scana
In If XXXIII 35, nel mal sonno del conte Ugolino, in cui le cagne magre, studïose e conte (i Pisani seguaci di Ruggieri) fendono con l'agute scane i fianchi al lupo, Ugolino, e ai lupicini, i suoi figli e nipoti. Chiosa il Buti: " L'agute scane sono li denti pungenti del cane ch'elli ha da ogni lato, coi quali elli afferra "; è dunque cosa non diversa, quanto al valore semantico, da ‛ sanna ', " zanna ", di cui alla variante sane di codici tardi (cfr. Petrocchi, ad l.), assai meno autorevole se non altro per la norma della lectio difficilior, dati gli altri esempi di ‛ sanna ' (v.).
Per il Tramater s. sarebbe invece la " mascella ". Quanto alla forma è stato visto un influsso convergente di ‛ cane ' e di ‛ sanna ' o meglio, che s. sia deverbale di un " ormai smarrito *scanare (cfr. ac-canare) addentare, azzannare, mordere " (Salvioni).
Bibl. - Parodi, Lingua 235, 238; C. Salvioni, Scana, in " Bull. " XII (1905) 365. V. anche RIMA.