Scienza egizia. Storiografia, annali e cronologia
Storiografia, annali e cronologia
In Egitto la conoscenza del passato non era materia di ricerca scientifica, ma faceva parte della formazione e della cultura generale: un saggio "comprende ciò che gli antenati hanno detto" (Sethe 1906-58, 1084), intendendo con questo lo studio degli archivi, della letteratura e dei monumenti. La storia era considerata serbatoio di possibili precedenti che erano studiati per trovare soluzioni ai problemi in esame, oppure per accertarsi che un evento fosse unico o meraviglioso.
In un primo tempo, gli Egizi non ricercavano un significato particolare in ciò che chiamavano 'l'avvenuto' (ḫprwt). Gli accadimenti non erano legati l'uno all'altro, non nascevano da una volontà pianificatrice divina e non miravano a un determinato fine. In questo l'Egitto si differenzia nettamente dalla Mesopotamia; infatti nella mantica accadica e sumerica, babilonese e assira (riti sacrificali e dottrine premonitrici di ogni tipo), tutti gli eventi in qualche modo considerati significativi erano visti come manifestazioni di una volontà divina orientata verso il futuro: in modo particolare, gli eventi erano interpretati come una ricompensa per le azioni degli uomini. A differenza dell'Egitto, doveva quindi esservi un principio che concatenasse il flusso degli accadimenti.
All'epoca di Amenhotep III, tuttavia, è possibile riscontrare fra gli Egizi un diverso atteggiamento nei confronti del passato, che si sarebbe affermato completamente dopo l'epoca di Akhenaton: il passato prese le distanze dal presente e acquistò la normatività del classico. Il restauro dei templi e dei monumenti distrutti sotto Akhenaton ebbe come effetto un diffuso interesse per l'antichità, il cui principale esponente era il principe Khaemwase, sommo sacerdote di Menfi sotto Ramesse II. Inoltre, è da ricondurre all'epoca di Akhenaton l'apparire di estratti delle liste dei re su numerosi monumenti non soltanto regali ma anche privati, che sottolineano l'appartenenza dei sovrani ramessidi alla serie di antenati dell'intero Nuovo Regno. Anche l'innalzamento della Stele dell'anno 400 sotto Ramesse II, che commemora l'introduzione del culto di Seth nell'antica capitale hyksos di Avaris, fa parte di questo rispetto del passato.
L'interesse dell'Antico Egitto per la storia era indubbiamente al servizio di una richiesta di continuità. Infatti, fu quando si verificarono profonde spaccature che il passato diventò importante: come dopo il Primo Periodo Intermedio (2190-2000), dopo il dominio degli Hyksos, dopo il regno di Akhenaton e dopo il Terzo Periodo Intermedio che s'estese dalla presa di potere dei leader militari libici fino alla conquista assira (1080-712). Questa, che rappresentò la più difficile di tutte le esperienze di discontinuità vissute dagli Egizi, suscitò un interesse per il passato che non ha l'eguale in epoche più antiche. L'arcaismo generale di quell'epoca, che si manifestava in molteplici campi, testimonia uno studio meticolosissimo dei testi e dei monumenti dell'antichità, nonché una conoscenza dettagliata della storia.
Anche se in Egitto, fino a Manetone (vissuto intorno al 300 a.C.), non è esistita una storiografia nel senso degli Hittiti, dei Babilonesi, dell'Antico Testamento o, soprattutto, dei Greci, vi sono state tuttavia forme molteplici di riferimento al passato che si basavano su archivi, monumenti, opere letterarie e tradizioni orali.
di Jan Assmann
Annali (gnwt)
Nell'antichità gli Egizi erano rinomati, tra le altre cose, per la compilazione di annali (in greco la parola anagraphaí, 'annotazioni', era usata in contrapposizione a syngraphḗ, 'racconto riassuntivo', 'storiografia') e per quella conoscenza del passato che su di essi si basava (per es., Erodoto, Historiae, II, 77). Rientrano fra gli annali non soltanto gli elenchi di re, ma anche quella tradizione di annotazioni alla quale fa riferimento il termine egizio gnwt e che risale fino alla fine del IV millennio. A quei tempi, gli anni non erano enumerati, ma identificati in base a eventi eccezionali che erano incisi, su tavolette di legno o di avorio, con una specie di scrittura figurata. Queste tavolette erano collocate sulle merci per la loro datazione, oppure erano archiviate per fornire un'indicazione cronologica, sulla cui base in seguito si sarebbe formata l'annalistica. Invero non si è conservato neanche un papiro con simili indicazioni degli anni, ma a noi sono pervenuti i monumenti su cui questi dati erano stati trasposti. Inoltre è possibile farsi un'idea dell'importanza di questa tradizione, grazie alle numerose altre fonti in cui sono presenti riferimenti al termine gnwt.
Oltre ad alcune dozzine di tavolozze dell'epoca delle dinastie 0-II (3300-2750), la 'Pietra di Palermo' della V dinastia (2520-2360), con relativi frammenti nel museo del Cairo, e la corrispondente 'Pietra degli annali', provenienti da Saqqara-sud insieme agli annali della VI dinastia (2360-2190) costituiscono la nostra fonte archeologica più importante, dalla quale è possibile ricavare un'immagine della forma e del contenuto degli annali, perlomeno per l'Antico Regno (2750-2190). Ciascun anno forma una rubrica nella quale sono annotati eventi come riti, processioni, corse del toro Api, produzione di statue di culto, edificazione di santuari, riscossione di tributi, azioni belliche, razzie, costruzione di navi, offerte, ecc. In seguito, non su tavolozze, ma negli annali, verranno aggiunte anche indicazioni sull'altezza della piena annuale del Nilo. Nel corso del tempo diminuisce la registrazione di eventi ricorrenti a favore di avvenimenti eccezionali. Il concetto di gnwt è usato anche in riferimento al mondo degli dèi e in questi casi sembra comprendere dati e racconti mitici. Da numerosi accenni si evince che per gli Egizi redigere e curare (in egizio spḫr, 'copiare') il gnwt, nonché conoscerlo e consultarlo, fosse ritenuto una scienza e una specializzazione di alto livello, in cui era unificato il sapere teologico, mitologico, cronologico e storico in senso lato. Gli archivi erano consultati di preferenza quando si trattava di raccogliere informazioni sulla creazione di statue di culto (Neferhotep, XIII dinastia), sul significato teologico di Tebe (Ramesse II, XIX dinastia), sulla teologia di Osiride (Ramesse IV, XX dinastia), oppure sulla competenza divina per le piene del Nilo (la cosiddetta Stele della carestia, monumento di epoca tolemaica, che si presume risalga agli anni di re Djeser, III dinastia, cioè intorno al 2750, e che narra di sette anni di carestia, in cui il saggio Imhotep consulta gli archivi della 'casa della vita' e trova nei testi sacri, bʒw rc, che Khnum di Elefantina è il dio dell'inondazione). Peraltro gli archivi erano consultati soprattutto per stabilire se un particolare evento si fosse già verificato in precedenza. A partire dagli inizi del Nuovo Regno (1540 ca.) si trova l'affermazione che negli annali degli antenati non si sarebbe potuto trovare nulla di paragonabile a un determinato evento. Si tratta di un luogo comune che serviva a mettere in rilievo l'importanza delle imprese regali, oppure il carattere miracoloso di quelle divine.
Oltre agli annali vi erano i diari, che erano tenuti da tutte le istituzioni importanti e che per ogni giorno registravano gli avvenimenti rilevanti. Durante il Nuovo Regno, nel corso delle campagne militari, i diari di palazzo si trasformavano in resoconti di guerra in cui erano annotate le azioni giornaliere, nello stile dell'infinito tipico di questo particolare genere letterario. È a partire da questi diari che furono redatte le iscrizioni regali, soprattutto i grandi Annali di Thutmosi III a Karnak. Un certo Tjanuni si vanta di "avere rese eterne le vittorie di Sua Maestà che egli ha ottenuto in ogni paese straniero, fissandole per iscritto, così come sono state realizzate" (Sethe 1906-58, 1004).
Elenchi di re e genealogie
Sulla base dei materiali conservati negli archivi sono stati compilati gli elenchi di re, i quali fornivano una precisa ricostruzione cronologica, risalendo indietro dal sovrano regnante fino a Menes, fondatore del regno, e poi da questi ancora più indietro oltre i re della preistoria, i "morti trasfigurati" (ripresentati da Manetone come "eroi"), gli dèi della "Piccola Enneade" (i "semidèi" di Manetone), e gli dèi della "Grande Enneade" (gli "dèi" di Manetone), fino agli albori del mondo. Questa associazione tra 'storia' divina e 'storia' umana corrisponde esattamente all'uso del termine gnwt in relazione agli 'annali' umani e divini, ovvero res gestae.
Gli elenchi dei re egizi e quelli dei re sumeri hanno in comune il fatto che includono le età mitiche e si rivolgono alle origini del mondo. Ma nel momento in cui, con Menes, si raggiunge il punto che, anche secondo l'odierna concezione, separa la preistoria dalla storia, gli elenchi egizi perdono ogni elemento mitico per diventare una precisa registrazione di dati storici. L'unico esempio di lista regale pre-manetoniano è il 'Papiro dei Re', o 'Canone Regale', di Torino, del tardo XIII sec., in cui l'elenco è talvolta interrotto da titoli e da somme nelle quali è già possibile individuare quell'articolazione in dinastie ed epoche più lunghe, che ritroveremo poi in Manetone (III sec. a.C.) nella forma tuttora in uso. Così, le dinastie I-V e VI-VIII sono raggruppate per formare quella che oggi chiamiamo Età Protodinastica e Antico Regno, la cui durata complessiva secondo il papiro di Torino è di 955 anni. Gli anni di interregno, nel Canone Regale di Torino, sono segnati come wsf (oziosi, vuoti), in modo tale che l'ordine cronologico non sia intaccato dai disordini dinastici.
Questi elenchi, che rientravano nell'ambito degli archivi, servivano a loro volta per raccogliere i nomi dei re che sono stati ritrovati sui monumenti di epoca ramesside (i templi e le tombe). Il più noto è la Lista reale di Abido, in cui è raffigurato Seti I (XIX dinastia) mentre compie offerte davanti alla serie quasi completa dei suoi predecessori, a partire da Menes (un'analoga lista è stata ritrovata nel tempio di Ramesse II e attualmente si trova a Londra, un'altra è stata invece ritrovata in una tomba privata a Saqqara). I numerosi elenchi di nomi di re ritrovati nelle tombe tebane del Nuovo Regno non si rifanno invece tanto al sapere archivistico quanto alle tradizioni di culto del luogo, visto che la serie completa dei re del Nuovo Regno era sotto gli occhi di tutti, nella forma dei loro templi funerari, come i templi di Mentuhotep, il secondo 'Unificatore', e del saggio Amenhotep. Dall'interazione tra archivi e monumenti nascono quella consapevolezza storica e quella coscienza del passato proprie della civiltà egizia, soprattutto dall'epoca ramesside (XIII sec.) in poi. Una litania di offerte propria del rituale ramesside per il divinizzato Amenhotep I amplia la serie dei re del Nuovo Regno (a partire da Ahmose I), inserendo Kamose (1575 ca.), Sesostri I e Mentuhotep. La serie delle quattordici statue regali, portate in processione nella festa di Min, comprende, oltre ai re del Nuovo Regno, anche Mentuhotep e Menes, cioè i due unificatori del regno. In questo modo viene già espressa la concezione di una suddivisione della storia basata sulla distinzione ormai consueta tra Antico, Medio e Nuovo Regno (vale a dire Antica, Media e Tarda Epoca del Bronzo).
Con l'Epoca Libica, forse sotto l'influsso della tradizione di questo paese, si afferma l'ideale di una lunga serie di antenati, come segno di preminenza sociale e professionale. Anche questi elenchi di progenitori si basano sugli archivi e spesso comprendono più di una dozzina di generazioni, ma in un caso arrivano a non meno di 60. Con l'ausilio di tale documentazione era possibile risalire attraverso i secoli e stabilire, per esempio, i rapporti di proprietà. Intorno al 1250, sotto Ramesse II, un uomo di nome Mosè vinse una causa per un terreno riuscendo a dimostrare che discendeva da un certo Nashi, colui a cui il re Ahmose, più di 300 anni prima, aveva donato la proprietà in questione come ricompensa per i meriti acquisiti durante la lotta di liberazione contro gli Hyksos. Gli archivi rendono il passato accessibile fino a Menes e permettono d'inquadrare cronologicamente i numerosi monumenti, presenti in Egitto con una concentrazione che non ha l'eguale nella storia. In questo modo per un Egizio colto era possibile avere di fronte agli occhi l'intero passato della propria civiltà, fino ai primordi, e si può allora capire l'ironia con cui ‒ secondo un aneddoto riportato da Erodoto (Historiae, II, 143) ‒ deve essere stata accolta l'affermazione di un nobile viaggiatore greco che sosteneva di poter risalire per sedici generazioni alla propria origine divina. Per gli Egizi, infatti, andava calcolato in termini di molti millenni il tempo in cui gli dèi erano sulla Terra e si mescolavano agli uomini.
di Jan Assmann
Iscrizioni biografiche funerarie
Non è possibile comprendere l'importanza dei monumenti egizi come fenomeno culturale e afferrarne pienamente il significato senza ricorrere all'idea del tempo tipica di tale civiltà, cioè la dottrina delle due eternità: nḥḥ, l'eterno ritorno del tempo, quale totalità delle sue unità calcolabili, e ḏt, la durata immutabile e continua della perfezione. Per gli Egizi la forma monumentale serviva a realizzare la durata immutabile, e dunque si trattava di una tradizione che rientrava a pieno titolo nel tempo ḏt. Anche i testi riportati sui monumenti, e che devono essere considerati come fonti del sapere storico, vanno compresi sulla base della concezione ḏt, ossia nell'ambito della categoria temporale della 'risultatività'. In questi testi la trattazione riguarda infatti il momento in cui occorre rendere conto delle opere compiute e dell'intera vita davanti al tribunale dei posteri e al mondo degli dèi, e in essi è giustificata l'esigenza di un'eternità immutabile. Tali iscrizioni inizialmente compaiono in tombe di privati e soltanto a partire dal Medio Regno (2000-1630) si hanno anche iscrizioni regali. È probabile che nell'Antico Regno (2750-2190) si ritenesse che i re dovessero essere esentati da questo rendiconto. Durante la V dinastia (2520-2360) nelle tombe private si sviluppano, a partire da forme più antiche, due generi letterari: quello della biografia reale, che tratta delle gesta del sepolto e dei suoi rapporti con il re, e quello della biografia ideale, che narra dell'adempimento di norme etiche generali. Con la fine dell'Antico Regno, tale distinzione scompare e la categoria delle iscrizioni biografiche guadagna in complessità e ricchezza formale. È nell'ambito delle biografie che si sviluppano le prime forme di elaborazione narrativa di una struttura cronologica. I governatori delle province, i capi delle spedizioni e i condottieri narrano dei successi ottenuti in missioni difficili, della realizzazione di vaste spedizioni commerciali, delle operazioni militari, delle opere tecnico-ingegneristiche e di altro ancora. Questi testi non rappresentano soltanto le fonti dell'odierna ricerca storica, ma anche quelle della conoscenza storica degli stessi Egizi: infatti, poiché le tombe erano accessibili ai visitatori ed erano effettivamente visitate, questi testi permettevano ad essi di conoscere con certezza le persone e gli eventi del passato, al di là della mera ossatura cronologica delle liste di re. Inoltre, testimoniano la partecipazione di cerchie più vaste, anche se sempre limitate a ristrette élites, agli eventi storici ritenuti degni di essere ricordati per iscritto. Questo è vero soprattutto per le iscrizioni biografiche della XVIII dinastia (1540-1293), che sono state redatte da coloro che avevano partecipato alle guerre di liberazione contro gli Hyksos, oppure alle guerre di conquista di Thutmosi III (intorno al 1500).
Iscrizioni regali
Iscrizioni regali paragonabili a quelle biografiche sono documentate soltanto a partire dal Medio Regno, cioè a partire dal 2000 ca. Questo fatto aveva già colpito gli antichi ed è alla base dell'osservazione di Diodoro secondo la quale nel periodo dei 52 re ‒ ossia da Menes fino alla fine della VI dinastia e quindi durante l'intero Antico Regno (2750-2190) ‒ "non è accaduto niente di meritevole di essere annotato" (mēdèn áxion anagraphẽs genésthai, Diodoro, Bibliotheca, I, 45), mettendo così in evidenza quanto siano stati importanti i monumenti per la conoscenza storica posteriore. Le iscrizioni dal contenuto storico presuppongono una necessità di legittimare l'operato e di renderne conto che è avvertita soltanto a partire dal Medio Regno, quando i re cominciano a dover giustificare le proprie azioni davanti agli dèi e soprattutto davanti al dio Sole, loro padre. Inoltre, i re del Medio Regno dovevano portare avanti una propaganda a favore di un ritorno del potere centrale nelle mani del faraone, collegato a una esautorazione dei signori locali, e a tale scopo collocavano i resoconti delle loro azioni in luoghi che fossero visibili a tutti. Le iscrizioni regali, a differenza di quelle biografiche, non danno mai un resoconto dell'intera esistenza o del regno di un singolo faraone, ma si concentrano su un'azione specifica, come l'edificazione di un tempio oppure la conduzione di una campagna bellica. Normalmente queste iscrizioni iniziano con una data e in questo assomigliano a elaborate annotazioni di un calendario o di un diario. Una forma particolarmente caratteristica inizia con una seduta del consiglio del trono, in cui il re, durante il dialogo con i suoi consiglieri, coglie l'occasione per esporre la sua azione nei dettagli, senza comunicarla semplicemente, ma spiegando le motivazioni e i processi decisionali da cui scaturisce. Nella formulazione letteraria, questi testi vanno indubbiamente ben oltre le annotazioni presenti negli archivi.
Nell'ambito di questa tradizione si sviluppa la consapevolezza del significato della storia. Determinati eventi sono presentati con maggiore enfasi di altri, in modo da far risultare chiaramente la loro rilevanza. Un esempio è rappresentato dalle due stele che il re Kamose (1575 ca.), ultimo sovrano della XVII dinastia, fece innalzare a Karnak; esse presentano un colorito resoconto delle sue guerre di liberazione contro gli Hyksos, talmente lungo da richiedere due stele per essere inciso. L'inizio del testo è conservato su una tavoletta di legno, a testimoniare il fatto che, in virtù del suo contenuto e della sua forma letteraria, esso è stato adottato come opera letteraria nella tradizione scolastica; da questo testo emerge la consapevolezza di mantenere la memoria di un evento di portata storica. Qualità simili ricorrono più tardi nelle rappresentazioni della battaglia di Megiddo sotto Thutmosi III (1496-1442), della battaglia di Qadesh (1294 ca.) sotto Ramesse II, delle lotte libiche sotto Merenptah (1233-1223, stele di Israele) e delle lotte di Piankhi/Piye. La narrazione della battaglia di Qadesh, sotto Ramesse II, presenta sia la forma letteraria del resoconto stringato tratto da diari di guerra, sia quella dell'epopea che trasforma l'evento dandogli un'alta forma poetica; l'iscrizione che riguarda la vittoria del 720 ca. di Piankhi/Piye (741-717) supera invece, quanto a lunghezza e a formulazione letteraria puntigliosa, tutte le altre iscrizioni regali conservate. Nel Medio Regno, fino alla XVI dinastia, ossia fino al 1525 ca., numerose iscrizioni regali sono redatte secondo le regole della grande letteratura, certamente con l'intento di entrare a far parte dei classici della letteratura e così assicurarsi un posto duraturo nella memoria culturale.
Nella grande quantità delle iscrizioni regali che si sono conservate, soltanto in quattro casi si trova uno sguardo retrospettivo che al di là dell'evento attuale prenda in considerazione un passato più antico. Nella sua epigrafe allo Speos Artemidos, Hatshepsut narra delle distruzioni dell'epoca degli Hyksos e definisce i sovrani stranieri come "re senza investitura del dio Sole", per poter rappresentare la propria sovranità come liquidatrice della dominazione straniera. Nell'introduzione ai suoi Annali, Thutmosi III (1496-1442) descrive i motivi che lo hanno spinto a intervenire militarmente. Nella sua Stele della restaurazione, Tutankhamon (regnò dal 1358 al 1349) si sofferma brevemente sugli abusi dell'epoca amarniana, quella di Akhenaton. Nel grande papiro Harris, Ramesse III (1197-1165, XX dinastia) fornisce un resoconto della fine caotica della XIX dinastia allo scopo di legittimarsi quale restauratore dell'ordine. Nessuno di questi abbozzi di storiografia abbraccia più di un paio di decenni, e ogni volta il passato viene esaminato unicamente come premessa alle azioni presenti, le quali costituiscono il vero e proprio soggetto in esame. Da un punto di vista generale, il genere letterario delle iscrizioni regali è al servizio di una memoria prospettica, ossia gli eventi presenti sono trattati in base al significato che acquisiranno nel futuro.
Oltre a queste iscrizioni esistono anche le rappresentazioni iconografiche degli eventi storici. Si tratta di una tradizione che risale all'antichità, quando le immagini incise sulle tavolette annuali erano riportate anche in forma monumentalizzata sulle tavolozze cerimoniali che, all'epoca, svolgevano alcune delle funzioni della stele. La più nota è la tavolozza di Narmer, sulla quale è già presente il genere iconografico dell'uccisione del nemico. Nel corso della XVIII dinastia (1540-1293) perfino questo pittogramma (che in sé non ha nulla di storico) diviene un mezzo per annotare eventi storici, nel momento in cui un elenco di città e di tribù nemiche conquistate fornisce un dettagliato resoconto degli itinerari delle campagne di Thutmosi III. Sempre nel corso della XVIII dinastia, in elenchi di questo tipo, che si presentano per esempio su basamenti di statue a simboleggiare il mondo del nemico schiacciato dai piedi del faraone, appaiono per la prima volta località del mondo egeo come Cnosso, Amnisos, Kydonia, Micene, Tegea, Messene, Nauplia e Citera. Si tratta di nomi la cui conoscenza unisce il sapere geografico e quello storico-politico. Nella XIX dinastia (1293-1194) le innovazioni artistiche dell'epoca di Amarna portarono all'elaborazione di una nuova forma di rappresentazione iconografica della storia: il rilievo che raffigura il re sul carro da guerra mentre attacca una città o una fortezza nemica, in cui l'azione è inserita in uno scenario estremamente dettagliato (almeno per i criteri egizi). In tal modo, il carattere storico e irripetibile dell'evento rappresentato diventa accessibile anche a coloro che non sono in grado di leggere le annotazioni scritte, contribuendo così a mantenere il ricordo delle imprese militari ramessidi. Da questo punto di vista, Ramesse II ha raggiunto l'apice, facendo registrare la battaglia di Qadesh in tutti i maggiori templi del paese, sia figurativamente, con un'imponente veduta di tipo geografico del paesaggio arricchita da molte scene particolareggiate, sia epigraficamente, in due forme letterarie. Con la fine dell'epoca ramesside questo tipo di raffigurazione scompare, mentre durante la XXV dinastia (712-664), con i sovrani etiopici, il genere delle iscrizioni regali vive una nuova fioritura.
Proprio perché nel I millennio questa tradizione di raffigurazione della battaglia non verrà proseguita, i rilievi di epoca ramesside appariranno ai posteri come imponenti testimonianze del passato. Inoltre, poiché queste raffigurazioni sui piloni e sui muri esterni dei templi erano estremamente visibili, sembra quasi inevitabile che siano state loro associate varie leggende storiche.
di Jan Assmann
Iscrizioni letterarie private
Il racconto di Sinuhe è un'opera letteraria che si presenta come la copia di un'iscrizione funeraria autobiografica. In essa, il protagonista narra della sua fuga all'estero, della sua vita come capotribù in Palestina e, infine, del suo ritorno in Egitto, dove sarà graziato dal re e sepolto in una tomba sontuosa. La storia si svolge sotto Sesostri I (XX sec.) e si basa su dettagli realistici. In Egitto il testo diventò un classico e per molti secoli mantenne viva l'immagine dell'epoca.
Il racconto del naufrago, che risale allo stesso periodo, segue il modello dei resoconti delle spedizioni, ricordate dai comandanti sia sotto forma di iscrizioni parietali, sia su papiri come resoconti per gli archivi di palazzo. A differenza de Il racconto di Sinuhe, questa narrazione contiene una quantità di motivi fiabeschi. Tuttavia, un millennio più tardi un autore si avvarrà della stessa forma letteraria per redigere una relazione di viaggio a tal punto realistica che, ancora oggi, si discute per stabilire se si tratti di un'opera letteraria o di un documento: stiamo parlando del Viaggio di Wenamon (1000 ca.).
Esisteva quindi una profonda interazione tra i monumenti, gli archivi e la letteratura, un fenomeno che è facilmente spiegabile se si pensa che erano sempre gli stessi scribi a prendersi cura di queste tre forme tradizionali di sapere.
Iscrizioni letterarie regali
Nel Medio Regno ebbe inizio il genere delle iscrizioni regali, le quali, per via della loro forma estetica o dell'interesse del loro contenuto, sono state copiate e hanno circolato come opere letterarie. Rientrano fra queste opere sia il manoscritto su rotolo di pelle Berlino 3029 della XVIII dinastia (1540-1293), che riproduce un'epigrafe di Sesostri I la cui forma è quella della novella regale, sia la tavoletta Carnavon con il racconto delle lotte di liberazione contro gli Hyksos portate avanti dagli egizi sotto il re Kamose (1575 ca.). Nel caso del poema della battaglia di Qadesh (1294 ca.), possiamo ritenere che Ramesse II avesse in mente sin dall'inizio di destinarlo sia all'iscrizione monumentale, sia alla diffusione letteraria. Anche il testo, che risale alla XXV dinastia (712-664), della Stele della vittoria del re Piankhi/Piye (720 ca.) è probabile che abbia avuto un'analoga destinazione, se si considerano la sua lunghezza (pari a quella di un libro egizio) e la forma letteraria estremamente sofisticata.
Romanzi storici e racconti di re
Risalgono alla XIX dinastia (1293-1194) i racconti storici che, in una trasposizione romanzesca, si riferiscono ai re del passato e alle loro gesta eroiche. Una di queste opere letterarie, di cui si è conservata soltanto la prima parte, tratta dell'inizio della lotta di liberazione contro gli Hyksos (La disputa di Apofi e Seqenenra, in Goedicke 1986). Vi sono due cicli di racconti che riguardano la grande figura di Thutmosi III (Spalinger 1982). Vi è anche una serie di opere letterarie che sposta l'azione ai tempi di re del passato: il papiro Westcar ambienta i racconti di prodigi ‒ che risalgono all'epoca di Snofru (intorno al 2630) e, in forma di profezia, preannunciano la V dinastia (2520-2360) ‒ alla corte di re Cheope, mentre La profezia di Neferti si svolge alla corte di re Snofru e annuncia l'ascesa al trono di re Amenemhat I (1996-1970), fondatore della XII dinastia. Un racconto che risale alla XVIII dinastia (1540-1293) tratta in modo fortemente satirico delle visite notturne del re Neferkara (Pepi II, intorno al 2300) al suo generale Sisene, eventi che sono accaduti quasi un millennio prima. Il racconto del papiro Vandier, presumibilmente di epoca ramesside, si svolge sotto un certo re Sisobk (934-913), il cui nome non appare né nelle liste regali, né sui monumenti. L'azione, in ogni modo, si svolge nel tardo Nuovo Regno e fornisce un esempio di come poteva essere utilizzata la conoscenza storica: quando infatti il re presenta i sintomi di una grave malattia, gli scribi eruditi consultano i loro libri e constatano che un certo re Ḏd-kʒ-Rc (Isesi, intorno al 2400), oppure Mn-kʒ⟨w⟩-Rc (Micerino, intorno al 2600), soffriva degli stessi sintomi e che non gli erano rimasti più di 7 giorni da vivere. Un evento verificatosi più di mille anni prima è utilizzato come precedente per risolvere un problema attuale. Un'altra narrazione regale di Età Tarda, appartenente al Libro del tempio, si riallaccia a eventi accaduti ai tempi di un certo re Naneferka-Sokar (intorno al 2800), di re Cheope (IV dinastia) e di Amasi (XXVI dinastia). Il fatto che in generale questi racconti potessero far retrocedere gli eventi di un recente passato, come la guerra contro gli Assiri (VII sec.), fino ai tempi di Djeser (XXVIII sec.), dimostra quale scarso valore fosse attribuito all'esattezza storica.
Racconti regali simili a questi compariranno nuovamente nella letteratura greca, soprattutto in Erodoto e Diodoro. Al riguardo, sarebbe stato importante possedere l'opera storica in tre volumi di Manetone di Sebennito ‒ un egizio del IV-III sec. che scriveva in greco e che conosceva di prima mano la tradizione egizia ‒ ma di essa purtroppo ci sono pervenuti soltanto dei compendi che si riducono alla lista dei re, nonché due estratti che si trovano nelle opere dello storico del I sec. d.C. Giuseppe Flavio e che sono da questi attribuiti alla storia degli ebrei: il resoconto della dominazione degli Hyksos e la leggenda dei lebbrosi cacciati dall'Egitto all'epoca di un re Amenhotep (s'intende Amenhotep III, XVIII dinastia), sotto la guida del sacerdote Osarsiph ("che assunse il nome di Mosè"). In quest'ultima versione si afferma esplicitamente che il racconto deriva dai "miti e dalle leggende" della tradizione orale, mentre il resoconto hyksos si basa sulle "scritture sacre".
La mitografia come storiografia
L'unione di cosmogonia, mitologia e storia caratterizza la consapevolezza storica dell'intero mondo antico e anche del pensiero egizio. Il mito egizio della separazione del cielo dalla Terra (Libro della vacca celeste) inizia nella forma di un racconto regale, collocando gli eventi all'epoca in cui il dio del Sole regnava ancora sia sugli dèi sia sugli uomini. Questa storicizzazione del mondo degli dèi si rafforza nel corso dell'Età Tarda. Sul naos di el-Arish si narra di un'invasione dall'Est, che ha avuto luogo all'epoca del regno del dio Shu. I figli di Apofi (nemico del Sole) penetrano in Egitto attraverso il Wadi Tumilat e sono ricacciati da Shu con l'aiuto del serpente ureo. Un altro mito narra di quella volta in cui il dio Seth, durante una reggenza di Horo, intraprese una lunga contesa con Horo (Sethe 1906-58, 1-2). La vittoria di Horo su Seth fu celebrata a Edfu, intorno al 363o anno del regno del dio Ra; poiché ogni sovrano regnante incarna il dio Horo, è da presupporre una continuità ininterrotta tra mito e storia. Questa continuità rappresenta la maggiore differenza rispetto alle forme europee di storiografia sviluppatesi nell'ambito dell''Illuminismo' greco del V sec. a.C.
di Kim Ryholt
Non ci sono pervenuti elenchi di re posteriori al Nuovo Regno, vale a dire dopo il 1076, né sui monumenti né come manoscritti. Tuttavia, poiché Manetone è stato in grado di compilare un elenco di re abbastanza attendibile, è assai probabile che questa tradizione sia proseguita anche dopo il Nuovo Regno, sebbene non si sappia in quale forma. Erodoto, quando visitò l'Egitto intorno al 448, vale a dire quasi due secoli prima di Manetone, non sembra abbia potuto accedere a un elenco attendibile di re, visto che la cronologia riportata nelle pagine sull'Egitto è notevolmente arbitraria (Historiae, II).
Anche nei racconti demotici vi sono casi che testimoniano una certa confusione riguardo ai grandi re del passato. Nella cosiddetta Prima storia di Setne (Griffith 1900), Merenptah è considerato un remoto antenato di Ramesse II (entrambi della XIX dinastia, 1293-1194), mentre in realtà egli era uno dei suoi figli e suo diretto successore. Così come nella Seconda storia di Setne i nomi di Thutmosi III (XVIII dinastia, 1540-1293) e di Siamun (XXI dinastia, 1080-945) sono confusi, dando luogo alla figura di un certo re Menkhepre Siamun, il quale avrebbe regnato 1500 anni prima di Ramesse II (1299-1233). In realtà Thutmosi III (1496-1442) regnò soltanto 150 anni prima di Ramesse II, mentre Siamun regnò circa 250 anni dopo. Occorre inoltre notare che i nomi di Merenptah e Thutmosi III non erano compresi ed erano scritti in forma non etimologica. Infine, sorprende vedere il grande conquistatore re Thutmosi III rappresentato come faraone disorientato e portato per magia in Nubia, dove è severamente punito. Tenendo conto di questi elementi, le due Storie di Setne sembrerebbero dimostrare una generale mancanza di conoscenza del passato che riguarda perfino i re più popolari, anteriori al Terzo Periodo Intermedio (1080-712).
Al tempo stesso, però, imprese isolate di alcuni re vengono ricordate con chiarezza. Un esempio calzante è quello di re Djeser (III dinastia), che è spesso menzionato nei testi letterari demotici e la cui fama è indubbiamente legata alla costruzione della prima piramide. Il suo regno era diventato sinonimo di antichità e, implicitamente, di autenticità. Ciò spiega perché la nota Stele della carestia nell'isola di Sehel venisse fatta risalire al suo regno pur essendo chiaramente un'opera di propaganda del periodo tolemaico (dopo il 332), o anche perché due manuali di oroscopi in demotico (entrambi non pubblicati) siano stati attribuiti all'epoca del suo regno. Il legame tra Djeser e la prima piramide regale, nonché con Imhotep che ne è stato probabilmente l'architetto, è stato invece ricordato perfino nel corso dell'Età Tarda, anche se non si sa se esistessero altri dati storici concernenti il suo regno.
L'opera che più si avvicina a un elenco di re è la cosiddetta Cronaca demotica, che, malgrado il nome moderno, appartiene alla categoria delle profezie (Spiegelberg 1914). Il testo contiene una serie di responsi oracolari ordinati per capitoli. Questi responsi, molti dei quali ambigui, sono spiegati facendo riferimento alla storia della politica egizia nel corso del IV sec. e forse nei primi anni del III sec.; queste spiegazioni sono però spesso molto oscure. Nei responsi sono presenti riferimenti ai singoli sovrani, da Amyrtaios (XXVIII dinastia, 404-399) a Tachos (XXX dinastia, 380-343), per un arco di tempo che copre praticamente l'intero periodo dei re autoctoni tra la prima e la seconda dominazione persiana. In tutto il testo Tachos è raffigurato come sovrano regnante, ma vi sono indizi che il testo sia stato originariamente redatto durante la seconda dominazione persiana e, in seguito, 'aggiornato' durante la Prima Età tolemaica, epoca da cui proviene l'unico manoscritto che si sia conservato. Il testo è permeato da forti sentimenti antipersiani (ma non, in apparenza, antigreci) e uno dei suoi obiettivi principali è quello di profetizzare che un regnante autoctono sorgerà e libererà l'Egitto dall'occupazione straniera: "un uomo di Eracleopoli è colui che regnerà dopo gli stranieri [ossia i Persiani] e i Greci [ossia i Tolomei]" (col. III, 25). È riportata perfino una descrizione dettagliata di quali fasi della rivolta avranno luogo e durante quali stagioni. In aggiunta, il testo definisce l'indole di un buon re ed è proprio per portare esempi sui destini dei buoni e dei cattivi sovrani, che sono menzionati alcuni re delle dinastie XXVIII-XXX, ossia del periodo 404-343. L'informazione storica fornita in questo contesto è inserita in responsi oracolari che rendono talvolta difficile l'interpretazione. Tuttavia, è interessante osservare che nei casi in cui sono indicati dati confrontabili, come la successione e la durata del regno di determinati sovrani, la Cronaca demotica è più accurata dell'opera di Manetone che è leggermente anteriore. Il testo contiene anche altri dati per i quali però non sono possibili controlli.
Il retro del papiro su cui è annotata la sola versione esistente della Cronaca demotica, riporta altri testi di interesse storico, compreso un resoconto sulla confisca delle rendite dei templi da parte di Cambise e una testimonianza della decisione di Dario I di far redigere e conservare, sia in aramaico che in demotico, le leggi egizie precedenti l'occupazione persiana.
Uno dei documenti demotici più notevoli è il papiro Rylands IX, la Petizione di Petees (Griffith 1909), in cui è conservato un lungo racconto (21 colonne) che riguarda la famiglia di tale Petees e il suo conflitto con altri sacerdoti circa le prebende dell'ufficio di Profeta di Amon a el-Hiba. Il testo sembra un racconto, ma in realtà è stato rinvenuto in un archivio che conteneva documenti autentici su questa stessa famiglia, alcuni dei quali riguardano transazioni prese in considerazione nel papiro Rylands IX. Si può pertanto supporre che il racconto rappresenti una specie di petizione o di cronaca familiare a favore di Petees, basata su una documentazione reale e arricchita con l'immaginazione e con delle forme letterarie. Così, per esempio, si è sostenuto di recente che le due stele di cui alla fine del documento si afferma che sono state erette dagli antenati di Petees e distrutte dai suoi nemici, sono in realtà dei falsi. Lo scopo di una tale falsificazione sarebbe stato quello di fornire agli antenati di Petees più titoli di quanti non ne avessero effettivamente al fine di rafforzare le loro rivendicazioni sulle prebende della carica contesa. Il testo è importante per i particolari storici che contiene e il notevole arco di tempo coperto, visto che cinque generazioni della famiglia di Petees abbracciano circa 140 anni. Per esempio, il testo riporta alcuni particolari relativi alla campagna in Siria di Psammetico II nel suo quarto anno di regno (nel 592-591) e dettagli sulla sua morte pochi anni dopo (nel 588).
Dati storici sono talvolta contenuti anche nei documenti privati di tipo più corrente. I numerosi testi demotici provenienti da Elefantina costituiscono una fonte particolarmente ricca di informazioni sulle condizioni sociali e storiche durante l'Età Tarda e il periodo tolemaico. La maggior parte di questi testi sono papiri e óstraka, ma comprendono anche graffiti. Per esempio, un graffito, datato nella prima parte del regno di Tolomeo II ed esattamente nel 282-281 a.C., riferisce che il tempio di Sothis era in rovina da quando i Persiani erano giunti in Egitto. Che fosse intenzionale o meno, il testo è stato redatto esattamente 50 anni dopo che Alessandro Magno aveva conquistato l'Egitto nelle guerre contro i Persiani, nel 332 a.C.
Più importanti, tuttavia, sono i numerosi papiri dall'isola di Elefantina, soprattutto le lettere, il cui contenuto può essere riassunto con le parole di Karl-Theodor Zauzich: "nell'insieme l'immagine che le lettere descrivono della vita quotidiana sull'isola non è affatto pacifica. Ripetutamente si parla di litigi e di conflitti, di carestia e di malattia, di naufragio, di rapine e di distruzioni" (Zauzich 1971, p. xiii; v. anche 1983, pp. 421-435).
La maggior parte delle lettere è datata alla seconda dominazione persiana (343-332) e al periodo tolemaico (332-30). Due lettere importanti dell'epoca persiana chiariscono i rapporti tra il governo persiano, rappresentato dal satrapo Pherendates, e la casta sacerdotale egizia. Altre lettere parlano della paura dei Persiani. Vari testi datati all'epoca tolemaica si riferiscono a una 'ribellione' che sembra essere la rivolta dei due usurpatori autoctoni Haronnophris e Anchonnophris (205-186). Uno dei testi precisa che "Haronnophris è colui che è venuto verso sud" (papiro Berlino 23641). Altre lettere accennano a un conflitto in relazione a Naneferibra e Naneferpra, e affermano che il primo sarebbe giunto nel Sud con 212 ufficiali e tremila uomini (papiro Berlino 23606). Zauzich ha avanzato l'ipotesi che il nome di Naneferibra sia da considerare come il prenome di Haronnophris, e Naneferpra una variante non etimologica di tale nome.
Sempre da Elefantina proviene un lungo testo che narra di una spedizione in Nubia durante il regno di Amasi (XXVI dinastia) nel 529, della quale non si sa nulla sulla base di altre fonti.
Si conosce un notevole numero di romanzi storici demotici. Molti contengono racconti di guerra che narrano di eccezionali guerrieri e di violente battaglie e in cui gli Egizi sono rappresentati in lotta contro gli Assiri, i Babilonesi, i Persiani e i Nubiani. Questi racconti s'ispiravano chiaramente alla situazione politica del Terzo Periodo Intermedio (1080-712) e dell'Età Tarda (712-332), quando l'Egitto è stato dapprima diviso e dilaniato da guerre civili, e in seguito invaso e occupato dai Nubiani (712-664, XXV dinastia) e dai Persiani (525-404, XXVII dinastia; e nuovamente 343-332, II Età persiana). Almeno in parte, questi racconti sembrano nati come risposta all'umiliazione inflitta dalle invasioni, dato che molti di essi narrano di come gli storici re autoctoni avessero in passato sconfitto quelle stesse potenze che ora continuavano a invadere l'Egitto. Ma si tratta di racconti anacronistici e puramente immaginari.
Il più antico re presente in questo topos è Djeser (XXVIII sec.). In un papiro inedito (papiro Carlsberg 85) si racconta che questo sovrano cerca le "42 membra divine" in Assiria. Le membra rappresentano evidentemente il corpo di Osiride, presumibilmente sotto forma di reliquie. È possibile che tale tema s'ispiri alla situazione verificatasi durante la prima epoca tolemaica, all'incirca tra il 330 e il 200, quando Tolomeo I e ognuno dei suoi tre diretti successori restituirono all'Egitto diversi arredi di templi portati in Siria dai Persiani. Mentre ci si aspetterebbe che Djeser, data la sua grande reputazione, venga presentato con ogni rispetto, nei racconti accade invece tutt'altro.
Un altro re presente in questo topos è Sesostri (figura non storica, protagonista di varie opere letterarie), il cui racconto è conservato in due papiri inediti (Carlsberg 411 e 412) ed è probabilmente la fonte diretta della Storia di Sesostri raccontata da Erodoto (Historiae, II, 102-110) e da altri autori greci. Questo racconto riveste un particolare interesse perché fino ad oggi sono state individuate solo vaghe tracce dell'influsso della letteratura demotica su Erodoto, come la tradizione che riguarda l'ubriachezza di Amasi (570-526, XXVI dinastia) presente sia in Erodoto (Historiae, II, 173-174) sia in un racconto conservato sul retro della Cronaca demotica. La versione demotica della Storia di Sesostri presenta inoltre un particolare interesse in quanto potrebbe chiarire i problemi riguardanti l'identità del faraone di Erodoto. In genere, si è pensato che questo faraone fosse una combinazione di vari regnanti; in realtà sia la versione demotica sia Erodoto affermano che il re in carica (il faraone) era un certo Amenemhat, mentre Sesostri è definito come "suo figlio, il figlio del re". È quindi in qualità di figlio di re, e non di faraone, che Sesostri si reca in Arabia ed Etiopia. Questo dettaglio coincide sorprendentemente con il resoconto di Diodoro secondo cui "Sesoösis […] era stato mandato da suo padre in Arabia con un esercito" (Bibliotheca, I, 53).
Anche la storia di re Pheros riportata da Erodoto (Historiae, II, 102-110) sembra sia stata tratta da un racconto demotico. Mentre Erodoto non nomina il re in questione (Pheros, faraone), altri autori classici si riferiscono a lui come a Nencoreus (e relative alterazioni), che sarebbe il prenome di Amenemhat II (1934-1899, XII dinastia). La storia narra che per riacquistare la vista che aveva perso, al re era stato prescritto da un oracolo di "bagnare il volto nell'urina di una donna che non abbia mai conosciuto altro uomo all'infuori del proprio marito" (Diodoro, Bibliotheca, I, 59). Il racconto continua: "con ciò egli iniziò con la propria moglie e indi provò con molte altre, ma non ne trovò neppure una che fosse casta fatta eccezione per la moglie di un certo giardiniere che egli sposò non appena ristabilito. Fece bruciare vive in un certo villaggio tutte le altre donne".
Un racconto simile è contenuto in un papiro demotico proveniente da Tebtunis, inedito ed estremamente frammentario (papiro Carlsberg 324). Un re diventa cieco e fa un sogno in cui gli si dice di compiere determinate azioni per riacquistare la vista. La parte in cui è scritto quali azioni debba compiere non si è conservata, ma ciò che è interessante è che egli si fa portare "molte donne" allo scopo di "trovare una donna perfetta"; in seguito, avendo trovato questa donna, egli "fece un abominio" delle altre, cosa che nella letteratura demotica significa comunemente condannare una persona a morte. Nel manoscritto demotico questo episodio rappresenterebbe soltanto una parte di un racconto più lungo.
Il più ampio ciclo di racconti demotici riguarda l'eroe Inaros e la sua stirpe (detta 'la sua famiglia'). In alcuni dei racconti Inaros è l'eroe, in altri egli è morto e gli eroi sono i membri della sua stirpe. Alcune storie sono ambientate nel Terzo Periodo Intermedio (1080-712) durante il regno di Petubastis II, un re locale di Tanis; le descrizioni geografiche della Corazza di Inaros (Spiegelberg 1910), in cui si narra della guerra fra due stirpi rivali, sono infatti in accordo con il contesto storico del suo regno. Vi è inoltre una storia inedita, in cui Inaros stesso è ancora l'eroe, ambientata un poco più tardi durante il regno di Necho (609-595, XXVI dinastia). Particolarmente interessante è infine un altro racconto del ciclo di Inaros, Gli Egizi e le Amazzoni. In esso si narra che Petechons, membro della stirpe di Inaros, conduce una spedizione a un paese delle donne in Siria, dove incontra Serpot, regina delle Amazzoni; si affrontano in un duello, s'innamorano e diventano alleati; poi improvvisamente il paese delle donne è attaccato dagli indiani; Petechons e Serpot combattono insieme gli invasori e sottomettono il sovrano dell'India. Mentre l'origine del motivo delle Amazzoni è controversa, si ritiene che la conquista dell'India sia stata ispirata dalla campagna di Alessandro Magno.
Accanto a numerosi romanzi basati, seppure soltanto in modo estremamente approssimativo, su circostanze storiche, la letteratura demotica comprende anche racconti di pura fantasia che riguardano gli antichi sovrani. Uno di essi tratta di re Bedja (II dinastia, tra il 2900 ca. e il 2750), esiliato in qualche remota montagna per non aver ubbidito a Hathor (Smith 1983, pp. 109-142), dove conduce una vita di tormenti, senza alimenti, bevande e sandali, finché non è salvato da un certo Merib.
Nella narrativa demotica i re inventati sono, a quanto pare, molto rari, e non è neppure da escludere che i pochi re di questo genere possano invece essere stati oscuri sovrani del Terzo Periodo Intermedio. Uno di essi è Merneith, uno dei principali personaggi di un racconto inedito; l'episodio conservato riguarda la moglie del re che si trova ad Athribis, pertanto non si può trattare della donna che si suppone abbia regnato nella Prima Dinastia (3050-2900 ca.). Un altro di questi re è Sisobk (934-913) del papiro Vandier, che, in realtà, è un manoscritto ieratico (Posener 1985); tale racconto va ricordato perché la grammatica è protodemotica (Quack 1995) e il manoscritto data all'incirca alla XXX dinastia (380-343). La storia riguarda la malattia di re Sisobk, il quale viene a sapere da un giovane mago di nome Merira di avere solo sette giorni di vita. Consultati gli annali, i funzionari scoprono che la stessa malattia aveva colpito il re Djedkara (V dinastia, 2520-2360) e che per il re l'unica possibilità di sopravvivere era che Merira morisse in sua vece. L'interesse di questa storia risiede nel fatto che convalida esplicitamente l'ipotesi che fossero in uso annali regali affidabili e dettagliati, contrariamente a quanto il materiale conservato sembrerebbe indicare.
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