SCETTRO (σκήπτρον, sceptrum)
È, in origine, l'alto bastone del quale, nel costume cittadino greco, fanno uso, nell'incedere, uomini di età avanzata, e di cui, nel costume campagnolo, si servono i pastori per guidare il gregge. L'alto bastone diventa quindi emblema di autorità in mano al sovrano, così per la venerazione che spetta di diritto ai vecchi, come per la speciale missione che al sovrano viene riconosciuta di "pastore di popoli", attraverso il suo potere legislativo.
Nei monumenti figurati greci lo scettro ha l'aspetto di un'asta cilindrica, diritta e liscia, la quale raggiunge facilmente l'altezza di un uomo. Intorno all'asta, di legno, si svolge, non di rado, una fascia decorativa a spirale, presumibilmente fatta di chiodi dorati. A coronamento dell'asta è posto, di solito, un calice gigliato, non molto grande, che nella realtà si può ritenere che fosse d'oro, o di bronzo dorato.
Più raramente il coronamento è costituito da un pomo, da una palmetta, da un'aquila.
Lo scettro è attributo quasi immancabile di numerose divinità elleniche, maschili e femminili. Esso appartiene anzitutto a Zeus e ad Era; è però comune anche ad Afrodite, Ade, Persefone, Demetra. Tra i personaggi dell'epos omerico si trova, di solito, in mano a Priamo, Agamennone, Menelao, Achille, ed anche a sacerdoti (come Crise), ad araldi e messaggeri divini (come Ermete) e mortali (come Taltibio). Nel caso di messaggeri però l'oggetto assume un altro carattere, risultando privo di quegli ornamenti che sono assoluta prerogativa sovrana.
Lo scettro poteva essere anche di avorio (σκήπτρον ἐλεϕάντινον). Sotto quest'ultima forma (scipio eburneus) esso era conosciuto nel mondo romano dove, almeno in età repubblicana, era portato dal trionfatore nelle cerimonie trionfali, come uno degli attributi dell'apoteosi. In età imperiale avanzata lo scettro d'avorio, di breve lunghezza e di forma piuttosto massiccia, appare su monete come un attributo dell'autorità imperiale.
Le più antiche rappresentazioni dello scettro nell'arte cristiana ci sono offerte dai dittici eburnei consolari: esso vi appare sormontato da un globo su cui sta un'aquila (sostituita da una croce negli scettri imperiali dal sec. V in poi), oppure il busto dell'imperatore, cui nel secolo VI si aggiunge l'aquila entro una corona, variamente connessa con l'effigie imperiale; talvolta vi è invece il gruppo dell'investitura del console che tiene i codicilli. Una croce o un fiore termina lo scettro nelle rappresentazioni dell'arte bizantina nei secoli posteriori (cofanetto eburneo della cattedrale di Troyes, reliquiario argenteo di Saint-Denis al Louvre); una colomba è invece in quello eburneo tradizionalmente appartenuto a Carlomagno che è nel tesoro del duomo sec. IX. Nelle rappresentazioni dei re e delle regine di Francia lo scettro è poi quasi sempre terminato da un fiore, pur non avendo che al principio del XIII una forma fissa, quale appare nei sigilli reali specialmente nel periodo da Luigi X a Luigi XI, e in cui l'ornamento della sommità è costituito da un fiore stilizzato: un allungamento nelle dimensioni si nota al principio del sec. XIV e persiste fino alla fine del XV. Quello d'oro, ornato di pietre preziose, che appartenne al re Carlo V reca alla sommità una statuetta seduta di Carlomagno, e al nodo tre scene in bassorilievo della sua leggenda (Parigi, Louvre); più simile allo schema tradizionale è quello adoperato nell'incoronazione degl'imperatori d'Austria (Vienna, Schatzkammer), d'argento dorato, anteriore alla metà del secolo XIV, dalle forme caratteristiche dell'oreficeria tardogotica. Nel Rinascimento e più tardi, lo scettro conserva le forme localmente tradizionali; ma ne è sempre meno frequente la rappresentazione. Di quelli tuttora conservati si possono citare: lo scettro dei re cattolici nella Capilla de los Reyes (cattedrale di Granata), lo scettro dell'imperatore Mattia (1612, Schatzkammer di Vienna), lo scettro d'avorio detto di Anna Bolena e altri della corona inglese (Torre di Londra). Oltre ai sovrani ne ebbero anche magistrati o personaggi di rango inferiore come, per es., i rettori di confraternite professionali nelle Fiandre.
Una particolare forma di scettro è la cosiddetta mano di giustizia, d'avorio o di corno, che il sovrano teneva nella sinistra e che era terminata da una mano benedicente alla latina; simbolo prima della consacrazione divina e poi del supremo potere giudiziario, essa fu frequente soprattutto presso i re francesi (da Luigi X in poi) che la usarono fin nel secolo XVII (se ne conosce una eburnea appartenente a Luigi XIII).
V. anche apuli, vasi, III, p. 786; avorio, V, p. 664.
Bibl.: L. de Laborde, Glossaire français du Moyen Âge à l'usage de l'archéologogue et de l'amateur des arts, Parigi 1872 (s. v. Sceptre); Viollet-Le-Duc, Dictionnaire raisonné du mobilier français de l'époque carlovingienne à la Renaissance, IV, Parigi 1873, p. 320 segg.; J. v. Schlosser, Die Schatzkammer des allerhöchsten Kaiserhauses in Wien, Vienna 1918, p. 13 seg.; R. Delbrück, Die Konsulardiptychen, Berlino 1929, p. 61 seg.