SCAMBIATORI DI IONI
. Resine scambiatrici di ioni (v. resina, XXIX, p. 88; App. II, 11, p. 684). - A seconda della natura dei gruppi funzionali fissati sulla matrice solida (v. scambio ionico, in questa App.) le resine scambiatrici di ioni si suddividono in quattro categorie: a) resine cationiche forti: si ottengono trattando la matrice con acido solforico concentrato così da introdurre 8 ÷ 10 gruppi funzionali −SO3H ogni 10 nuclei benzenici della matrice stessa; tali resine possono dare luogo a reazioni di scambio anche con i cationi presenti in sali di acidi forti; b) resine cationiche deboli: presentano, come gruppo funzionale, il carbossile che, a differenza del gruppo solfonico, è debolmente ionizzato e può dare luogo ad apprezzabili reazioni di scambio soltanto con i cationi di sali di acidi deboli; tali resine operano soltanto a pH superiore a 7, tuttavia rispetto alle resine cationiche forti hanno un costo minore e la rigenerazione può avvenire più facilmente (cioè richiede un minor eccesso di rigenerante); c) resine anioniche forti: si ottengono per clorometilazione e successiva amminazione con ammine terziarie (in genere trimetilammina) della matrice polimerica; hanno come gruppo funzionale una base ammonica quaternaria e possono operare nell'intero campo di pH rimuovendo sia gli acidi forti altamente dissociati (per es., il cloridrico e il solforico) sia gli acidi debolmente dissociati (per es., il carbonico e il silicico); d) resine anioniche deboli: si ottengono anch'esse per clorometilazione della matrice, ma la successiva amminazione avviene con ammine primarie o secondarie così da dare luogo a gruppi funzionali poliamminici contenenti ammine secondarie o terziarie; possono operare soltanto a pH inferiore a 7, rimuovendo gli acidi forti ma non quelli deboli; tuttavia la loro capacità di scambio verso gli acidi forti è superiore di circa due volte rispetto a quella presentata dalle resine anioniche forti (a parità di consumo di rigenerante).
Per quanto concerne la matrice solida, a partire dagli anni Cinquanta, sempre maggiore è stato l'interesse per le resine a base di polistirene reticolato con divinilbenzene (stirene 80 ÷ 92%; divinilbenzene 20 ÷ 8%) che presentano, rispetto alle resine prodotte per policondensazione, una migliore resistenza all'idrolisi e una più marcata stabilità alle variazioni di pH. Attualmente la matrice della grande maggioranza delle resine scambiatrici (sia cationiche che anioniche) è ottenuta per copolimerizzazione stirene-divinilbenzene; fanno eccezione le resine cationiche deboli che spesso sono ottenute per copolimerizzazione di acido acrilico (o metacrilico) con divinilbenzene o per carbossilazione di prodotti di policondensazione (in genere fra fenolo e formaldeide).
Le resine scambiatrici, quando messe in acqua, presentano il fenomeno del rigonfiamento: le catene polimeriche si distanziano le une dalle altre consentendo così la diffusione degli ioni mobili nell'interno della matrice; quanto minore è il grado di reticolazione tanto maggiore è il rigonfiamento e tanto più rapida diventa la cinetica del processo; tuttavia al diminuire del grado di reticolazione peggiorano le proprietà meccaniche delle resine; pertanto il progetto delle resine scambiatrici commerciali richiede la scelta di un grado di reticolazione che rappresenti il compromesso ottimale fra proprietà meccaniche e comportamento cinetico. La struttura delle resine scambiatrici è quella di un gel continuo e relativamente omogeneo con un contenuto di acqua variabile con il grado di rigonfiamento; non è pertanto corretto descrivere le resine in termini di maggiore o minore porosità; fanno eccezione le cosiddette resine macroporose (o macroreticolari), ottenute, per es., facendo avvenire la polimerizzazione della matrice in un solvente che è miscibile con il monomero ma non con il polimero e che non prende parte alla reazione: in tali condizioni la crescita delle catene polimeriche avviene in modo da dare luogo a un reticolo molto espanso. Le resine macroporose hanno il notevole vantaggio di non presentare il fenomeno dell'avvelenamento da sostanze organiche (tipico invece delle resine anioniche "comuni"), ma hanno l'inconveniente, legato alla loro struttura altamente porosa, di possedere un basso contenuto di sostanza ionicamente attiva: tali resine hanno pertanto una modesta capacità di scambio e richiedono inoltre un maggior consumo di rigenerante (in quanto gli anioni sono legati più fermamente rispetto alle resine convenzionali).
Scambiatori liquidi di ioni. - Sono impiegati per l'estrazione liquido-liquido di elettroliti da soluzioni acquose. Si preparano sciogliendo in solventi organici immiscibili in acqua (cherosene, tricloroetilene, cloroformio, xileni, ecc.) composti contenenti sia gruppi ionogenici (così da poter dare luogo a reazioni di scambio ionico) sia gruppi idrofobi (così da consentirne la permanenza nella fase organica quando questa viene messa a contatto con la fase acquosa). Con gli scambiatori liquidi (a base di acidi grassi o di dialchilfosfati nel casì di scambio cationico, a base di ammine alifatiche a lunga catena nel caso di scambio anionico) è possibile realizzare lo scambio ionico in controcorrente continua fra le due fasi in modo molto più agevole rispetto alle resine scambiatrici solide. Per contro talvolta la separazione fra le fasi è molto difficile e un'aliquota della sostanza attiva rimane nella fase acquosa. L'impiego di scambiatori liquidi di ioni, pur suscettibile di interessanti sviluppi, ha trovato finora limitate applicazioni (soprattutto nel settore nucleare).
Membrane scambiatrici di ioni. - L'elettrodialisi, di cui si conoscono attualmente numerose e importanti applicazioni (dissalazione di acque salmastre, depurazione di succhi di frutta, di soluzioni zuccherine, ecc.), utilizza membrane che, se attraversate da una corrente elettrica, presentano permeabilità selettiva per gli ioni. La struttura di tali membrane è caratterizzata dalla presenza di cariche elettriche fisse bilanciate da controioni di carica opposta. Le membrane con cariche localizzate negative e controioni positivi sono facilmente permeabili ai cationi (sotto l'azione di un campo elettrico) e viceversa. La selettività di tali membrane diminuisce all'aumentare della concentrazione elettrolitica esterna, come previsto dalla teoria dell'equilibrio di Donnan.
Requisiti delle membrane scambiatrici di ioni sono: alta selettività ionica, buona resistenza meccanica, elevata stabilità chimica, flessibilità, bassa resistività elettrica. Le membrane possono essere omogenee o, molto più frequentemente, eterogenee. Queste ultime sono costituite da un supporto (in genere è un copolimero cloruro di vinile-acrilonitrile) su cui è poggiata la pellicola attiva ai fini dello scambio ionico; più raramente si ottengono da granuli di resina scambiatrice tenuti insieme da un legante inerte. In fase di studio è la formulazione di membrane a base di scambiatori inorganici cristallini (scambiatori al fosfato di zirconio, al fosfato e all'arseniato di stagno, ecc.) che, qualora suscettibili di pratica realizzazione, consentirebbero temperature di esercizio più elevate rispetto alle membrane organiche.
Bibl.: S. B. Tuwiner, Diffusion and membranes technology, New York 1962; F. Helfferich, Ion exchange, ivi 1962; D. I. Rjábcikov, I. K. Tsítovic, Le resine scambiatrici di ioni e i loro impieghi, Milano 1964; J. A. Marinsky, Ion exchange, New York 1966 (vol. I), 1969 (vol. II); T. V. Arden, Water purification by ion exchange, Londra 1968; S. B. Applebaum, Demineralization by ion exchange, New York 1968.