scheggia (scheggio)
Vale " pezzo, frammento di legno ": così la scheggia rotta (If XIII 43) da cui usciva insieme la parola e il sangue di Pietro della Vigna va intesa come " moncone del ramo del pruno, che il poeta aveva troncato o ‛ schiantato ', cioè spezzato " (U. Bosco, D. vicino, Caltanissetta-Roma 1966, 258). Le 'mbestiate schegge (Pg XXVI 87) dove s'imbestiò Pasife sono invece " legni tagliati a forma di vacca " (Tommaseo).
Nota il Monteverdi che il vocabolo s. serve qui " efficacemente a ricondurre il nostro pensiero, di là dall'opera finita (la vacca lignea) al lavoro espressamente eseguito a forza di scalpello, per compierla " (Il canto XXVI del Purgatorio, in Lect. Scaligera II 972).
Altrove indica, per estensione, le " sporgenze rocciose " dei ponti che sovrastano le bolge del nono cerchio: giù t'acquatta / dopo uno scheggio, ch'alcun schermo t'aia (If XXI 60; così Virgilio a D., e poco dopo, ricorrendo all'accrescitivo: O tu che siedi / tra li scheggion del ponte quatto quatto, v. 89); proseguendo la solinga via, / tra le schegge e tra ' rocchi de lo scoglio (XXVI 17): s. e rocchi non costituiscono una dittologia sinonimica: s. " sono pur pietre, ma schegge piane, e' rocchi tondi quasi in forma di nodi " (Vellutello), e il Tommaseo definisce le s. come " parti minori de' rôcchi ".
La sinonimia pare sussista invece tra s. e ronchione nel luogo in cui Virgilio aiuta D. a salire su per la ruina del guasto ponte: levando me sù ver' la cima / d'un ronchione, avvisava un'altra scheggia / dicendo: " Sovra quella poi t'aggrappa... " (XXIV 28): qui il riferimento va ai " grossi massi " sporgenti dalla frana e che danno qualche affidamento di stabilità (ma tenta pria s'è tal ch'ella ti reggia, v. 30). S. per " pendio scheggiato " di un ponte si registra in If XVIII 71 Assai leggermente quel salimmo; / e vòlti a destra su per la sua scheggia, / da quelle cerchie etterne ci partimmo: D., che cammina sulla ripa ai piedi dell'alto burrato, trova il ponte alla sua destra e deve volgersi da quella parte per salirlo (discusso il senso delle cerchie etterne: v. CERCHIA).
In un caso equivale sineddoticamente a un'intera fila di ponticelli: costor sian salvi infino a l'altro scheggio / che tutto intero va sovra le tane (XXI 125). Per l'alternanza delle due forme, maschile e femminile, v. Parodi, Lingua 246.