La concorrenza fra le Repubbliche marinare
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Fino all’XI secolo la concorrenza commerciale fra le città marinare italiane coinvolge centri che successivamente perderanno di importanza; gli interessi e il volume degli scambi delle diverse città consentono inoltre forme di collaborazione che nelle fasi successive diventeranno più difficili. Nel mutamento, che vede vincenti le città centro-settentrionali, risultano determinanti la capacità delle istituzioni urbane di accogliere e sostenere le istanze mercantili, il riassetto meridionale a opera dei Normanni e i disegni di riordinamento imperiale degli Svevi.
La convivenza inizialmente equilibrata delle città marinare è resa possibile dal fatto che il sistema degli scambi sul Mediterraneo non è ancora egemonizzato dall’Europa, ma da mercanti orientali e soprattutto islamici, rispetto ai quali le città europee riescono a ricavarsi ruoli importanti, ma a lungo non determinanti.
La marginalizzazione dei mercanti bizantini e l’arretramento dei musulmani, provocati da elementi di crisi interna e dall’offensiva di un’Europa continentale in via di riorganizzazione, sono accelerati proprio dall’iniziativa delle città marinare destinate a più lunga fortuna (Pisa e soprattutto Venezia e Genova). Il Mediterraneo a dominanza europea, però, si formerà anche attraverso una competizione tanto accesa da provocare l’uscita dal gioco delle città meridionali e adriatiche e l’avvio di una conflittualità anche armata fra quelle centro-settentrionali.
A penalizzare le città dell’Italia meridionale, oltre a una limitata attenzione ai commerci dei ceti dirigenti, è la conquista normanna: lo testimoniano, ad esempio, i casi di Bari, di Gaeta, e soprattutto quello dell’antica e gloriosa Amalfi.I mercanti pugliesi, attivi in Oriente fin dal X secolo, ancora nel 1087 ne padroneggiano le rotte al punto da battere i Veneziani nella competizione per la conquista delle reliquie di San Nicola di Mira (Turchia). All’epoca Bari è già stata costretta a riconoscere la signoria normanna di Roberto il Guiscardo; assoggettata a più stretto controllo nel 1132, con Ruggero II, e distrutta nel 1156, dopo una ribellione, si avvia a un ripiegamento che durerà fino all’epoca angioina.
Destino analogo, dopo la conquista di Ruggero II nel 1140, subisce Gaeta, che pure aveva retto a lungo la concorrenza amalfitana, intrattenendo rapporti regolari con l’Oriente fin dall’inizio dell’XI secolo.
Amalfi, benché sottomessa dal Guiscardo nel 1073 e penalizzata nei traffici con Bisanzio a causa delle esenzioni doganali che Venezia è riuscita a ottenervi nel 1082, resta una presenza vivace, soprattutto nell’area musulmana. Ancora nel 1126, stipula un accordo con Pisa per la tutela degli interessi comuni nel Tirreno. Ma il ruolo secondario giocato nella conquista crociata, l’assoggettamento pieno a Ruggero II (1131) e l’inasprirsi della concorrenza con i Pisani, che la saccheggiano duramente nel 1137, ne provocano il ridimensionamento decisivo.
Sulle sorti delle città costiere adriatiche, come Ancona o Ragusa, influisce anche la concorrenza di Venezia. Ancona, che ha basi commerciali a Costantinopoli, in Romania, in Egitto e in Siria, subisce ripetutamente i tentativi di egemonia veneziana, il più grave dei quali è compiuto nel 1174, in occasione della quinta discesa in Italia di Federico Barbarossa, volta a ricondurre all’obbedienza le città comunali. Venezia fallisce, ma la capacità di iniziativa di Ancona è ridotta dagli sforzi imperiali, già manifestatisi nel 1167 e, con Lotario II, nel 1137.
Ragusa, pur conservando una certa autonomia nei traffici, è già sotto controllo veneziano nell’XI secolo. Dopo la conquista normanna nel 1187 e il ritorno a Bisanzio nel 1192, diventa una dipendenza diretta della città lagunare (1205). La sua fortuna commerciale riprenderà solo molto più tardi, quando si porrà sotto protezione ottomana.
Fino al principio del XII secolo, Genova e Pisa sono accomunate dagli sforzi per debellare la presenza saracena dal Tirreno; i successi ottenuti consentono loro di potenziare le flotte e di nutrire disegni di espansione. Con la forza e le ambizioni delle due città, però, si acuisce anche la concorrenza.
I primi segnali, già nella seconda metà dell’XI secolo, sono legati soprattutto al controllo della Sardegna e della Corsica: essi non impediscono a Pisani e Genovesi di cooperare in Africa, in Spagna e poi, al tempo della prima crociata, in Medio Oriente, ma rendono difficile il ripetersi di grandi iniziative congiunte.
Un altro fronte di tensione è rappresentato dall’area della Linguadoca e della Provenza, ove stanno crescendo importanti centri mercantili, come Montpellier, Nizza e Marsiglia. Da quest’area, Pisa e Genova cercano di escludersi a vicenda, con risultati complessivamente migliori per la seconda, che si assicura il controllo dei traffici fra l’Oriente e l’area fieristica della Champagne.
La guerra si fa aperta a partire dal 1119, si concentra intorno alla questione della Corsica, si interrompe nel 1133 – con l’isola tirrenica sotto influenza congiunta delle due città – per riaccendersi 30 anni dopo, all’epoca delle campagne italiane di Barbarossa. Pisa, che lo appoggia pienamente, ne è compensata con privilegi che inducono i Genovesi a riprendere le ostilità. Una nuova pace si raggiunge nel 1175, in occasione del ritorno dell’imperatore in Italia: i Genovesi consolidano le proprie posizioni in Oriente e riprendono il rapporto alternante di collaborazioni, tregue e ostilità con i Pisani.
A fine secolo anche la Sicilia, dove Enrico VI aveva fatto concessioni a entrambe le città, diventa area di scontro: Pisa conquista Messina nel 1192 e, a seguito di combattimenti in tutta l’isola, Genova prende Siracusa nel 1204.
Il lungo confronto avrà il suo epilogo alla fine del XIII secolo, con il predominio definitivo di Genova.
Oltre alla concorrenza genovese, i Pisani subiscono quella veneziana: gli spazi marittimi contesi, in questo caso, sono il Mediterraneo orientale e l’Adriatico.
Dopo la prima crociata, i mercanti pisani si radicano in varie località di Siria, Libano e Palestina; a Gerusalemme, a Cesarea, in Egitto e nella stessa Costantinopoli, ove ottengono nel 1111 privilegi commerciali importanti: provvedimenti che, in realtà, indicano soprattutto un tardivo tentativo bizantino di bilanciare la potenza economica dei Veneziani.
Sull’Adriatico, le ostilità pisano-veneziane sono discontinue, interrotte da accordi come quello stipulato nel 1180, e immediatamente riprese quando i mutamenti interni all’Oriente incoraggiano i Pisani a organizzare azioni aggressive contro la marineria veneziana e a intensificare le iniziative commerciali e diplomatiche verso Ancona, Pola, Zara, Spalato e Brindisi, senza successi di rilievo.
Alla guerra aperta, però, non si arriva mai: ambedue le città, oltre che la concorrenza reciproca, temono quella dei Genovesi, sicché 1206 addivengono a un accordo che assicura a Pisa il consolidamento delle posizioni già acquisite, ma la impegna a fermare l’espansione nell’Adriatico.
I rapporti tra Genova e Venezia sono inizialmente contrassegnati da forme di concorrenza economica e militare limitate alla pirateria e a scontri episodici, che non escludono la ricerca di forme di collaborazione.
Le schermaglie si verificano soprattutto a Costantinopoli, dove vengono fomentate anche dalle discontinuità delle politiche imperiali nei confronti degli agenti latini: ne sono prova i provvedimenti di espulsione che, in occasione di violenti disordini scoppiati nel 1162, colpiscono prima i Pisani e i Genovesi, poi gli stessi Veneziani (1171).
Gli effetti economici sulle città italiane sono gravi, ma anche l’impero è costretto a tornare sulle sue decisioni: gli ambiziosi progetti di Federico Barbarossa per rilanciare l’iniziativa occidentale in Medio Oriente fanno maturare le condizioni per il miglioramento dei rapporti dei Bizantini con i mercanti italiani e anche per il primo accordo documentato fra Venezia e Genova, del 1177.Il patto regge fino ai primi anni del Duecento: nuovi scontri e nuove fasi di tregua precederanno il conflitto aperto, a metà del secolo.