La vita quotidiana
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Intorno all’anno Mille le strutture materiali e sociali dell’Occidente subiscono una profonda trasformazione. Le case sono raggruppate senza un ordine preciso, spesso attorno alla chiesa. I materiali di costruzione sono strettamente correlati alle risorse locali. Il suono delle campane scandisce il tempo del lavoro e quello del riposo. Il capo base dell’abbigliamento è la camicia; al di sopra sia uomini che donne indossano una veste abbottonata davanti con lacci. I capelli sono portati lunghi dagli uomini e dalle donne. Nasce la pasta servita con l’acqua di cottura.
L’anno Mille si pone come spartiacque tra due mondi diversi e si colloca agli albori di una nuova organizzazione sociale, che vede delinearsi la rinascita delle città e nuove forme di gestione economica. Dal punto di vista demografico si verifica un’improvvisa ripresa: dal 1000 al 1300 la popolazione triplica, complice anche la fase di relativo riscaldamento climatico. Non mancano terribili carestie come quella verificatasi in area padana nei primi decenni del Mille. Le continue piogge alluvionali fanno straripare il Po; le acque distruggono gli allevamenti e i raccolti. La carestia che ne segue è terribile e dura più anni. Rodolfo il Glabro la definisce “una sterilità vindice”. Questi problemi sono esistiti pure nel mondo antico, ma l’unificazione amministrativa del mondo romano, insieme a un’efficiente rete stradale e di comunicazioni, creava un sistema di distribuzione dei viveri che in qualche modo metteva al riparo dai risultati catastrofici che si determinano invece nel mondo medievale, caratterizzato da fragilità tecnica ed economica e dalla frantumazione dei poteri pubblici.
In questi secoli si smette di usare il fuoco all’aperto, grazie all’invenzione o alla diffusione dell’ampio camino che riscalda a distanza e che costituisce certo un progresso rispetto al braciere. L’importanza simbolica che il focolare riveste è indiscussa, e da questo momento si dirà “fuoco” per indicare il gruppo coniugale, più o meno ampio. Tra i secoli XI e XII la famiglia comincia a intendersi non più come stirpe, ma come gruppo di persone a organizzazione patriarcale che vivono sotto lo stesso tetto con un patrimonio in comune. Pur con le possibili varianti circa la sua composizione, il numero dei fuochi è il solo che permette di stimare, a seconda dei luoghi e delle epoche, la densità di popolazione.
Lo scandire di tempi diversi per il lavoro e per il riposo è segnato dal suono delle campane. Come in epoca romana si continuano a considerare dodici ore di giorno e dodici ore di notte, ma la durata di queste ore varia con il variare della luce nelle diverse stagioni. L’usanza ecclesiastica di suddividere il tempo in gruppi di tre ore è la più diffusa; al termine di questo periodo suonano le campane dando il ritmo alla giornata e si recitano le apposite preghiere, magari aiutandosi con un libro d’ore. La prima ora è annunziata dal sorgere del sole e la dodicesima (vespro) determina il passaggio alle ore notturne. Verso l’ora terza (9 del mattino) ha luogo una seconda colazione e la ripresa del lavoro fino all’ora sesta (mezzogiorno) in cui si consuma un pasto più consistente, seguito da una pausa più o meno lunga.
Con le funzioni dei vespri tutte le attività professionali si interrompono per carenza di luce, dal momento che la città medievale non ha illuminazione. Solo i ricchi possono servirsi di candele per illuminare gli interni, la maggioranza si accontenta della luce che proviene dal focolare per cui generalmente non si organizzano riunioni serali e si va a letto dopo che le donne hanno coperto il fuoco con le braci, per scongiurare gli incendi e ritrovarle ancora calde il giorno dopo. La terza ora di notte è sottolineata dalla compieta e la nona dalle laudi. Per la notte e per i giorni senza sole ci si serve di candele. La clessidra a sabbia è utilizzata per misurazioni di brevi periodi. Le date e i giorni si scrivono ancora seguendo le indicazioni romane, con le calende, le idi e le none, pure i mesi dell’anno portano ancora i nomi del calendario latino. L’inizio dell’anno non cade il 1 gennaio, ma sono in uso diverse consuetudini che lo fanno ricorrere il 1 marzo o il 25 dicembre, o ancora il 25 marzo.
È difficile stabilire la durata media della vita. Indubbiamente è altissima la mortalità infantile e per questo il battesimo viene impartito subito al neonato: per salvarne l’anima. L’attestazione dell’avvenuta nascita, in mancanza di uno stato civile, è certificata da un alto numero di padrini e madrine che assistono alla cerimonia. Accanto al nome compare il patronimico o un termine geografico che indica la provenienza della persona.
Le case sono raggruppate senza un ordine preciso, spesso attorno alla chiesa. I villaggi sono caratterizzati da vie molto strette e tortuose, forse per proteggere gli abitanti da fattori climatici ostili; pochi sono i palazzi pubblici e le piazze. I materiali da costruzione sono strettamente correlati alle risorse locali. Dappertutto resta fondamentale l’impiego del legno per le parti portanti. Nel secolo XII comincia a utilizzarsi anche la pietra per le abitazioni civili e ciò determina la nascita della diversificazione degli stili architettonici nei vari paesi.
Gli abiti
Le sculture lignee risalenti a questo periodo ci offrono la possibilità di verificare il tipo di abito dei vari ceti sociali. Il capo base è la camicia, in diversi tessuti, indossata sia dagli uomini che dalle donne, queste ultime la portano lunga fino a terra, di frequente con colli e polsi ricamati. Al di sopra entrambi indossano una veste abbottonata davanti con lacci. Quella maschile ha le maniche e, come la camicia, è a mezza gamba; quella femminile giunge alle scarpe, ma ha maniche separate, in modo da poterle intercambiare a seconda delle occasioni. In inverno si indossa poi una sopravveste che può essere pure di pelliccia intonata alla sottostante per colore e lunghezza. La gente modesta ha abiti molto meno complicati: le donne portano gonna e corpetto, mentre gli uomini “panni di gamba” e corpetto. I colori restano quelli naturali della lana grezza o tinta in casa con colori vegetali. Al di sopra si coprono con mantelli.
Al XII secolo si può far risalire la nascita della “moda” come la intendiamo oggi: la diffusione dell’ideale cortese genera attenzione verso i corpi, i gesti e gli atteggiamenti. Per i ceti agiati gli abiti diventano un genere di lusso, tanto che vengono emanate disposizioni che impediscono di usare fogge estrose o colori inusuali. A questi ultimi sono attribuiti particolari significati. Il rosso, soprattutto se intessuto con oro, è considerato di buon augurio; il marrone, invece, è giudicato triste. Il giallo è segno di invidia, ma può essere ben portato dai soldati. Il verde è molto apprezzato per le sue qualità riposanti e riequilibranti. Dopo una certa età ci si veste di grigio, nero o viola, mentre l’azzurro è indice di fedeltà e come tale è il colore degli innamorati. Di bianco vestono i bambini o i pazzi. I capelli sono portati lunghi dagli uomini e dalle donne. Le giovani hanno la scriminatura centrale e lunghe trecce ornate di nastri; con l’avanzare dell’età vanno raccolti sulla nuca e coperti da un panno. Sino al 1000 il velo è portato solo in chiesa, mentre nelle feste civili si usa il cappello a cono con veli e nastri. Anche i capelli, in queste occasioni, sono acconciati con nastri e ghirlande.
Resta l’abitudine generale di cibarsi in comune, “a tagliere”. Il cibo o è posto su una fetta di pane o su di un tagliere in legno utilizzato da due commensali contemporaneamente. Sulle tovaglie pochi, e in comune, sono i piatti da portata, i bicchieri e i coltelli per tagliare la carne. Comincia a vedersi qualche rara forchetta a due rebbi, ma gli uomini della Chiesa avversano a lungo questa posata, ritenendola strumento di mollezza. Un piatto tipicamente medievale, rimasto a fondamento della cucina italiana, è la pasta. I romani cucinavano le sottili sfoglie del laganum al forno o fritte, ora si cominciano a cuocere in acqua; in seguito ci sarà un’ulteriore trasformazione quando questo cibo non verrà più servito con l’acqua di cottura, ma mangiato asciutto: nasce la pastasciutta. La Sicilia già nel secolo XII è esportatrice di pasta secca.
Se qualche notizia trapela dalle biografie dei sovrani o dell’alto clero, non vi sono documentazioni attestanti le nascite e le morti tra gli strati più umili della popolazione. Mal nutriti, mal difesi dalle intemperie e costretti per lungo tempo a ritmi di lavoro durissimi, certo non si può ragionevolmente pensare che i più poveri avessero una speranza di longevità. La durata media della vita pare che non superasse i trent’anni. Molte le possibili cause di morte, soprattutto in epoca di scarso raccolto. La malaria costituisce un male endemico delle coste mediterranee e può essere considerata tra le principali afflizioni di queste genti, insieme con le gravi manifestazioni cutanee, raggruppate sotto il terribile nome di lebbra. Questa malattia diventa più rara con l’arrivo di un altro flagello, la tubercolosi, provocato da un bacillo simile a quello della lebbra, ma ritenuto da alcuni a esso antagonista.
La cura del corpo non è compito esclusivo dei medici. Quella del “terapeuti” è una categoria molto composita, nella quale si trova di tutto: donne ignoranti, ostetriche, barbieri, erboristi, praticoni, alchimisti, giudei e saraceni convertiti. Dal momento che i risultati lasciano comunque a desiderare, la scelta dell’operatore e della cura sono più influenzati dai costi che non dalla qualità delle prestazioni. La medicina si fonda sulla teoria degli umori e dei temperamenti che contrappone specialmente il caldo al freddo e l’umido al secco. La farmacopea medievale è ricca di erbari e di antidotari, perché anche la preparazione dei veleni rientra in questo settore. Molte guarigioni sono attribuite all’intervento delle reliquie di santi protettori. Diffusa è la credenza, in Francia e in Inghilterra, nel potere taumaturgico dei re, in grado di guarire la scrofolosi. Accanto alle calamità biologiche, anche le streghe sono considerate causa di malattia, morte e soprattutto di impotenza sessuale. Nei secoli XI e XII i documenti si fanno più numerosi e puntuali sulle accuse loro rivolte, anche se non si parla ancora di intervento del diavolo e di un patto concluso fra loro, come poi avverrà nel Duecento, ma si prende in considerazione solo il maleficium come capacità di nuocere con il malocchio.
Diversi gli atteggiamenti nei confronti della morte. Dai resoconti esistenti si può dedurre che alcuni la considerano come un avvenimento desiderato, come l’accesso a una beatitudine senza fine. Alcuni pellegrini pregano di morire prima di tornare in patria alle solite attività; ma quanto ciò è credibile? Certo molti temono di essere colti in peccato e per questo tentano di accedere alla misericordia divina mediante elemosine e lasciti testamentari. Parecchi pronunciano i voti all’ultimo minuto. La paura della dannazione eterna spinge alla confessione e alla reintegra nello stato di grazia tramite penitenze a tariffa, cioè all’espiazione di pene proporzionali a ogni peccato.
A partire dal XI secolo la Chiesa manifesta la ferma volontà di cristianizzare il culto dei morti. La diffusione dell’inumazione ad sanctos consente un miglior controllo delle pratiche funerarie e spariscono del tutto i corredi funebri. Le credenze relative alle pene del purgatorio, la cui esistenza verrà ufficializzata nel secolo successivo, cominciano ad avere credito nel contesto liturgico. Tra il 1024 e il 1033 l’abbazia di Cluny istituisce la festa dei Morti, fissandola al 2 novembre, il giorno dopo Ognissanti.
Questa celebrazione s’impone presto a tutta la cristianità e diventa il punto chiave della commemorazione liturgica dei morti, con l’istituzione di messe in suffragio. Contemporaneamente la credenza negli spiriti suscita un rinnovato interesse: i morti che soffrono nell’aldilà possono tornare e supplicare i vivi di pregare per loro, far dire messe e fare offerte per alleviare la loro permanenza in Purgatorio. Nella narrativa, a partire dal secolo XII, si moltiplicano racconti di apparizioni di fantasmi, di miracoli ed exempla edificanti.