periodo bellico e prebellico, ma, nelle sue forme più genuine, profondamente sentite come retaggio della propria cultura e come tradizione identitaria.
Per questo motivo, dopo la fine dell’occupazione nel 1952, e soprattutto a partire dagli anni Settanta, si è assistito a una ripresa di manifestazioni sia pubbliche sia private di aderenza e rispetto verso lo s. e le sue forme religiose e cerimoniali. Si pensi che tra le feste nazionali attualmente in vigore, vi sono l’11 febbraio (Kenkoku Kinen no Hi), data della fondazione del Paese secondo la mitologia del Kojiki (corrispondente all’ascesa al trono del mitico imperatore Jimmu nel 660 a.C.), il 29 aprile, commemorazione del compleanno dell’imperatore Hirohito, e il 23 dicembre, giorno di nascita dell’attuale imperatore Heisei Akihito. Inoltre, le cerimonie che l’imperatore svolge durante la sua incoronazione e durante l’anno, per propiziare la benevolenza degli dei sul Paese, seguono l’antica tradizione secolare tramandata dallo scintoismo. Né va dimenticata la controversa visita di omaggio che molti ministri e capi del governo rendono al tempio scintoista Yasukuni di Tōkyō, dedicato ai caduti nelle guerre e ospitante anche i resti di alcuni personaggi considerati criminali di guerra. Nonostante le aspre critiche dei governi dei Paesi che hanno sofferto l’invasione giapponese durante il conflitto, queste visite si sono ripetute negli ultimi anni.
La rivitalizzazione dello s. segue l’onda del nazionalismo: quanto più quest’ultimo si rafforza, tanto maggiore diventa la presenza di forme di culto scintoista nella vita sia pubblica sia privata. Una statistica del ministero dell’Interno giapponese sull’adesione alle religioni presenti nel Paese dal 1985 al 2012 constata sia per lo s. sia per il buddismo una leggera flessione. Tuttavia, pur nel dichiarato e diffusissimo ateismo, lo spirito e la cultura dello s. per alcuni versi, come l’atteggiamento verso la natura e i suoi fenomeni, resta nel profondo dell’animo giapponese e costituisce uno dei più forti legami identitari. In definitiva, più che una ‘religione’ intesa in senso occidentale, lo s. va concepito come un complesso di rituali, culti e soprattutto di tradizione culturale che connota dalla remota antichità l’identità giapponese.
Bibliografia: I. Reader, Religion in contemporary Japan, Basingstoke 1991; I. Reader, G. Tanabe, Practically religious. Worldly benefits and the common religion of Japan, Honolulu 1998; Shinto in history. Ways of the kami, ed. J. Breen, M. Teeuwen, Honolulu 2000; C.S. Littleton, Shinto. Origins, rituals, festivals, spirits, sacred places, Oxford (N.Y.) 2002; Shinto. A short history, ed. I. Nobutaka, S. Itō, J. Endō et al., London 2003; T.P. Kasulis, Shinto. The way home, Honolulu 2004; S. Shimazono, From salvation to spirituality. Popular religious movements in modern Japan, Melbourne 2004; M. Yamakage, The essence of Shinto. Japan’ spiritual heart, Tōkyō-New York-London 2007; J. Breen, M. Teeuwen, A new history of Shinto, Chichester-Malden (Mass.) 2010; M. Raveri, Il pensiero giapponese classico, Torino 2014.