schiera
Tutte le attestazioni di questo sostantivo appartengono alla Commedia, con la sola eccezione di un esempio delle Rime e di uno del Fiore.
Conserva il suo valore fondamentale, proprio del linguaggio tecnico dell'arte militare, in Fiore LXXIX 5 Diletto e Compagnia seguian la schiera (della baronia di Amore) e in tre similitudini del poema, tutte suggerite dalle evoluzioni di un'ordinanza militare in campo: Pg V 42 con li altri a noi dier volta, / come schiera che scorre sanza freno; XXIV 95, e XXXII 20, in un contesto ricco di termini del linguaggio militaresco. Anche l'esempio di If XIV 35 ei [Alessandro] provide a scalpitar lo suolo / con le sue schiere è inserito in un'ampia similitudine; in essa però il paragone è posto fra le falde di fuoco che cadono sui violenti e la pioggia di fiamme che, secondo il racconto di Alberto Magno (Meteor. I IV 8) ripreso (peraltro in modo inesatto) da D., i soldati di Alessandro Magno avrebbero spento calpestandole.
Pur conservando il suo valore fondamentale, è usato in senso estensivo in If XII 59 e 99, riferito agli squadroni di Centauri, armati di saette (v. 56) che corrono intorno al Flegetonte. Schiere / del trïunfo di Cristo (Pd XXIII 19) chiama Beatrice i beati apparsi a D. nel cielo delle Stelle fisse. Non interessa qui esaminare se questi redenti per la passione di Cristo, trionfatore dell'Inferno, siano tutte le anime del Paradiso qui raccolte insieme, come abitualmente s'interpreta, o non piuttosto soltanto le anime che hanno subito gl'influssi delle Stelle fisse, come intendono il Chimenz e il Porena. Deve invece essere rilevata la congruenza fra l'uso del vocabolo e l'idea del trionfo, già intuita dal Buti: " Come li Romani, quando triunfano, menano inanti al carro la preda tolta ai nemici; così finge l'autore che venisse Cristo co la preda che aveva tolta al dimonio ". La chiosa, pur perspicua, va però integrata osservando che in schiere è implicita un'allusione a quella chiesa militante di cui i beati hanno fatto parte in vita, per assurgere alla gloria della chiesa trionfante dopo la morte. Secondo il Bosco, tuttavia, ‛ trionfo ' qui è solo " tripudio ", non trionfo nel senso militare (cfr. Dante vicino, Caltanissetta-Roma 1966, 342 ss.).
Più genericamente indica un insieme di persone che sono disposte o avanzano in un certo ordine, e in questo senso è per lo più riferito ai gruppi in cui sono distinti i dannati o le anime penitenti: così, nella folla dei lussuriosi D. riconosce la schiera ov'è Dido (If V 85), e si discute se essa sia formata dalle anime di coloro che morirono per causa d'amore (per la questione, v. Pagliaro, Ulisse 128); si veda ancora XI 39, XV 16, Pg IV 24.
Può indicare anche un gruppo costituito da un numero non elevato di persone. È questo il caso di Rime LXIX 1 Di donne vidi una gentile schiera, dove il Contini traduce " compagnia ", osservando che la festa per cui le donne si sono radunate non può essere la festa nuziale ove molte donne gentili erano adunate (Vn XIV 1), dacché nel sonetto è esplicitamente nominato Ognissanti (v. 2). Del resto, il vocabolo ritorna a proposito dei cinque poeti del Limbo che inclusero D. nella loro schiera (If IV 101), lo accolsero cioè nella loro " compagnia ". Valore più generico il termine sembra avere in If III 120 avanti che [le anime traghettate da Caronte] sien di là discese, / anche di qua nuova schiera s'auna (per la variante nuova gente, indicativa di per sé di una folla piuttosto numerosa, v. Petrocchi, ad l., e Introduzione 170, 380).
Nella volgare schiera (If II 105) sopra la quale, a dire di s. Lucia, D. si è sollevato per amore di Beatrice, quasi tutti i commentatori vedono la " moltitudine " del volgo, suffragando questa interpretazione con il riferimento a Cv I I 10 fuggito de la pastura del vulgo. F. Mazzoni (in Saggio di un nuovo commento alla D.C., Firenze 1967, 289) ha però proposto di spiegare " dalla schiera degli altri rimatori in volgare "; se questa interpretazione, molto suggestiva e sostenuta con argomenti assai probanti, è esatta, evidentemente da schiera esula il valore di " folla " che abitualmente le viene attribuito in questo passo.
S. è presente anche in alcune similitudini, tutte ispirate al comportamento di gruppi di animali, e spesso suggerite dall'auctoritas di poeti latini o di padri della Chiesa. Come risulta dal contesto, in questi casi il vocabolo implica l'idea che gli animali si muovano in masse fitte e compatte o si dispongano in figure più o meno regolari. Al primo gruppo di similitudini appartengono If V 41 come li stornei ne portan l'ali / ... a schiera larga e piena (e qui lo " stormo " degli stornelli è contrapposto alla riga [v. 47] delle gru); Pg XXIV 65 Come li augei... / alcuna volta in aere fanno schiera [volano in " volo aggruppato "; Petrocchi, Introduzione 207], / poi... vanno in filo (cfr. Virgilio Aen. VI 311 " Quam multae glomerantur aves "); Pd XXXI 7 come schiera d'ape [uno " sciame " di api] che s'infiora (possibile fonte è s. Bernardo Serm. Dom., ediz. Mabillon II 489 " licet comedi non soleant [flores] suguntur tamen apibus "). Sottintende invece una disposizione più o meno ordinata, in due esempi: Pg XXVI 34 così per entro loro schiera [" fila "] bruna / s'ammusa l'una con l'altra formica (cfr. Aen. IV 402 ss. " velut... formicae... / it nigrum... agmen "); Pd XVIII 75 come augelli surti di rivera / ... fanno di sé or tonda or altra schiera (cfr. Lucan. Phars. V 713 " effingunt varias... figuras ").
Ricorre come variante in luogo di spera in Pd XXV 14, e di gente in Pg XXXIII 107 (v. Petrocchi, ad locum).