schizofrenia
Il ruolo della cannabis nella genesi della schizofrenia
I più recenti e autorevoli studi confermano che l’uso della cannabis in adolescenza comporta un rischio relativo da 3 a 4 volte maggiore di sviluppare schizofrenia o un disturbo schizofreniforme. Più è precoce l’inizio dell’abuso, maggiore è il rischio di sviluppo di psicosi. La cannabis non rappresenterebbe una causa necessaria e sufficiente, ma sarebbe parte importante di una costellazione causale. Solo una minoranza di individui svilupperebbe psicosi in conseguenza dell’uso di cannabis, ma questa minoranza è molto significativa sia da un punto di vista clinico che di popolazione: si stima infatti che oltre il 15% dei casi di psicosi potrebbe essere prevenuto eliminando l’uso di cannabis nella popolazione.
La sostanza a maggiore effetto psicoattivo presente nella cannabis è il D-9-tetraidrocannabinolo (D-9-THC). Il THC tende a concentrarsi nei tessuti più ricchi di grassi, quali l’encefalo, perché è una sostanza fortemente lipofila. Per tale motivo, è possibile reperire il THC nel cervello anche a distanza di molti mesi dall’ultima assunzione. I recettori per il THC sono di due tipi: i recettori CB1, presenti soprattutto sui neuroni centrali e periferici, e i CB2, localizzati soprattutto sulle cellule immunitarie. Per entrambi i recettori sono stati identificati agonisti endogeni (endocannabinoidi), attivamente coinvolti, attraverso i CB1, nel circuito dopaminergico mesolimbico della ricompensa. I cannabinoidi aumentano, infatti, il rilascio di dopamina nel nucleo accumbens. I recettori CB1 sono presenti in grandi quantità nei nuclei basali, disposti a controllo dei movimenti, nel cervelletto, nell’ippocampo, associati alle funzioni cognitive, mnesiche e di controllo dello stress, e nella corteccia cerebrale. Sono anche presenti nell’ipotalamo, che regola tra l’altro la sensazione di sazietà; nell’amigdala, luogo dell’elaborazione delle emozioni e della paura; nel midollo spinale, associato a sensazioni periferiche come il dolore; nel tronco encefalico, associato con il sonno, l’eccitazione sessuale e il controllo motorio; nel nucleo del tratto solitario, associato con sensazioni viscerali come la nausea e lo stimolo al vomito. A dosi elevate, la cannabis determina distorsioni marcate della percezione del tempo, dello spazio e del corpo, deliri, allucinazioni visive e uditive, depersonalizzazione. Nelle aree del controllo motorio e della memoria gli effetti della cannabis risultano direttamente evidenti. L’uso prolungato di cannabis determina fenomeni di assuefazione e dipendenza. Infine, il THC stimola la produzione del principale amminoacido eccitatorio, il glutammato, che a medio e lungo termine incrementa i fenomeni di pruning e di apoptosi.
Non vi sono ormai dubbi che l’intossicazione da cannabis possa portare a episodi psicotici acuti e transitori in alcuni individui, o che possa produrre riacutizzazioni di sintomi psicotici preesistenti. Tuttavia, vi è ancora controversia sul fatto che l’uso di cannabis possa causare schizofrenia nel lungo periodo. Recenti studi epidemiologici hanno prodotto evidenze in tal senso: tra questi uno studio sulla popolazione generale degli individui nati nella città di Dunedin in Nuova Zelanda in un determinato anno (Dunedin multidisciplinary health and development study), con un tasso di follow up del 96% a 26 anni. Per quanto statisticamente ristretto, questo studio presenta vantaggi unici: fornisce informazioni sui sintomi psicotici all’età di 11 anni, cioè prima dell’inizio dell’uso di cannabis, e permette la valutazione dell’età di esordio dell’abuso di cannabis in rapporto agli esiti a lungo termine; inoltre, per questi ultimi non fa riferimento ai dati del trattamento perché l’intera coorte è valutata all’età di 26 anni con un’intervista psichiatrica standardizzata. Ciò consente l’esame dell’esito della schizofrenia sia come un continuum (attraverso la valutazione dei sintomi), sia come un disturbo, escludendo i sintomi psicotici presentati sotto l’effetto di alcol e droghe. Lo studio ha dimostrato che gli individui che hanno fatto uso di cannabis a 15 e 18 anni hanno un tasso di sintomi psicotici a 26 anni molto più alto dei coetanei che non ne hanno fatto uso, e questo dato resta significativo anche dopo il controllo dei sintomi psicotici precedenti l’inizio dell’uso di cannabis. Inoltre, l’esordio dell’abuso a 15 anni è associato a un aumento della possibilità di presentare i criteri diagnostici per disturbo schizofreniforme all’età di 26 anni. Infatti, oltre il 10% degli utilizzatori di cannabis all’età di 15 anni in questa coorte è stato diagnosticato come schizofrenico a 26 anni, a fronte del 3% dei controlli. L’uso di cannabis a 15 anni, invece, non predice un esito di depressione a 26 anni, e l’uso di altre droghe in adolescenza non predice esiti di schizofrenia. Al contrario, vi è un effetto significativo di esacerbazione (o interazione) tra uso di cannabis a 18 anni e sintomi psicotici a 11 anni.
L’abuso di cannabis è largamente diffuso nel mondo, in partic. tra gli adolescenti, ed è in forte aumento. In Olanda e Gran Bretagna sono recentemente comparse varietà geneticamente modificate (skunk) che presentano una concentrazione di THC anche venti volte superiore a quelle prima conosciute. L’uso prolungato di cannabis nell’adolescenza determina effetti cognitivi e comportamentali descritti come sindrome amotivazionale; tale disturbo regredisce con la sospensione della cannabis. La relazione tra cannabis e psicosi sembra essere bidirezionale. Recenti revisioni sistematiche della letteratura scientifica hanno dimostrato che la cannabis, in partic. se assunta massicciamente nel corso dell’adolescenza, aumenta il rischio di psicosi, indipendentemente da effetti transitori e confondenti di intossicazione, mentre l’evidenza per i disturbi affettivi è meno marcata.